Continua la guerra interna agli Agnelli sulla “cassaforte” di famiglia. Oggi una lunga inchiesta di Mario Gerevini e Fabrizio Massaro sul Corriere della sera ha ricostruito tutti i passaggi di una questione complessa e che sta mettendo l’uno contro l’altro tutti gli eredi dell’Avvocato. A far partire di nuovo la querelle, Margherita Agnelli, che in una memoria consegnata il 15 luglio al Tribunale di Torino sollevano dubbi su una serie di atti depositati al Registro delle imprese sulla società Dicembre di John Elkann che «non risulterebbero conformi alla normativa di settore». Stiamo parlando di una società che racchiude il cuore pulsante della liquidità di famiglia, che infatti contiene Exor e dunque Stellantis, Ferrari, Juventus e tutta la galassia riconducibile alla dinastia torinese.
La figlia di Gianni Agnelli - madre di John, Lapo e Ginevra Elkann - non è la prima volta che tenta l’assalto (o di fare chiarezza) sull’eredità del padre. Già dieci anni fa ci provò, senza successo. E i giornalisti del Corriere si chiedono, come mai sia ritornata a chiedere chiarezza. Uno scrupolo di trasparenza, oppure rimettere tutto in discussione?
Nel frattempo, la diatriba apre a tutti noi la possibilità di conoscere meglio questa società, fulcro del potere degli Agnelli, che fino a poco tempo fa era difesa da una coltre spessissima di riservatezza. Il 60% è di John e il 20% a testa di Lapo e Ginevra. La quota principale riguarda il 38% della holding olandese Giovanni Agnelli Bv (l’ex Accomandita) che attraverso Exor gestisce partecipazioni in Stellantis (14,4%), Ferrari (23%), Cnh (27%), PartnerRe, Juventus (64%). Chiaramente, chi ha la maggioranza controlla tutto. Prima era il nonno Gianni, ora il nipote John. Anche perché, come viene ricordato dal Corriere, la regola aurea degli Agnelli – un po’ come nelle casate nobiliari – è sempre stata questa: «In famiglia comanda uno solo per volta».
Quel che stupisce, è che la società nata nel 1984 – tramite la quale viene controllato un grande gruppo quotato in Borsa – non fosse presente in nessun registro pubblico, obbligatorio però dal 1996. Verrà regolarizzata solo nel 2012, ma solo perché lo stabilì un giudice. È nel 1996 che Gianni Agnelli, pensando alla successione, decide chi sarà il suo erede: entrano come soci nella Dicembre John Elkann e la madre Margherita e nel 1999 l’Avvocato passa tutti i poteri al nipote, che alla morte del nonno (2003) sale al 58%. Come segnalato dal Corriere «l’anno dopo (2004) Margherita vende per 105 milioni il 33% alla madre ed esce dalla Dicembre sulla base del patto successorio. Subito dopo la nonna cede tutto ai nipoti, mantenendo l’usufrutto: John si consolida al 60%, Lapo e Ginevra prendono il resto. È l’assetto attuale di cui s’è avuta notizia ufficiale dopo 17 anni».
E allora perché chiedere una ulteriore verifica da parte di Margherita? Perché dovendo rinunciare all’asse ereditario – il passaggio da nonno a nipote – è vero che ottenne ville, immobili, titoli e opere d’arte per un valore stimato in 1,16 miliardi, ma nel 2007, ritenendo di non essere pienamente a conoscenza dell’intero patrimonio, «chiese in tribunale l’annullamento dell’intesa svizzera e un rendiconto completo di beni e attività». Non ottenne nulla nei vari gradi di giudizio. Ora però è tornata alla carica. A spiegare il perché è il suo legale, Dario Trevisan: «Risulta che nessuna delle scritture private sia stata depositata in originale o che si trovi in deposito notarile. Quanto, poi, alle attestazioni del notaio, non risulta che queste si possano qualificare quali effettive “copie autentiche”, anche per estratto, degli atti che si intendono iscrivere».