“Voleva annientarla, negarle una vita all’infuori di lui, fargliela pagare per le pretese economiche” – Così scrive il Giudice per le Indagini Preliminari di Ravenna nell’ordinanza con cui ha disposto l’arresto di Claudio Nanni e Pierluigi Barbieri. Sono due vecchi amici, ma, soprattutto, sono il mandante e l’esecutore materiale dell’omicidio di Ilenia Fabbri, avvenuto lo scorso sei febbraio a Faenza. Una storia terribile, di quelle che accadono con troppa e insistente frequenza, e di cui si sta parlando da tempo. Un’indagine durata quasi un mese, con i sospetti degli inquirenti che si sono subito concentrati proprio su Claudio Nanni, l’ex marito della donna. Che però aveva un alibi a cui aveva dovuto credere, per cecità d’affetto, anche la figlia della coppia. Non poteva essere stato Nanni ad uccidere l’ex moglie, ma che potesse essere il mandante di quel delitto era stato abbastanza chiaro sin da subito agli inquirenti. La svolta è arrivata grazie all’incrocio di testimonianze, intercettazioni, filmati e, soprattutto, grazie al racconto di una ragazza che era riuscita a vedere, anche se di sfuggita, il viso dell’assassino.
Corrispondeva a quello di Pierluigi Barbieri, un meccanico di 53 anni con precedenti penali e che ad agosto scorso era uscito di prigione dopo aver scontato una condanna per aver picchiato un disabile su commissione. Il lavoro della Polizia di Stato ha portato a scoprire che proprio Barbieri e Claudio Nanni si conoscevano da tempo. E anche che si erano visti in più di una occasione. Fino alla prova definitiva: il sei febbraio, nel giorno dell’omicidio, Barbieri era stato più volte immortalato da alcune videocamere di sorveglianza proprio dalle parti dell’abitazione di Ilenia Fabbri. A quel punto l’intero castello accusatorio è stato in piedi da solo: Nanni aveva commissionato al suo amico “una lezione” (finita in tragedia) per l’ex moglie o, addirittura, proprio l’omicidio della donna con cui aveva condiviso una famiglia e la burrascosa separazione. “Da anni – scrive ancora il GIP nell’ordinanza con cui dispone l’arresto per l’ex marito della donna e del suo amico – Nanni combatteva contro di lei per annientarla personalmente ed economicamente, per riprendersi e tenersi 'quello che era suo', secondo la sua prospettiva, ma che suo non era".
Cronaca di una tragedia, di una indagine, di un lavoro degli inquirenti che ha pagato. Cronaca anche di una storia tremenda, di sentimenti che diventano truce violenza e di distacchi che mutano in odio assassino. Cronaca, purtroppo, di cause, conseguenze e effetti di ogni tipo. E da sviscerare ci sarebbe tanto, anche per evitare che fatti simili possano continuare a ripetersi. Per carità, in questa storia è chiarissimo chi sono i buoni e, purtroppo, pure chi sono i cattivi. Ecco perché è vomitevole che non ci sia una testata giornalistica che sia una che, nel raccontare i fatti di oggi, abbia omesso di riportare come e perché il mandante e l’assassino si conoscessero.
S’erano conosciuti “nel giro delle moto” è la frase che riportano, sfumatura più sfumatura meno, tutti quanti. Come se “il giro delle moto” fosse, che ne so, il giro dei loschi affari, dei picchiatori su commissione, dei traffici di droga o di qualche covo di sicari. Ma che cazzo significa “il giro dei motociclisti”? E, soprattutto, quale è la funzionalità di fare riferimento al “giro dei motociclisti” nel racconto di una storia che purtroppo ha tragicamente tanto da offrire a chi racconta e persino un vastissimo mare di spunti per approfondire?
“Giro dei motocilisti” in una storia così non si può sentire proprio. Dai su, così fa vomitare: il mandante e l’assassino s’erano conosciuti nel “giro dei motociclisti”. Ma scherziamo? Per carità, cari colleghi, facciamo tutti lo stesso mestiere e l’errore è dietro l’angolo per tutti, soprattutto adesso con i tempi di internet, con la necessità della velocità, con un sacco di regole a cui abbiamo, chi più e chi meno, tutti derogato. Si sbaglia, tutti. Ma la buonafede non dovrebbe mai venire meno, per questo ci tengo a chiarire una cosa. E cioè che l’unico vero “giro dei motociclisti” che esiste è quello che tante persone, accomunate da una passione che è vita e non certo morte, provano a fare quando hanno una mezza giornata o qualche ora di tempo. Magari dopo una settimana di lavoro, di responsabilità, di preoccupazioni, di sofferenze da alleviare e rate da pagare.
Il “giro dei motociclisti” è quello spazio di vita e vitalità che va dal punto A al punto B, spesso intervallato da una mangiata in allegria, se si sta insieme, o in riflessione, se si è soliti andare in solitaria. Il “giro dei motociclisti”, carissimi colleghi, non sarà mai un ambiente in cui reclutare sicari o assassini, ormai certi luoghi comuni li hanno superati pure gli sceneggiatori di fil di serie b ambientanti in un mondo che non è mai esistito. E, ultima ma fondamentale riflessione, una merda umana (o due merde umane) resta merda umana a prescindere da cosa ha in garage, da quante ruote conta e da se sul profilo Facebook ha scritto una cretinata tipo “se hai le palle guidi una moto e la strapazzi, c'è chi non le ha e guarda gli altri in televisione”.