Nel 1984 nacque una società semplice che vedeva tra i fondatori Gianni e Umberto Agnelli, Franzo Grande Stevens, Gianluigi Gabetti. Fu chiamata Dicembre. Una società che oggi è alla base dell’impero Agnelli-Elkann: “da questa piccola impresa – riferisce Libero – si dipana la ragnatela di partecipazioni che portano Yaki, nipote dell’Avvocato e figlio di Margherita Agnelli e Alain Elkann, a essere il «re sole» di un regno diventato un Eldorado anche dopo la sapiente gestione di Sergio Marchionne”. Con una partecipazione azionaria che vale 61,8 milioni (le quote di maggioranza, 60%, della Dicembre), “John Elkann controlla una galassia che, ai valori di Borsa di venerdì, capitalizzava circa 37 miliardi”.
Come si è arrivati a questo punto? “Semplice: l’Avvocato – spiega Giuliano Zulin – aveva deciso che l’erede sarebbe stato John e la famiglia allargata ha sempre approvato tale decisione, per cui nel 1996 il marito di Lavinia Borromeo aveva il 24,87%, quota che dopo la morte di Gianni salì al 33,3%, fino a crescere al 58,7% con l’uscita di scena dalla compagine azionaria di mamma Margherita, per le note vicende giudiziarie. La nonna Marella invece, morta nel 2019, decise comunque già quattro anni prima di trasferire la sua quota (era l’unica erede) ai nipoti, incrementando la quota di John (che ha raggiunto il 60) e dividendo in parti uguali il rimanente 40 per cento fra Lapo e Ginevra”.
Controllare la Dicembre vuol dire avere le chiavi del regno: “La Dicembre infatti è prima azionista col 38% circa della Giovanni Agnelli Bv, società di diritto olandese – dove per legge i voti in assemblea valgono doppio, per cui a cascata Elkann è il dominus indiscusso – che vede la presenza degli altri rami del clan torinese. Parliamo delle famiglie discendenti di Umberto e Maria Sole Agnelli (più o meno presenti con l’11,7%), di Giovanni Nasi, Laura Nasi Camerana, Rattazzi, Brandolini D’Adda… Ebbene la Giovanni Agnelli Bv detiene il 53% di Exor, altra società di diritto olandese e quotata in Borsa. Exor è la holding del clan, che controlla il 14,4% di Stellantis (nata dalla fusione tra Fiat, Chrysler e Peugeot), il 22,91% di Ferrari, il 26,89% di Cnh Industrial (camion e trattori), il 63,77% della Juventus e il 100% di Partner Re, gruppo riassicurativo con sede alle Bermuda”.
Quanto al valore, venerdì sera quello delle quote delle controllate in Borsa “era di circa 28,5 miliardi, al quale vanno aggiunti gli 8,8 miliardi che rappresentano il 53% di Exor. Non contiamo poi le avventure editoriali di John: il 43% dell’Economist e il 100% di Gedi (Repubblica, la Stampa, il Secolo XIX e numerosi quotidiani locali) che valgono quasi un miliardo. Ecco, John Philip Elkann è seduto su quasi 40 miliardi, possedendo il 60% della Dicembre che vale 61 milioni. Mica male”.
Ma non è tutto: “Nel nuovo statuto – si legge su Libero – spariscono i garanti, che un tempo erano Gianluigi Gabetti, Franzo e Cristina Grande Stevens, e Cesare Ferrero. Ora «i poteri di ordinaria e straordinaria amministrazione spettano, senza eccezione alcuna, singolarmente al socio John Philip Elkann». Se non è «re sole» lui, chi lo è? Già perché anche il capitolo successione è proprio in stile monarchico: il trasferimento di quote, in caso di morte di uno dei soci, seguirà la strada dei «discendenti consanguinei». E nel caso uno non li avesse, scatterà comunque la prelazione degli azionisti rimanenti: al massimo le quote potranno finire ad altri rami della famiglia allargata, ma sempre se i soci restanti lo vorranno”.