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Shrinkflation, slitta ancora la legge. Guido Mori: "Un’azienda non è qualcosa di etico. Quando acquisti fai politica, basta comprare prodotti sgrammati e carne dentro 50 involucri di plastica"

  • di Angela Russo Angela Russo

23 settembre 2025

Shrinkflation, slitta ancora la legge. Guido Mori: "Un’azienda non è qualcosa di etico. Quando acquisti fai politica, basta comprare prodotti sgrammati e carne dentro 50 involucri di plastica"
Shrinkflation, omeopatia e pubblicità cacciose: Guido Mori dice la sua a MOW. “Se prendi la Coca-Cola aiuti una multinazionale, se scegli la Gazacola sostieni il piccolo. Potrebbe essere anche una cosa interessante, visto il genocidio in atto". E su Coop e Esselunga che vendono frutta sbucciata...

di Angela Russo Angela Russo

In Italia la legge anti-shrinkflation rischia l’ennesimo rinvio, e stavolta addirittura al luglio 2026. Una presa in giro per i consumatori, che si vedono sfilare dai pacchi grammi e millilitri sotto il naso mentre i prezzi restano gli stessi (quando non aumentano pure). Un emendamento al ddl Semplificazione in discussione al Senato prevede lo slittamento della norma che obbligherebbe le aziende a segnalare chiaramente in etichetta la riduzione del prodotto a parità di prezzo. Un rinvio che l’Unione Nazionale Consumatori non ha esitato a bollare come “uno schifo e un’offesa ai cittadini”, ricordando come già in passato i suoi esposti all’Antitrust contro la shrinkflation siano stati archiviati. La Commissione europea, intanto, discute se la misura possa violare le regole sul libero scambio, ma per i consumatori resta un fatto: le confezioni si restringono, il portafoglio no. Noi di MOW, davanti a questo scenario, abbiamo chiesto un commento a Guido Mori, chef, divulgatore e voce sempre fuori dal coro, per capire cosa si nasconde dietro le strategie delle aziende e perché, secondo lui, quando facciamo la spesa non stiamo solo comprando: stiamo facendo politica.

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Guido Mori

“Allora, parliamo della Shrinkflation. Che cos’è? È una tecnica che viene utilizzata dalle aziende per aumentare il loro fatturato attraverso un gioco abbastanza indecoroso. Come funziona? Viene preso un prodotto, viene imballato, ne viene diminuito il grammaggio mantenendo lo stesso costo o alzandolo, e il tutto viene riempito con packaging. Che di solito è plastica, detto proprio banalmente". La descrizione è brutale, ma chiunque faccia la spesa la riconosce al volo. Pacchi enormi, prodotti ridotti. “Questo discorso è stato addirittura massimizzato da alcune grandi aziende, come per esempio la Coop o la Esselunga, che vendono persino la frutta già sbucciata, per dire". La mela spellata dentro la vaschetta di plastica: il trionfo della pigrizia e dell’assurdo venduto come servizio. “E in tutto questo si è presa una connotazione europea, perché le associazioni dedicate a proteggere i consumatori hanno detto, giustamente, che questo atteggiamento da parte delle aziende è poco etico. E hanno perfettamente ragione. Come succede normalmente, lo vediamo in continuazione, il governo italiano tende, ma anche a livello europeo, a perdere molto tempo quando si parla della relazione sacrosanta fra aziende e consumatori. Parliamoci chiaro: un’azienda non è qualcosa di etico”. Boom. Mori lo dice chiaramente, inutile aspettarsi morale dalle aziende. “Il consumatore mira alla sua posizione e l’azienda mira alla sua. Quindi le aziende intenzionalmente sono oggetti nati per produrre guadagno. Parlare di eticità per le aziende è qualcosa di estremamente capzioso. Non fa parte del motivo per cui esistono: le aziende esistono per fare guadagno a chi le amministra. Nel rapporto che c’è fra l’azienda, che è la parte attiva, e il consumatore, che è la parte passiva, interviene lo Stato che detta delle regole alle quali tutti devono sottostare". Insomma: la partita è truccata, e senza arbitro non c’è storia. “La parte di mediazione fra il desiderio di guadagno e la necessità di avere un’etica nella vendita, nel rapporto con il cittadino, è un compito dello Stato. Ma anche del cittadino, attraverso le associazioni di categoria, che cercano il rispetto di alcuni parametri che possono incidere negativamente sul guadagno". Esempio pratico: omeopatia. Qui Mori affonda il coltello. “Prendiamo per esempio l’omeopatia. È uno degli esempi più interessanti di rapporto fra azienda produttrice e acquirente. Se uno prende l’Oscillococcinum, che viene dato normalmente in caso di febbre o influenza, e perde due secondi a guardare cosa c’è dentro, si accorge che è glucosio. Non c’è dentro niente. Non è vero che c’è dentro qualche altra cosa". Zucchero venduto come medicina? “Faccio questo esempio anche se molti pensano che ricada nel biomedicale. Ma l’omeopatia è una di quelle cose scambiate per medicina naturale o allopatica, mentre non c’entra niente e non ricade nelle scienze mediche. Non richiede un medico per essere prescritta e non fa parte della medicina attuale. Essendo glucosio, cioè zucchero, componente del saccarosio insieme al fruttosio, può essere facilmente avvicinato all’idea di alimento. Non ha principi attivi diversi, è fatto unicamente da un alimento".

