Non c'erano soltano Uccio, Migno e Vietti alla serata che Cupra ha dedicato alla presentazione della sua installazione interattiva Another Way, realizzata da REALITY IS_, in occasione dell'ultima Design Week. Ad affincare i ragazzi del Mooney VR46 Racing Team, c'era, infatti, un altro degli ambassador che il brand spagnolo ha individuato tra gli sportivi e i personaggi più interessanti del panorama italiano: Claudio Marchisio. Una preziosa opportunità, quella di incontrare l'ex di Juventus e Nazionale, per fare due chiacchiere sul rapporto che lo lega a Cupra e per cercare di capire, da un giocatore di esperienza come lui, cosa stia succedendo alla squadra di Mancini.
Claudio, come è nato il tuo rapporto con Cupra? Cosa avete in comune?
Quando abbiamo avuto modo di conoscerci, abbiamo capito fin da subito di avere molti punti in comune, come l'amore per lo stile, la sportività e anche quell'attenzione all'ambiente che tutti quanti dobbiamo inculcare sempre di più, non soltanto alle generazioni future, ma anche nelle nostre stesse menti.
Quanto può essere divertente un'auto elettrica? Sentiamo sempre parlare di autonomia, di tempi di ricarica... tutte cose che alla lunga risultano un po' noiose.
Più che noiose, sono tutte cose che, con il passare del tempo, possono diventare un po' banali. Ma è proprio questa la chiave per capire Cupra. Born, ad esempio, non è un'auto banale. Quello che mi ha sorpreso tantissimo di lei, non sono le caratteristiche tecniche, come l'autonomia, o anche soltanto la sua linea, quanto piuttosto ciò che è realmente possibile vivere all'interno dell'auto. Born, sulle prime, può dare l'idea di essere una vettura destinata unicamente alla città o a brevi trasferimenti. Ma non lo è affatto! C'è un sacco di spazio a bordo e presenta quelle stesse caratteristiche di sportività che distinguono Formentor. Insomma, una vera sorpresa, tutto il contrario di un'auto banale.
Siamo stati di recente alla presentazione del Cupra Padel Tour 2022. Tu giochi a padel?
Sì, sto cominciando a giocare. Non sono nulla di che ma mi sta appassionando (ride, nda).
Eravamo con Demetrio Albertini... lui ormai è quasi un "professionista"!
Demetrio ha iniziato prima di me, ma di sicuro nel mondo degli ex sportivi ed ex calciatori è uno dei più importanti per talento ed esperienza.
Mi ha detto che Totti è più forte di lui, ma mi ha detto anche che deve dire così se no lui si offende...
Nel mio caso, può dire tranquillamente di essere più forte di me (ride, nda).
Demetrio e Francesco sono di sicuro due dei giocatori più rappresentativi, nell'immaginario comune, della Nazionale italiana. Che sta succedendo alla squadra di Mancini?
Non è facile dirlo, se non si vuole cadere nel solito vizio di dare giudizi molto scontati e spesso anche molto frettolosi. Non è facile perché? Perché veniamo da un Europeo che avevamo appena vinto e l'Europeo la nostra Nazionale non lo vinceva davvero da un sacco di tempo. Una vittoria così bella, in coda a un periodo come quello che abbiamo vissuto a causa della pandemia, un'ondata di energia così positiva per la ripartenza, un qualcosa che tutti ricercavano è stato, non dico rovinato, perché quella vittoria non ce la toglie più nessuno, ma quantomeno accantonato da questa esclusione. Sicuramente, senza la vittoria dell'Europeo, avremmo ragione ad utilizzare toni particolarmente forti. Personalmente credo sia inammissibile che una nazionale che ha appena vinto un Europeo non riesca ad arrivare al Mondiale. Ma non per aver perso contro la Macedonia, quanto piuttosto per come si è preparata alle qualificazioni.
Che squadra è, oggi, la nostra Nazionale?
È una squadra in cambiamento. Alcuni senatori hanno mollato e al posto loro ci sono dei ragazzi giovani che, però, hanno già vinto una competizione importante come un Europeo e hanno anche assaporato una sconfitta dura, come l'esclusione dal Mondiale. Di sicuro si tratta di una esperienza che servirà loro per imparare a non mollare. Bisogna ripartire da questo e dal famoso proposito di dare molte più opportunità, molte più chances, ai giovani, di mettersi in mostra. E non lo dico perché non ci siamo qualificati, ma perché è qualcosa di cui si parla da ormai più di dieci anni, ma che continuiamo a non mettere in pratica. Bisogna far giocare questi ragazzi, farli cadere se serve. Perché se vuoi arrivare a determinati livelli, devi avere anche l'opportunità di sbagliare.
Come arrivare a questo cambiamento?
Bisogna partire dai settori giovanili. Molti allenatori si lamentano del fatto che i giocatori non arrivano sufficientemente preparati in prima squadra. Bisogna che il coraggio di fare queste scelte parta dal basso, permettendo ai ragazzi di crescere fin da subito.
Si parla di ripescaggio per la Nazionale. Vale la pena essere ripescati, o come dicevi tu poco fa bisogna sbagliare e fare tesoro degli errori?
Credo sia sbagliato parlare di ripescaggio. È necessario prendere atto del proprio fallimentio, perché oggettivamente è un fallimento non essere arrivati al Mondiale. Nello stesso tempo, però, è anche sbagliato il sistema in cui, chi vince un Europeo, chi vince la Coppa America, chi vince queste grandi competizioni non ha il diritto di giocare il Mondiale. Cambierei soltanto questa formula, ma... se non ci si è qualificati, non ci si è qualificati!