Mentre Walter Biot resta attualmente in carcere, a fare rumore sono le dichiarazioni del figlio più grande di quest’ultimo, che ha evidenziato come i motivi alla base delle azioni paterne – l’accusa è quella di rivelazione di segreti militari e procacciamento di notizie secretate a fini di spionaggio – non sono mosse da altro se non dalla volontà di mantenere la famiglia, attualmente in grave difficoltà economica.
Nelle parole del giovane spiccano infatti elementi di uno scenario quotidiano di piccole difficoltà economiche, che potrebbero aver portato Biot a “fare una cosa finalizzata alla famiglia”, come evidenzia pur chiarendo di non sapere se e cosa ha fatto precisamente e di voler “aspettare il processo”.
Sul significato di possibili ragioni familiari dietro i così gravi fatti di cui il capitano di fregata è accusato ne abbiamo chiesto allo psichiatra Paolo Crepet, che è stato piuttosto chiaro in relazione alle uscite del giovane: “non credo a una parola di quello che ha detto”. Lo abbiamo raggiunto telefonicamente per un’intervista sulla vicenda, e su tutti i possibili nessi causali in relazione ad azioni tanto delicate.
Dottore, sulla vicenda Biot stanno emergendo motivazioni alla base delle sue azioni di natura familiare, riguardanti specialmente i figli. Le ha sentite e che idea si è fatto al riguardo?
È una delle giustificazioni peggiori che si potessero dare. Ai figli non vanno dati soldi, vanno dati coraggio, idee. È una storia ricorrente, tutti i casi simili contengono questa ‘gemma’: “lo faccio per i miei figli”. Questa da una parte è una menzogna, perché chi lo fa è solito avere comportamenti simili e soprattutto gli piacciono, magari in quel momento si percepiva come 007… È chiaro che una persona che ha paura o timori non avrebbe mai fatto quello che ha fatto.
È solo un parafulmine?
Io non credo a una parola di quello che ha detto, e anzi credo sarebbe più in pace con se stesso a dire che lo faceva perché gli dava gusto.
E sui figli che hanno evidenziato la motivazione della famiglia da salvare, della mancanza di lavoro e dello scenario di difficoltà?
Io non tollero quella parte di gioventù che vuole essere mantenuta: tutti abbiamo avuto difficoltà all’inizio delle nostre carriere. Io non mangiavo carne per settimane intere quando facevo lo psichiatra in manicomio, dunque cosa vorrebbero esattamente questi ragazzi? I figli – che sono comunque maggiorenni – stanno giustificando culturalmente quanto fatto dal padre come se quelle azioni fossero mosse dalla necessità di salvare un malato terminale, come se ci si trovasse di fronte a un trapianto di cuore. Io credo che una simile giustificazione sia quasi peggiore di quella data dal padre, e non possono che essere la risultante di un’educazione improntata a far capire che pur di guadagnare tutto è lecito. E loro mostrano ora di aver capito perfettamente questa lezione “educativa”.
Non pensa possa esserci stato una sorta di accordo familiare, ovvero che abbiano coordinato una risposta unica?
Questa è una questione giuridica che si delineerà e si valuterà nei tribunali. Il punto che non va dimenticato è che è stato fatto un grosso danno alla nazione, disperdendo contenuti che con molta probabilità non erano da poco, e facendolo anche con modalità non proprio da spionaggio internazionale, perché io ho sentito di registrazioni vendute per 500 euro…