“Noi restiamo aperti. Chiudere significa morire”. È passata quasi una settimana dalla mobilitazione dei ristoratori animati dall’hashtag #ioapro con la quale si sono ribellati al Dpcm anti-Covid del governo riaprendo le loro attività commerciali ma, nonostante in pochi siano ripartiti realmente forse per timore delle sanzioni, c’è anche chi non ha ancora chiuso. E non intende farlo.
Parliamo della pasionaria Mary Marchese, titolare de La Parrilla Mexicana a Milano, già nota nell’ambiente per essere diventata nel tempo una star di TripAdvisor con le sue risposte al fulmicotone a chi osava criticare il servizio del suo locale. A riprova del carattere fumantino di questa bionda e avvenente siciliana trapiantata all'ombra della Madonnina, gli insulti che ha rivolto al giornalista Gabriele Parpiglia, reo di aver condiviso attraverso i suoi social le foto e i video dei balli avvenuti a La Parrilla durante la manifestazione.
L’abbiamo contattata, per farci spiegare questa resistenza a oltranza nonostante abbia già ricevuto alcune multe: “Chi mi critica evidentemente è a casa con lo stipendio garantito senza lavorare”.
Quindi il suo locale è aperto e lo rimarrà, nonostante quello che prevede il Dpcm?
Per adesso io continuo a rimanere aperta.
Le forze dell’ordine le hanno fatto visita?
Sono venuti venerdì, hanno preso i nominativi e notificato una multa da 400 euro che se pagata entro qualche giorno è di 280 euro. Poi sono tornati domenica. La paura c’è, possono anche revocarmi la licenza, ma di questo si stanno occupando i nostri legali che ci assistono. Ma vede, il mio è un grido di allarme e se non faccio così rischio di chiudere per sempre.
Quanto ha perso economicamente rispetto a una situazione pre-pandemia?
Il 90%, anche perché con le consegne a domicilio non riusciamo a lavorare, ci prendono il 35% di commissioni. In più, con aperture e chiusure, se compriamo la merce e poi non la vendiamo, c’è da buttarla e ci perdiamo due volte.
È stata molto criticata attraverso i social, non soltanto per l’apertura ma anche perché nel suo locale si sono visti canti e balli in foto e video. Come risponde a chi la critica?
Che è stata una provocazione, il ballo è durato un minuto e mezzo e i clienti che hanno ballato lo hanno fatto in piedi al loro tavolo. Chi parla è chi non fa il mio lavoro. Non possono capire, evidentemente prendono lo stipendio per stare a casa senza lavorare.
Quante persone lavorano a La Parrilla Messicana?
Noi a pieno regime siamo in 22 persone, 15 fissi e gli altri extra. Prima del Covid facevamo 200 coperti, su due turni 400 persone a pasto. Adesso eravamo a zero. Però continuiamo a pagare le tasse, l’affitto, tutto perché non hanno bloccato nulla. E quel poco che hanno bloccato ce lo rimetteranno nelle spese in qualche modo quando sarà finito tutto.
E i clienti ci sono?
Certo, come no! Ci sostengono, non hanno paura delle multe. Quello che ho captato io è che hanno proprio voglia di libertà, che ormai non c’è più. Sono felici di consumare un pasto insieme e fare due chiacchiere.
Cosa si sente di dire invece alle istituzioni?
Di fare in modo di darci una mano concreta, sennò scatta la rivoluzione. Non da parte mia, ma perché non c’è più da mangiare in giro. Ormai la gente non va neanche più a comprare un vestito se non può metterlo, così come dall’estetista e quindi non lavorano neanche i fornitori. Pensano di risolvere la situazione facendoci fallire tutti? A marzo voglio vedere quando si sbloccheranno i licenziamenti…
Quindi non ci pensa proprio a rispettare le restrizioni?
Chiudere ancora significa la morte. Perché gli hotel o gli Autogrill possono far da mangiare alla gente e i ristoranti no? Il Covid dipende da dove mangi?
Ma lei ci crede alla pericolosità di questo virus o ha qualche dubbio?
Io credo al Covid, so che esiste, però non possono dire che siamo noi ristoratori che facciamo contagiare la gente.