…Stefania era bella, Stefania non stava mai male
Ma è morta di parto gridando, in un letto sudato, d'un grande ospedale
Aveva vent'anni, un marito e l'anello nel dito
Mi han detto confusi i parenti che quasi il respiro
Inciampava nei denti…
E’ il pezzo di una vecchia canzone di Francesco Guccini, quasi la cronaca in versi di qualcosa che, purtroppo, accade ancora. Venezia era il titolo di quella canzone. Ma è a Palermo che è successo di nuovo. Non a Stefania, ma a Candida. Candida Giammona, così si chiamava la donna di 39 anni “morta di parto nel letto sudato di un grande ospedale”. Anche Leon, il suo piccoletto, non ce l’ha fatta e l’ha seguita appena poche ore dopo. Verso dove? Gli esseri umani se lo chiedono da sempre e non lo sapranno mai.
Quello che è certo, fin dai tempi della tragedia greca, è che il dolore innesca sempre una catena di dolore. Non basta mai a se stesso, il dolore. E se le cronache di oggi raccontano la storia di Candida, raccontano anche di una madre e una nonna che ha perso senza una ragione sua figlia e il suo nipotino di poche ore di vita e che ha, in maniera del tutto comprensibile sotto il filtro dell’umanità, provato a chiudere il conto con l’esistenza. D’impulso, qualche secondo dopo a quello, violentissimo, in cui le avevano dato la notizia che sua figlia Candida e suo nipote Leon se ne erano andati. Due morti e mezzo per l’errore di qualcuno o, più semplicemente, per una scelta del destino. Sarà l’autopsia a stabilire se c'è stato un errore e eventualmente di chi. Intanto resta una storia assurda, che sembra portare una data antica. Invece è di adesso: 2021, si muore ancora di parto. Una tragedia come ne accadono tante, dirà qualcuno. Ed è vero, succede spesso. Ma stavolta ci ha colpiti di più. Perché quella madre di 39 anni era una motociclista, una che appena aveva un attimo di tempo libero da dedicare a se stessa indossava giubbetto, stivali e casco e staccava la spina ruotando il polso destro.
Ieri a raccontare la storia di Candida Giammona sono stati i social, nei tantissimi gruppi di biker di cui faceva parte o anche in quelli che, invece, hanno speso un pensiero per una donna che era madre, moglie, lavoratrice e che, come testimonia la foto del suo profilo, si sentiva rappresentata in sella a una moto. Magari, essendo anche donna ed essendo questo un mondo che ancora si trascina una estrazione culturale un po’ rigida, si sarà sentita dire mille volte che la moto è pericolosa. Già, la moto è pericolosa. Ce lo sentiamo dire tutti i giorni e figuriamoci quante volte se lo sarà sentito dire Candida. Magari tirandosi dietro pure il giudizio, ottuso e meschino, di chi vedeva nel suo andare in moto un segno di egoismo: una madre che, nonostante le responsabilità di madre, rischiava la pelle andando in moto. I pensieri andrebbero silenziati più delle bocche, soprattutto quando sono giudizi. E’ per questo che la storia di Candida ci ha colpiti tuti, così tanto. Perché la trama e pure l’epilogo li scrive il destino. E noi possiamo solo scegliere i personaggi, l’andamento del romanzo, il tono e la scorrevolezza. Fino all’ultima pagina, che è già scolpita. Sempre. E a volte anche tragicamente, come per Candida: motociclista morta di vita. Nel 2021.
…Vederla morire ammazzata, morire da sola, in un grande ospedale…