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Oscillococcinum

Tradotto: pillole di zucchero spacciate per farmaco. “Allora, in questo caso, perché non c’è un’azione da parte del governo che dica: no Ciccio, il glucosio costa 9,50 euro al chilo e tu non puoi venderne 26 pillole, forse 4 grammi in tutto, a 9,50 euro? Ecco, questo è un esempio interessante". Lo Stato non basta, tocca ai cittadini. “È vero che lo Stato deve fare l’eticità dei cittadini, ma l’eticità dei cittadini è decisa dai cittadini. E tanta gente ancora oggi fa confusione fra omeopatia e medicina. Tanta gente pensa che l’omeopatia serva a qualcosa, nonostante la scienza medica abbia dimostrato in maniera indiscutibile che l’unico studio pro-omeopatia, fatto da Hammer, era farlocco. È stato smontato negli anni ’80 o ’90, più di vent’anni fa. Eppure si continua a vendere questa roba come se avesse un valore”. Non basta. Mori allarga il tiro: “L’altro giorno ho visto una pubblicità di uno yogurt consigliato per persone che avevano avuto un dimagrimento forte o un intervento, con la frase ‘sentite il vostro medico’. Mi sono incuriosito e sono andato a vedere: era uno yogurt. È chiaro che ti fa bene lo yogurt, fai tanta cacca e sei felice, ma non ha niente a che vedere con un integratore proteico o qualcosa che debba essere inserito in una dieta". La pubblicità come arma di distrazione di massa, in pratica. “Un’altra cosa che mi ha colpito è l’enorme utilizzo di integratori. Oggi si pensa che uno debba prenderli a destra e manca, quando quasi tutti gli studi clinici dicono che le vitamine in più semplicemente non vengono assimilate. Tutto quello che ti serve, compresi sali e vitamine, con una dieta normalissima viene assimilato. Quindi sono pubblicità cacciose". Tornando alla shrinkflation... “Ritornando alla questione della sgrammatura dei prodotti: è vero che noi dobbiamo aspettarci che lo Stato ci protegga da un comportamento che non è etico. Però voglio dire anche questo: tutte le volte che acquistiamo qualcosa, facciamo un atto politico ben preciso”. E qui sta il punto: comprare è votare col portafoglio. “Se compriamo la Coca-Cola, aiutiamo una multinazionale. Se compriamo la Gazacola, aiutiamo una piccola azienda. E potrebbe essere anche una cosa interessante, visto il genocidio in atto. L’idea che sia lo Stato a proteggerci dagli acquisti fraudolenti porta in sé il problema. Noi siamo acquirenti attivi e tutte le volte che acquistiamo qualcosa facciamo un atto politico. Dobbiamo prendere coscienza di questa forza e diventare acquirenti attivi". La soluzione? “Come si risolve la sgrammatura? Basta non comprare prodotti sgrammati. Basta non comprare la fettina di carne dentro 50 involucri di plastica. Basta non comprare oggetti circondati da packaging esteticamente bello ma inutile. Il gesto politico di evitare questa situazione, e di scegliere in maniera precisa cosa acquistare e come, ci fa diventare i veri protagonisti delle scelte politiche, non più passivi. Ben venga l’aiuto delle associazioni che proteggono i consumatori, ma il consumatore si può proteggere benissimo da solo, scegliendo". E poi un aneddoto personale: “Tempo fa un’azienda mi chiese di fare da sponsor per la loro carne. Sulla carta sembrava etica, montagna, natura, bla bla. Poi mi arriva uno scatolone gigante con dentro scatole di plastica che a loro volta contenevano altra plastica e infine la carne. Ho detto: scusate, ma qui c’è più plastica che carne. Vi sembra biologico, etico? Ho rifiutato di fare da sponsor. Qualche giorno dopo ho visto un famoso influencer che invece lo ha fatto". Mori chiude netto: “Concludo così: la parte attiva devono essere i cittadini, non le associazioni di categoria. Quando acquisti fai politica, e quindi ti devi documentare e capire quello che stai facendo".

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