Che tipo di insegnamenti dovremmo dare ai nostri ragazzi, se in primis noi insegnanti siamo solo degli yesman? Più che uomini dello Stato siamo ormai una poltiglia, al massimo “statali” (in accezione zaloniana, quindi dispregiativa), in attesa di concorsi per stablizzarci, sempre pronti a obbedire, sempre a dire di sì. Nel frattempo, in attesa del posto fisso: stipendi più bassi d’Europa, formazione a carico nostro, precarietà come stile di vita. Una volta in paese c’era il “professore” o la “professoressa” e solo a evocarne la presenza se ne manifestava l’autorità. Tutta gente che aveva studiato, a cui ci si rivolgeva con rispetto. Oggi fare la “maestra” è decisamente meno nobilitante. Un mestiere considerato da tutti un parcheggio, svilito da barzellette e luoghi comuni (tre mesi di vacanze, non fate niente etc…)
Però gli insegnanti ogni giorno gestiscono milioni di bambini e adolescenti. Milioni.
Mentre chi decide per noi e ci manda a lavoro a nostro rischio e pericolo finge che sia tutto ok, con le mascherine FFP2 che ci compriamo da soli, con i soldi promessi come incentivo di rischio e mai arrivati, con il virus che ogni giorno muta e i contagi che si alzano.
E al mattino quando si aprono le porte delle classi li trovate ad accogliere gli studenti con le borse sotto agli occhi: eccoli lì gli insegnanti, la prima linea, una classe senza più pretese ormai.
In questi giorni ci sono state delle proteste da parte di molte categorie, dai ristoratori agli ambulanti e la tensione nel Paese sta crescendo. Sono forme di reazione molto criticabili, danno vita ad assembramenti e disagi, ma almeno sono un segnale di coscienza collettiva che batte i piedi per dei diritti. Almeno le altre figure professionali sono una categoria.
Gli insegnanti invece vivono nel cloud dei loro gruppi WhatsApp, in ansia per i genitori che gli mandano i figli a scuola con la tachipirina nascosta in tasca da usare al primo sintomo perché tutto va bene, anche rischiare il penale, pur di non avere tra i piedi questi cosi agitati, questi futuri cittadini, questi figli che ci mettono in crisi come coppie, come padri e come madri.
E allora cosa sono gli insegnanti? Figure di allevamento di esemplari umani, ibridi tra il baby sitter amico e il prof depotenziato. Perché se i doveri sono tanti, i diritti per l’insegnante tendono a sbiardirsi. Guai a voler bocciare chi ha fatto la DAD (ormai per decreto ministeriale alle elementari è impossibile bocciare e alle medie li fanno passare veloci per il tritatutto che è la scuola superiore), adesso ci saranno le lotte per il sei politico, guai a rimproverare il figlio o punirlo, perché in molte famiglie quel rimprovero o quella punizione verranno prese come un insulto collettivo al proprio operato, al proprio dovere di genitori. Non esiste più una reazione che non sia una battaglia personale.
I bambini sono sempre più portatori di contagio e le nuove varianti spaventano, forse quella giapponese dribla pure i vaccini, ma quelli del ministero sono così fieri di aver riportato tutti in presenza, era il mantra della Azzolina, l’unica cosa che contava.
Bianchi continua sulla linea dell’ex ministro e gli insegnanti mugugnano ma vanno in classe. Ci sono gli ultimi due mesi di scuola (forse, perché il Ministero potrebbe voler prolungare questo strazio), senza ponti, senza più vacanze.
Gli insegnanti vivono con le mascherine, con i gel sanificanti, le scuole sono in effetti sicure, ma il lunedì mattina i ragazzi stessi raccontano delle loro scampagnate senza mascherina per il primo sole primaverile. Capisce ministro? A casa non ci sono insegnanti a menarla ai ragazzi con le regole…
Da oggi quindi bentornati in classe, auguri di buona fine dell’anno e speriamo vada tutto bene. Fa ridere, ma è questo quello che pensano milioni di professionisti di una professione che una volta era nobile.