Non mi sono mai considerata una persona patriottica, anzi, ma Ryanair mi ci ha fatto diventare. Sarà la magia dei “non luoghi”, termine e concetto coniato da Marc Augè, che ci porta in una dimensione dove tutto è lecito e dove nessuno si stranisce di niente, non importa se mi presenterò in fila al gate con quattro vestiti l'uno sull'altro, le scarpe che escono da un lato, una maschera da snorkeling dall'altro e due cappellini sulla testa. Nessuno farà domande, nessuno mi guarderà storto, tutto farà parte della normale routine del viaggio e di quei luoghi meravigliosi e matti che sono gli aeroporti. Ho sempre viaggiato con Ryanair, di fatto la compagnia di viaggi low cost con tratte migliori e più viaggi disponibili con partenza da Milano, e, a parte qualche ritardo, mi sono sempre trovata bene, tranne nell'ultimo periodo, quando, ancora una volta - l'ennesima - hanno deciso di ridurre ulteriormente il bagaglio a mano incluso con il biglietto, che al momento risulta di dimensioni 40×20×25. In pratica neppure un porta computer rientra in queste dimensioni. Che lucrino sul fatto che queste misure siano improponibili persino per un week end, figuriamoci per viaggi di una o più settimane, è chiaro, ma quando la multa per aver oltrepassato il limite di 5 centimetri va a superare il prezzo del biglietto, la situazione sfiora il ridicolo. Ryanair è un po’ come quel bambino testardo che prova e riprova a farla sotto il naso ai genitori. Non a caso, proprio per questa situazione dei bagagli, Ryanair ha già dovuto pagare una sanzione di 150 milioni per abusi sulle spese extra, ma loro non demordono, e in qualche modo quei soldi pagati per la multa se li devono rifare. Il modo è sempre il medesimo: multare i viaggiatori che bypassano anche solo di un millimetro l’allucinante limite da loro imposto.
In un week end della seconda settimana di agosto io e il mio ragazzo ci troviamo in aeroporto a Lanzarote, di ritorno da due splendide settimane lì, in direzione Milano. L'umore quando torni da un viaggio che ti rimane nel cuore non è mai altissimo, ma la sensazione di malinconia non l’ho potuta vivere neppure per dieci minuti, perché mi aspettava qualcosa di ben più stressante da affrontare. Nonostante io sia stata due settimane fuori, avevo un bagaglio di dimensioni davvero risicate - 45×20×20 - un po’ fuori dalle misure Ryanair, ma nulla di eccessivo. Assieme allo zaino avevo con me una piccola borsa di tela, dove all'interno tenevo ciabatte, portafoglio, telefono e cuffie. Insomma, l'essenziale da avere sottomano, cosa che ho sempre fatto in anni e anni di viaggi e che nessuno mi ha mai recriminato. Tranne a Lanzarote, quando trovandomi nella fila non prioritaria, mi metto a parlare con una ragazza davanti a me - ragazza italiana residente in Spagna - che si lamentava di come si comportava Ryanair ogni volta che partiva. Sarà stata una previsione del futuro, ma io replico: “Con la sfiga che ho vedrai che romperanno proprio a me”, e così è stato.
Un secondo dopo, controllando i biglietti, dicono a me e al mio ragazzo di seguire l’hostess al misuratore dei bagagli, l'incubo dei viaggiatori Ryanair. Inizia il mio ragazzo che aveva con sé un borsone della Pirelli. Spingendolo un po’ rientra perfettamente nelle misure, e lei indispettita inizia a versare tutta la sua attenzione sulla sottoscritta, che sapeva avrebbe sfiorato il limite, anche se di poco. Tocca dunque a me, provo a inserire lo zaino e non entra, e lei subito parte a urlarmi in spagnolo che avrei dovuto pagare una multa e che il mio bagaglio sarebbe stato imbarcato, neppure messo in cappelliera con me, ma direttamente in stiva. Per me era ovviamente fuori discussione, quindi inizio a spingere e rispingere lo zaino, tutto questo davanti a una fila di Italiani che si erano appassionati alla vicenda. L’hostess però non si limita a recriminarmi la dimensione del bagaglio, ma anche il mio possedere una borsa di tela, che mi obbliga a inserire nello zaino, aumentando così, ulteriormente, la dimensione del mio bagaglio.
Io e il mio ragazzo disperati ci proviamo in tutti i modi, spostando i vestiti dal mio zaino al suo borsone, inserendoci oggetti nelle tasche dei pantaloni, il tutto accompagnato dall’approvazione e dall’incitamento delle persone in fila, che parteggiavano per noi. L’hostess agguerrita, vendendomi spostare le cose nella valigia del mio ragazzo lo rinvita a rimisurare la valigia. Ormai è guerra tra noi e lei: lui rispinge, e dopo due o tre colpi la riesce a far entrare, di nuovo. Io ancora nulla. La borsa di tela non entrava e io ancora non riuscivo a inserire lo zaino all'interno delle misure, di pochissimo, ma la hostess non ne voleva saperne mezza. L'ultima spiaggia: inizio a mettermi i vestiti addosso, vestiti sopra altri vestiti. La gente in fila rideva, io assomigliavo molto alle borseggiatrici nella metro di Milano, ma grazie a questo passaggio finalmente lo zaino entra, questo anche per merito di Miriam, denominata “la nostra salvatrice”, una ragazza conosciuta lì in fila, che avendo visto l'ingiustizia e la cattiveria della hostess ha deciso di aiutarci e si è messa a spingere lo zaino con noi. Rimaneva un ultimo problema: la borsa di tela. Non sapevo più dove infilarla. Finché non ci pensa lei che se la prende con sé, fingendo fosse sua, avendo lei diritto a due bagagli, a differenza nostra. Nonostante un po’ di lamentele da parte dell’hostess che dopo più di 20 minuti di scenata si è resa conto che non poteva più spillarci un euro che fosse uno, ci mettiamo in coda, soddisfatti della nostra vittoria. Ci ritroviamo quindi io con due cappellini in testa, lo zaino mezzo vuoto, gli oggetti che sbucavano dalle tasche e tre vestiti l'uno sopra l'altro. Il mio ragazzo con nelle tasche i miei sandali, la maschera da snorkeling che sbucava da un lato, e vari altri oggetti. E Miriam che oltre ai suoi bagagli aveva con sé anche la mia borsa.
Ci rimettiamo in coda con gli applausi e i sorrisi di approvazione di tutta la gente, che per un senso di patriottismo e spirito di squadra parteggiavano per noi. Noi abbracciamo quella ragazza che avevamo appena conosciuto che si era unita alla nostra guerra, per puro senso di italianità. Riuscendo Ryanair, oltre a farci partire con un'ora di ritardo per questa scenata inutile, a rendere un intero volo unito e collaborativo contro una sola hostess, sarà parte della definizione dei “non luoghi” data da Augé, sicuro evento più unico che raro, con gente che probabilmente fuori da quella fila, diretta a Milano, non si sarebbe neppure rivolta la parola, ma che in quell'istante sentiva un senso di appartenenza. Sicuramente da adesso ogni volta che vedrò qualcuno faticare a inserire il suo bagaglio a mano avrà assicurata un’aiutante nella guerra contro Ryanair, perché da adesso la mia battaglia sarà fare di tutto pur di evitare in ogni modo di dare ulteriori soldi a questa compagnia.