Rieccoli. Il governo nel disegno di legge concorrenza si gioca la carta della liberalizzazione dei taxi e i tassisti preannunciano guerra in tutte le città. Le norme puntano ad aprire il mercato del trasporto privato ad altri operatori ma, come accaduto tutte le volte che la politica ci ha provato, i tassisti fanno sapere di non volerne minimamente sapere e, anche se al momento non è del tutto chiaro quale modifiche potrebbero essere introdotte (gli obiettivi parrebbero essere più qualità per gli utenti e, appunto, più concorrenza), le associazioni di settore hanno già preannunciato battaglia.
Al riguardo si procederà con una delega al governo per adottare entro sei mesi un decreto in materia di trasporto pubblico non di linea. Un’ipotesi, quella di inserire il comparto nel disegno di legge, ritenuta “inaccettabile” dai sindacati dei taxi, che si sono subito mossi con una nota congiunta di Ugl Taxi, Federtaxi Cisal, Tam, Satam, Claai, Uimbresa, Usb taxi, OrSa Taxi, Ati Taxi, Fast Confsal e Associazione Tutela Legale Taxi, sigle che preannunciano dura opposizione e secondo le quali “la normativa che disciplina il settore è già stata prfondamente revisionata e adeguata ai tempi nel 2019”. Sarà di nuovo guerra dunque, come nel 2006 con Bersani e nel 2012 con Monti.
“Stiamo già valutando le forme di mobilitazione da mettere in campo”, dice all’Adnkronos il coordinatore dell’Usb Taxi, Riccardo Cacchione. “Con questo provvedimento si pensa probabilmente di fare gli interessi di qualche soggetto forte, di introdurre un modello all'americana che non ci permetterà di portare a termine la giornata e non ci permetterà di arrivare alla fine del mese. […] Arriviamo dall'emergenza Covid che ha messo a dura prova tutto il settore e nonostante questo siamo sempre stati in prima linea per garantire un servizio pubblico essenziale in piena emergenza sanitaria. Siamo pronti a rispondere per le rime al Governo Draghi. […] Siamo pronti a mobilitarci da Natale fino a Pasqua. […] La nostra risposta sarà forte perché siamo sinceramente preoccupati per il futuro del nostro lavoro. Siamo pronti a fare una lunga battaglia. Non sarà uno sciopero secco fino a sé stesso ma ci sarà una mobilitazione che non riguarderà solo Roma o le principali città ma anche le città di provincia”.