Il Garante per la protezione dei dati personali blocca TikTok. L’app dei giovanissimi nata nel 2016 dalle ceneri di musical.ly – la più scaricata nel 2020, secondo il rapporto di Sensor Tower – ha troppi utenti di cui non è accertata l’età. Dopo la morte di Antonella Sicomero, la bambina di 10 anni che ha perso la vita per una challenge fatta proprio su TikTok, il Garante ha chiesto di vederci chiaro. “Il blocco dovrebbe riguardare la fascia degli under 13 e tutti gli utenti di cui non hai certezza dell’età” spiega Simone Cosimi, giornalista esperto sul tema, che proprio alla responsabilità digitale ha dedicato un libro, Per un pugno di like (edizioni Città Nuova): “Oggi il problema è che, non essendoci un meccanismo alla base per certificare l’età di un utente, la piattaforma potrebbe essere costretta a cessare il servizio, in attesa di una soluzione”.
Simone, crede che il provvedimento sia stato necessario?
“Va detto che già da alcuni mesi il Garante per la privacy si è mosso. Però è la prima volta in Italia che un Garante emette un’ordinanza: si tratta di una decisione unica. Il punto è che non è una posizione che interessa solo TikTok. E poi, bisogna capire come si muoverà TikTok, perché potrà fare ricorso a giudice e chiedere la sospensione del blocco”.
Quanto ha influito il recente fatto di cronaca?
“Molto, tant’è che lo menziona anche il Garante per la privacy in una nota. Ma, a prescindere dalle dinamiche che hanno generato questo drammatico gesto, bisogna fare chiarezza in un contesto, quello social, che è pieno di minori, e di cui nessuno si occupa. Questo passo è importante”.
Secondo lei, TikTok compensa per i giovanissimi un vuoto lasciato dagli adulti?
“Non sono d’accordo. Per i giovanissimi, esiste un un’unica realtà, composta da due mondi che si sovrappongono. Le responsabilità sono molto chiare: sono sul lato educativo, sui contenuti filtrati in base all’età degli utenti, e su quello giuridico. Era un passaggio obbligato visto che, il limite d’accesso alle piattaforme non viene sempre rispettato”.
Sul lato giuridico, appunto?
“Sì, il Regolamento generale europeo per la protezione dei dati personali entrato in vigore nel 2018 prevede alcuni vincoli sulla tutela dei minori, così come le direttive sui media audiovisivi. Finora queste regole, che pure ci sono, erano state rispettate da alcune piattaforme e non dalla stragrande maggioranza. YouTube, per esempio, è una piattaforma che le fa applicare. Altre non l’hanno fatto, per questo non si tratta di un problema che riguarda solo TikTok”.
L’account Twitter di Trump sospeso, il braccio di ferro tra Google e il governo australiano: c’è ora il tentativo di arginare lo strapotere dei social? Ed è corretto parlare di “strapotere”?
“Sicuramente i social sono diventati importanti nel nostro quotidiano ed è opportuno regolamentare alcune policy che, spesso, vengono aggiornate di volta in volta. Però va anche detto che sulle piattaforme social, gli strumenti a disposizione dei genitori ci sono, così come i meccanismi di controllo sui contenuti che violano le policy. Non vorrei che, dietro la retorica dello strapotere di queste piattaforme, spesso si nasconda un’inadeguata alfabetizzazione digitale da parte degli adulti. È bene muoversi criticamente su queste piattaforme, ma sporchiamoci le mani”.