Il video della tragedia del Mottarone è tremendo. Tre-men-do. Ma di robe tremende ne vediamo ogni giorno, ogni santissimo giorno, e molte di queste ci piacciono pure, le condividiamo, le commentiamo, le guardiamo addirittura alla tv e spesso non ci rendiamo conto nemmeno di quanto siano tremende. E noi siamo qui a domandarci se aveva senso pubblicare questo video? Io, questo video, ho scelto di guardarlo una volta sola. Pesate bene le parole: HO SCELTO. di guardarlo. UNA VOLTA SOLA.
In questo video vedi la funivia che si avvicina alla telecamera, lentamente, e mentre la guardi stai attento perché credi che il cavo possa cedere da un momento all'altro. Solo dopo capisci che questa attesa non è niente di più che una speranza e il perché lo spiego tra poco.
Vedi la funivia arrivare davanti alla camera.
Vedi un signore con la mascherina chirurgica, vedi l'accenno di un sorriso. Una donna col caschetto, uomini seduti. Tranquilli, in vacanza.
E proprio quando stai per chiederti: e quindi, com'è successo?, ecco la funivia che torna indietro. Di botto. Fino a laggiù, in fondo all'inquadratura, e infine la vedi crollare.
Guardando questo video non puoi non pensare a come hanno vissuto quegli attimi le persone che erano lì dentro. Genitori che cercano di prendere in braccio i bambini, bambini che non capiscono. Ed è qui che ho realizzato. Mi ero illuso che la funivia fosse caduta improvvisamente, come una mela da un albero, soltanto per digerire meglio la tragedia, per convincermi che le persone coinvolte fossero morte senza nemmeno rendersene conto. Almeno questo. Invece no. Invece quel video ci mette davanti alla verità che quei padri quelle madri quei ragazzi quei bambini hanno avuto il tempo di comprendere, di capire, appunto, senza capire fino in fondo.
E poi c’è un altro fattore: il bambino sopravvissuto. Solo lui si porterà dentro la “colpa”, la pesantezza, di essere sopravvissuto. Solo lui vedrà riaffiorare nella sua mente - se succederà - flash di quei secondi, il corpo della madre che lo copre, o del padre, le urla, la disperazione o chissà. Ebbene, quel bambino, quei sopravvissuti, siamo anche un po’ noi. Dobbiamo renderci conto di cosa è successo. Di dove può portare la superficialità umana e mortale, di come può finire tremendamente la nostra vita. Ed è assurdo solo pensare che il video non andava pubblicato. Il motivo? Il motivo è che io trovo molto più scandaloso far vedere certe immagini del Grande Fratello, di Temptation Island, di puttanate cosmiche propinate dai social.
La tragedia del Mottarone rischiava di essere normalizzata. Invece questo video ci ha fatto capire - una volta per tutte - che quel che è successo è devastante, non deve essere rimosso, e che da tutto quello comunque un bambino ne è uscito vivo. E che noi abbiamo il dovere di pensare a lui come se fosse noi. Poco fa sono passati 40 anni esatti dalla vicenda di Alfredino, che verrà raccontata tra qualche sera in una serie su Sky. È stata la prima tragedia vissuta in diretta Rai per 3 lunghissimi giorni da milioni di spettatori. Da lì, il bambino non ne è uscito. È morto dopo essere caduto in un pozzo, a 40 metri di profondità, in un cunicolo stretto sporco e buio. Oggi, 40 anni dopo, dopo che tutti noi siamo pronti a postare anche la foto dei nostri peli di culo, ci domandiamo se era giusto o no pubblicare il video della funivia? Ma per favore.
Far vedere, mostrare, non è mai un problema. La censura non è mai la soluzione. I problemi sono quando l'incuria, quando l'incompetenza, quando la discriminazione, quando il fare finta di niente. Altrimenti continueremo a prendercela con chi racconta le mafie e non con i mafiosi, non so se mi sono spiegato. Poi, lo ridico, io sono liberissimo di guardare ciò che voglio quando voglio, così come sono liberissimo di non guardarlo o di guardarlo una volta sola. Il fatto è che spesso, oramai, non siamo neanche più consapevoli che possiamo fare una scelta. Siamo talmente lobotomizzati che quello che ci propina un algoritmo ce lo suchiamo e ingoiamo e non ci poniamo manco il dilemma che possiamo decidere di non guardarlo. Il problema non è se è stato pubblicato un video, il problema siamo noi che preferiamo un giudizio superficiale a una riflessione seria.
Ecco perché serve questo video, proprio perché è scioccante, perché volente o nolente ci spinge a riflettere, un verbo che dovremmo utilizzare più spesso, soprattutto adesso, che siamo quasi usciti da una pandemia, soprattutto adesso che siamo sempre più disposti a barattare la visibilità con la perdita di dignità. Poi tanto arriva la nazionale agli Europei, arriva l'estate e al Mottarone chi ci pensa più. Invece dopo aver visto questo video questo discorso vale un po' di meno. Lo dobbiamo a noi stessi. Lo dobbiamo a quel bambino che è sopravvisuto.