“Ai tassisti dico che questo è un disegno di legge, non un decreto immediatamente esecutivo. La scelta di fare un ddl serve proprio a dare spazio alla discussione democratica parlamentare, per trovare i punti di equilibrio migliori. Ma è chiaro che l’integrazione tra le diverse forme di mobilità oggi è un fatto ineludibile. La mobilità urbana sarà soggetta a grandi cambiamenti, anche tecnologici: si tratta, quindi, sia di tutelare la concorrenza sia di prevedere un approccio inclusivo allo sviluppo delle diverse forme di trasporto”. Così il ministro delle Infrastrutture e della mobilità sostenibili, Enrico Giovannini, ha cercato di smorzare le proteste dei tassisti che minacciano fuoco e fiamme contro la nuova legge sulla concorrenza. Ma cosa prevede? In buona sostanza, come si legge nel testo, a “rimuovere ostacoli regolatori all’apertura dei mercati, a promuovere lo sviluppo della concorrenza e a garantire la tutela dei consumatori, anche in applicazione dei princìpi del diritto dell’Unione europea in materia di libera circolazione, concorrenza e apertura dei mercati, nonché alle politiche europee in materia di concorrenza”. Ma i tassisti non ci stanno e hanno già annunciato una mobilitazione per bocca di Riccardo Cacchione dell’Usb Taxi, secondo cui “la misura colpirà il settore in modo devastante. Metteremo in campo tutte le nostre forze per contrastare queste misure che prevedono una devastante liberalizzazione”.
Giovannini, nell’intervista rilasciata a La Stampa, ha poi parlato di transizione ecologica. Un processo che, ha ammesso il ministro, è necessario ma non sarà di facile attuazione: “Avanza a fatica perché sono temi complessi e articolati. Però avanza. Peraltro, le prese di posizione di questi giorni, non solo del settore pubblico ma anche di quello privato, sono la testimonianza di un impegno crescente nella direzione indicata dagli accordi di Parigi e poi dal G20. È un processo difficile, ma ci sono ancora diversi giorni di negoziazione e prese di posizione come quella sull’uscita dal carbone sono significative soprattutto per il settore privato: il fatto che decine di paesi, compresi quelli in via di sviluppo, decidano di uscire dal carbone apre grandi opportunità per le imprese che producono energia da fonti rinnovabili. E dunque, sempre di più, diventa vero quello che in tanti diciamo da tempo, e cioè che la decarbonizzazione per chi è sulla frontiera tecnologica è una grande opportunità di business. Visto che tutto il mondo dovrà andare in questa direzione, se saranno pronte le imprese impegnate per la sostenibilità avranno grandi opportunità, con ricadute positive sull’occupazione e i redditi”. Fra i settori in cui è più difficile il processo c’è l’automotive, sul quale però si stanno cercando soluzioni alternative: “Il tempo disponibile per la transizione è molto breve e non abbiamo soluzioni semplici. Inoltre, sappiamo che alcuni settori saranno soggetti a una profonda ristrutturazione, l’automobile in primis. Ed è certo che in questo ambito ci saranno problemi nella riconversione perché i motori elettrici hanno bisogno di un numero minore di componenti. Però, se solo pensiamo alla totale riconversione del parco autobus nazionale, che conta circa 40 mila mezzi, possiamo immaginare di sviluppare una nuova filiera che riassorba parti consistenti di quella dell’automobile. Ovviamente servono investimenti in tecnologia, in nuove competenze, in sostegno alle imprese per la transizione ecologica e digitale”.