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Bruno Vespa il longevo. Nonostante le critiche e gli sberleffi, Porta a Porta compie 25 anni

  • di Ray Banhoff Ray Banhoff

15 febbraio 2021

Il plastico del delitto di Cogne; la musica d’ingresso degli ospiti; Berlusconi che firma il contratto con gli italiani; D’Alema che prepara il risotto; Alessandra Mussolini che tira un calcio a Katia Belillo; Giovanni Paolo II che telefona in diretta. A elencarli sono decine i momenti in cui Porta a porta ha segnato la storia del talk show italiano. Inutile che vi scandalizziate se lo chiamiamo così, Bruno Vespa è stato un pioniere e i 25 anni che pochi giorni fa ha compiuto la trasmissione, sono l’attestato della sua efficacia.

di Ray Banhoff Ray Banhoff

Vespa è la RAI, la sua rappresentazione fisica. Entrato in azienda con regolare concorso da giovane si è fatto strada e ha scalato la vetta piano piano. È stato direttore del Tg1, scrive libri in cui intermezza la storia alla cronaca e ogni volta vola primo in classifica, ha saputo raccontare la cronaca e l’Italia a tre generazioni di pubblico, entrando in casa di tutti, facendosi portavoce del servizio pubblico però al tempo stesso stagliandosi sui concorrenti con una potenza che nessuno, guardandolo in faccia, gli avrebbe mai conferito. Ecco Vespa è uno che dice frasi come «Sono l’unico moderato che riesce a stare su piazza da così tanto tempo» e se le può permettere.
La critica lo ha analizzato e sezionato più volte, cercando di fargli le pulci e di collocarlo in una fascia di riferimento tra il Fede berlusconiano e il Fazio sempre prono. Non ci sono mai riusciti.
Dei suoi punti deboli ha fatto delle virtù, è sopravvissuto alle imitazioni spietate di Giampaolo Fabrizio di Striscia che lo rappresenta pieno di nei e lecchino e non ha mai protestato. Anzi in un’intervista di Claudio Sabelli Fioretti dei suoi nei disse: «Li fotografo. Una volta all’anno faccio la mappa della mia faccia» .
Di lui Rula Jebreal ha detto: «Se vuoi sapere la linea di un politico devi guardare Vespa, non i giornali». Aldo Grasso invece: «Nel suo campo Vespa è un gigante, tanto che un cinicone come Francesco Cossiga ha definito Porta a porta il terzo braccio del Parlamento»
Libero oggi, gli dedica una succosa intervista di cui proponiamo alcuni stralci.

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Sicchè è normale che ora che Porta a Porta, la terza Camera, compie un quarto di secolo, si tracci un minimo di bilancio. Pensavi che saresti arrivato fino qui?

Onestamente no. All’inizio pensavo che durassi da gennaio a giugno. Anche perché allora andavano di moda Samarcanda di Santoro, la politica urlata nelle piazze, non si credeva a un programma più “educato”.

Il modello erano i talk americani?

No il modello ero io. Gli americani sono più confidenziali. Ti immagini cosa succederebbe se in studio da loro mi mettessi ad abbracciare il primo ministro?

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Scusa ma i vari contratti con gli italiani? C’è sempre il momento in cui il tuo studio si trasforma per incanto in uno studio notarile…

Certo, poi ovvio, il contratto con gli italiani Berlusconi voleva annunciarlo in prima serata, ma era impossibile, così lo convinsi che in seconda, ben ripreso dai tg, avrebbe fatto il botto. Così fu. Idem con Renzi e la promessa del Monte Senario. Renzi ora è diffidente, prima del governo Draghi gli dissi che avrei scommesso che il suo tentativo di far saltare Conte si sarebbe risolto in un rimpasto e qualche poltrona in più. Non ha accettato, era la volta che avrebbe vinto.

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Non è spocchia quella di Vespa ma la consapevolezza di essere un aziendalista che porta un valore aggiunto. E non lo scriviamo perché siamo vespiani ma perché nel servizio pubblico c’è assolutamente bisogno di un Vespa come di una Gabanelli, di un Santoro come di un Fazio. Serve l’alternanza.
Non potremmo mai immaginare Vespa in un luogo diverso da Rai Uno di cui è la bandiera, come un tempo lo erano alcuni calciatori che giocavano tutta la vita con la stessa maglia.
Questo è uno dei suoi valori aggiunti ed è oggetto di molti attacchi. In primis per il suo cachet, poi perché quando scrive un libro glielo presenta Berlusconi o Salvini, ma se lo avete osservato bene, Vespa non è mai stato un lacchè. Ha spesso criticato e messo spalle al muro i suoi intervistati, rispolverando le sue doti da cronista.

Molti notano che per eludere il limite di legge del cachet di 240mila euro, hai fatto mettere la clausola che considera Porta a Porta un programma di intrattenimento...

Chi lo fa notare dimentica che quella clausola è la stessa, identica, che c’era nei contratti di Fazio, Gabanelli, Biagi stesso. È un copia-incolla che valeva per tutti. Solo che, guarda caso, lo si tira fuori solo per Vespa.

Oltre alla politica ogni tanto cazzeggi con lo spettacolo. Mi ricordo una puntata formidabile dei Pooh.

I Pooh andarono benissimo. Ovvio che il primo a divertirsi sia ioi. Anche se lo scopo di Porta a porta è quello di informare, e il suo core business è la politica. Poi però abbiamo fatto puntate memorabili con Al Bano che generosamente si metteva a cantare Felicità nella metropolitana di Mosca e la gente lo accompagnava.

Quale è il politico più televisivo?

Renzi è un animale televisivo. E poi diamine si c’è Berlusconi.

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Porta a Porta è un brand. Che una volta in pensione (in fondo non sei eterno neanche tu. Molto in fondo) ti sopravviverà? magari tramandandola a tuo figlio?

Credo che il nome di Porta a porta morirà con me. Altri faranno altre trasmissioni. Mio figlio è radiofonico e ha preso altre strade. Diciamo che facendo un bilancio della mia vita non mi posso lamentare, dai.

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