Più potenti dei social network ci sono solo i bei gesti. Ecco perché Andrea Trico’ e Renato Mollica si sono trovati: il destino ha combinato per loro entrambe le cose. Uno, Andrea, è il ragazzo che dopo il terribile incidente avuto da suo babbo in autostrada dalle parti di Lamezia ha affidato a Facebook l’appello per trovare il motociclista che aveva prestato i primi soccorsi. E l’altro, Renato, è proprio il motociclista. Il tam tam ha fatto in modo che il desiderio del primo venisse realizzato e a raccontarci come è andata sono stati proprio Andrea Trico’ e Renato Mollica, sentiti telefonicamente nella mattina di oggi.
“Papà – ha raccontato Andrea – sta un pochino meglio. Ha forti dolori per via dei vari traumi riportati e ha dovuto sottoporsi ad un intervento chirurgico, ma poteva andare decisamente peggio. Per tutto il tempo, però, non ha fatto altro che parlare del motociclista che è stato con lui nei minuti immediatamente successivi allo schianto ed è per questo che abbiamo deciso di cercarlo”. Uno schianto avvenuto in autostrada, con il furgone su cui si trovava il babbo di Andrea che si è ribaltato sbalzando il conducente fuori dall’abitacolo. “Mi ero appena fermato in Autogrill e stavo slacciando il casco – ha proseguito Renato, il motociclista – Ho sentito un botto pazzesco e ho visto le auto e i camion rallentare di colpo. Così ho capito che era successo qualcosa, ho rimesso in moto la mia Benelli TRK, con cui da tre anni viaggio in lungo e in largo in Italia e non solo, e sono andato a vedere”. Renato, che nella vita fa l’ispettore del lavoro, ha trascorsi come volontario del soccorso e si è avvicinato subito al ferito. “Alcuni – ha raccontato Andrea – erano rimasti distanti perché dal furgone di mio babbo c’era una fuoriscita di benzina”. “Ho capito che non era pericoloso e quando ho visto che quell’uomo si muoveva e che, al contrario di quanto si pensava, non era morto, ho deciso di aiutarlo” – ha fatto eco Renato, che poi ha aggiunto: “Ho pure filmato qualcosa e fatto qualche foto, perché purtroppo si rischia sempre di fare peggio in questo Paese anche quando si vuole fare il bene. L’uomo era a terra, aveva dolori diffusi, ma è stato subito chiaro che non era il pericolo di vita anche se era altrettanto chiaro che faceva i conti con diverse ossa rotte. Gli ho solo tenuto la mano, cercando di farlo parlare e di confortarlo in attesa che arrivassero i soccorsi. Non credo di aver fatto nulla di straordinario”.
Ma a volte la straordinarietà sta proprio in ciò che dovrebbe essere normale, tanto che lo stesso Renato ha proseguito: “Lo sa quali sono le cose veramente straordinarie? La prima è che quell’uomo si preoccupava di chiamare in ditta per avvisare che in seguito a quanto accaduto non avrebbe potuto portare a termine il lavoro che era andato a fare. Mi ha fatto una tenerezza pazzesca, ci ho rivisto mio padre in quella dedizione al lavoro e in quella sorta di timidezza. E la seconda è che quell’uomo ha avuto e continua avere la percezione che io gli avessi salvato la vita, quando in verità l’ho solo confortato. E’ un momento storico in cui questa pandemia ci costringe alla diffidenza verso gli altri, in cui la distanza tra le persone è considerata una necessità e un dovere e forse è per questo che il mio gesto ha fatto così clamore: sono solo stato vicino ad una persona che soffriva. Però mi farebbe piacere se fosse da esempio, perché davvero a volte basta poco per aiutarsi e rendere migliori i rapporti tra gli uomini. Lo fanno i motociclisti, che sono una grande famiglia, ma lo fanno tutti senza stare a categorizzare. Dovremmo però, farlo di più e magari sensibilizzare anche i giovani su certe situazioni. Non ho rianimato nessuno, non ho fatto niente di eroico, eppure per quell’uomo è stato qualcosa di grande”.
Andrea, suo babbo e Renato non si sono ancora incontrati, ma si sentono telefonicamente. “Lo faremo – racconta Andrea – appena mio papà starà meglio. Per ora, a nome mio e chiaramente di tutta la mia famiglia, ci siamo limitati ad un grazie per telefono. A lui e a sua figlia, che ci ha permesso di ritrovarlo”. Renato, infatti, dopo essere tornato a casa aveva raccontato ai suoi familiari l’accaduto e sua figlia, vedendo tramite alcuni amici l’appello di Andrea, ha subito capito che il motociclista che stavano cercando sui gruppi biker di mezza Calabria e non solo era proprio suo padre.