L’ho dovuto rileggere più volte. Non ci credevo. Selvaggia Lucarelli su Twitter: “Quando muore un operaio rumeno senza un dente voglio lo stesso spazio sui giornali”. L’ha scritto davvero? Perché? È stupido. È irrispettoso. Si riferisce al fatto che della ragazza morta in un’azienda tessile a Prato, risucchiata dal macchinario, madre giovanissima, sorella di un ragazzo disabile, si parli così tanto solo perché è bella. Praticamente, fa body shaming al contrario.
Adesso, prima di saltare alle conclusioni, faccio coming out. Tema breve: il mio rapporto con Selvaggia Lucarelli. Raccontato con onestà. Perché senza questa premessa uno potrebbe pensare che sono mosso da superficialità, ma in realtà sono mosso da giudizio (personale per carità, ma comunque è diverso dal pregiudizio).
La prima volta che l’ho vista ero il vicecaposervizio di Riders. Lei cominciava a essere piuttosto nota, niente a che vedere con oggi. L’idea mia e del direttore di allora, Roberto Ungaro, fu di farle raccontare con la sua ironia l’esperienza della zavorrina (tradotto per chi non va in moto: la ragazza che siede sul minuscolo sedile posteriore delle moto sportive). Pezzo top. Mi ricordo ancora qualche frase. Quando arrivò in redazione per provare la tuta tra noi maschi adulti solitari si scatenò il pandemonio. Selvaggia era una bomba. Simpatica. Esplosiva. Trasmetteva una carica erotica che (posso essere sincero?) poche volte ho ritrovato in una donna, manco in Belen. Dopo l’uscita del pezzo i rapporti restano cordiali anche se molto radi, forse inesistenti.
Dopo qualche anno io divento il direttore di Riders, lei la Selvaggia che tutti conosciamo oggi. E qui succede il secondo episodio. Un collaboratore, dalla sua tazza del cesso (vero, andò così), pubblica un pezzo contro - se non ricordo male - un suo editoriale su Rolling Stone, che lei in quel periodo dirigeva. Ero in treno che stavo tornando a casa. Selvaggia mi chiamò sul cellulare. Il pezzo del collaboratore era davvero ignobile. Mi scusai. Correggemmo il pezzo (era un articolo online) e pace fatta. Qui aveva ragione marcia.
Poi nasce MOW. Intervisto Fabrizio Corona. Corona e la Lucarelli si odiano. Sapendolo, una domanda a Corona gliela faccio. Lui risponde: “La Lucarelli avrebbe sempre voluto scoparmi”. L’intervista fa il giro di tutti i media. La Lucarelli mi chiama e urla, minaccia di querelarmi. Io cerco di calmarla. Di spiegarle che voler far l’amore con Corona (ammesso che fosse vero) non era lesivo dell’immagine di nessuna, alla fine Corona è un personaggio discusso ma è un bell’uomo, è innegabile. Oltretutto era una cosa che sosteneva lui, mica la verità assoluta. Niente, lei non ci sente. Ed è tutto un ti querelo, ti rovino, tu non puoi abbinare il mio nome vicino al suo perché abbiamo una causa in corso (ma io ero tenuto a saperlo? Bah). I miei avvocati mi dicono che non ci sono gli estremi per alcuna querela. Molti giornalisti mi chiamano e mi dicono che lei non fa altro che minacciare querele a chiunque. Selvaggiona pubblica un tweet chiedendosi: dai colleghi chi mi difende? Da molti riceve solidarietà. E vabbe’.
Quarto episodio, poco dopo. A Milano mentre lei denuncia la Darsena piena di gente in tempi di Covid, escono le foto e i video dell’inaugurazione di un locale, organizzata (anche) da suo fratello. Finisce con assembramenti anche qui, balli senza mascherine e tutto riportato sui social. In questo locale c’era anche lei. Lo sappiamo perché pubblica un selfie con suo figlio. Noi siamo tra quelli che fanno notare la contraddizione: perché non denunci anche gli assembramenti di tuo fratello? Mamma mia. Impazzisce. Prima chiama il collega che ha scritto il pezzo, poi me. Non riesco nemmeno a parlare. Grida quello che poi avrebbe spiegato: che lei c’era andata il giorno prima in via privata, che avevamo ripreso la foto di lei e suo figlio minorenne senza il suo consenso (ma noi avevamo ripubblicato la sua storia!), che lei con suo fratello non c’entra niente e di chiamare lui grande e vaccinato (è un modo di dire, oggi non si sa mai), cosa che poi abbiamo fatto (e lui si è dimostrato molto più placido e gentile).
Mentre mi urlava contro pensavo al suo avvocato, me lo immaginavo esausto da tutte le persone che la sua assistita avrebbe voluto querelare e lui che prova a farla ragionare. Chissà forse ci è riuscito. La querela non è mai arrivata ma mai dire mai. Nel frattempo la Lucarelli pubblica una storia sul suo Instagram con la foto e il nome del collega che aveva scritto l’articolo citando anche me. Della serie: lei può sputtanare noi, noi non possiamo parlare di lei.
Anche in questo caso io resto fermo nelle mie posizioni ma gentile. Non faccio in tempo a dirle che queste sono le regole del gioco. Lei oramai è un personaggio ed è normale che si parli di lei. Oltretutto rinnovandole sempre la mia stima (vera, non presunta), tanto che ho continuato a citare sue interviste o sue opinioni. Perché in questo sono molto poco permaloso e piuttosto laico, ho la mentalità da rugbysta: scontriamoci, diciamocele dirette ma poi finisce lì e se la prossima volta sono d’accordo con te lo dico, se non lo sono lo dico lo stesso. In un’Italia dove o sei pro o sei contro capisco che questa sia una posizione strana. Ma io sono così, eh oh.
Poi muore questa ragazza. Io mi sento toccato e tanto dalla vicenda. Perché è una ragazza giovanissima, perché è una ragazza madre, perché è così dolce che l’infamia della vita risalta ancora di più in tutta la sua ingiustizia, perché ha un fratello disabile a cui badava lei. Perché muore in un modo orrendo, assurdo, macabro. E come succede a me, di restare scossi da questa vicenda, succede a tutti. Proprio per i motivi di cui sopra. Tutti elementi che potenziano la notizia da un punto di vista narrativo e giornalistico. E lei, Selvaggia Lucarelli, questo lo sa benissimo. Lo sa meglio di chiunque altro. E allora come mai scrivere quel tweet così becero, sostenendo che si parli della ragazza solo perché è bella, mentre il lavoratore rumeno senza un dente non se lo caga nessuno? A parte che non è vero. Perché la notizia di un morto sul lavoro esce sempre. Solo che magari lei non se ne accorge perché del lavoratore rumeno senza un dente è a lei per prima che non importa niente. Però adesso le fa comodo tirarlo fuori per essere per forza contro, per forza velenosa. Facendo così dimostra solo di sapere quali sono le regole del gioco per attirare su di sé l’attenzione, ribaltando i fattori in campo. Ma stavolta sarebbe bello che facesse il gesto alla Fedez: va bene, dai, ho esagerato. Senza chiamare questo o quello minacciando querela. Fedez ha chiesto scusa dopo anni, lei potrebbe farlo subito. Altrimenti una cosa sola mi sento di dirle. È una citazione: Selvaggia, esci dal tuo tweet!