Non lo so quando ho cominciato a seguire Claudio Marinaccio su facebook. Ricordo però quando ha cominciato a raccontare di avere un tumore. I suoi post erano senza retorica, asciutti, onesti, mi lasciavano sempre una ferita sul petto, un graffio, dopo avermi scarnificato un po’, trafitto un po’. A un certo gli ho scritto, dicendogli che volevo che scrivesse per MOW. Non mi ha cagato. Fino a quando non mi ha risposto mesi dopo, scusandosi per aver perso il mio messaggio. Da allora ci commentiamo le cose che scriviamo. Non ci siamo mai visti dal vivo e forse ci vedremo, ma anche no. Da un tumore ci si può considerare definitivamente guariti solo dopo dieci anni. Per lui ne sono passati due. Ma una cosa so per certa, che Claudio il tumore l'ha già sconfitto e per me è stato bello come se lo conoscessi. Perché come altri prima di lui, e qualcuno l’ho pure conosciuto di persona, ha affrontato la malattia con profondità. Non come un dono ma come un’opportunità per capire di più di sé, della vita, e condividendo quello che stava passando scrivendone su facebook l’ha fatto capire di più anche a noi che lo leggiamo.
Adesso Claudio ha realizzato un documentario (qui sotto). È un piccolo viaggio, il suo verso l’ospedale dove lo hanno curato per una delle tante visite di controllo, e un racconto, che Claudio fa da una campagna vicino a casa sua, Villabbasse, tremila abitanti compreso un prete, il posto dove è andato a pensare quando ha saputo del tumore maligno. Guardatelo. Dura poco più di 6 minuti. Vi farà stare male ma vi farà stare meglio. Si intitola Ancora qui. A me, per esempio, mi ha trasmesso ancora più forza per raccontare la disabilità di mia figlia.
Dice Claudio: “Scoprire di avere un tumore può essere anche divertente”. Lui ci ha scherzato sopra, lo ha battuto anche raccontandolo, scrivendone, e così facendo probabilmente lo ha smascherato, lo ha spogliato e lo ha guardato a nudo. Dice Claudio: “Un tumore te lo possono estirpare, ma è difficilissimo togliertelo dalla testa”. Dice ancora Claudio: “La natura toglie e dà e lo fa così, senza morale, tutto scorre, e l’erba nasce anche dove non può crescere”. C’è sempre una possibilità. C’è sempre.
Finito di vederlo, ieri, gli ho scritto: “Sai cosa penso? Che le belle anime anche se erranti e vagabondi trovano altre belle anime alla fine. Ti abbraccio forte Cla!”. Lui mi ha risposto: “Sempre, anche io la penso così. Ed è bello quando succede! Ricambio l'abbraccio, Moreno!”. Guardatelo. Non bisogna aver paura di soffrire, perché poi ci si innamora meglio.
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