È morto a Roma l'attore e regista Francesco Nuti, 68 anni, malato da tempo. La figlia Ginevra ha dato l'annuncio in un messaggio comune con la famiglia per "ringraziare di cuore il personale sanitario e tutti coloro che hanno avuto in cura l'attore nel lungo periodo della malattia, in particolare il personale di Villa Verde di Roma". La data e il luogo delle esequie saranno rese note nelle prossime ore. La famiglia chiede che sia rispettato il momento di grande dolore "e per questo motivo non intende rilasciare dichiarazioni". Nuti è stato uno dei grandi talenti del cinema italiano. Ha mosso i primi passi con i Giancattivi, che erano lui, Athina Cenci e Alessandro Benvenuti, prima a teatro e poi sul grande schemo con un film cult come “Ad Ovest di Paperino”. Ha alternato nell'arco della sua carriera grandi successi e altrettanti flop, anche a causa della depressione e dell'alcolismo. Una caduta domestica, le cui cause non sono mai state chiarite, lo ha costretto gli ultimi anni della sua vita in sedia a rotelle dopo aver perso l'uso delle gambe e della parola. Ma l'attore e regista non è stato soltanto un grande personaggio dello spettacolo, perché con la sua speciale ironia ha ispirato tutta una generazione, come quella uscita da una sorta di "scuola toscana" che conta fra le sue fila gente come Leonardo Pieraccioni, Giovanni Veronesi o Giorgio Panariello. E attraverso le sue pellicole ci ha insegnato a vedere il mondo con un altro sguardo. Come quando prese spunto da una sua grande passione: il biliardo.
Nel biliardo sportivo, per esempio, si usa il termine accosto quando non si sa come uscire da una situazione difficile, se non impossibile, quindi si accostano le due bilie e si aspetta che l’avversario esegua il suo tiro per poi poter replicare. Questo onde evitare azzardi e peggiorare una situazione difficile. Meglio attendere. Il re degli “accosti” a biliardo sui biliardi con le buche (dal 1987 si gioca su quelli senza, ai birilli) era tal Paolo “Pulin Casal” Coppo da Torino, e ancora oggi l’accosto perfetto si chiama “accosto alla Paolino”. Quindi perché non approfittare di questa lentezza per apprezzare cose che normalmente facciamo senza rendercene conto? Approfittiamo di questo dono, capovolgiamo il punto di vista pandemico. Mangiare lentamente ed assaporare il cibo, leggere con calma un libro, fare un bagno caldo o una doccia in tranquillità con un sottofondo musicale, alzarci a vedere l’alba o guardare il tramonto respirando profondamente. Parlare con i nostri amici, con il nostro partner ed apprezzare il tempo in più che ci è concesso, senza vederlo come una reclusione forzata ma come un’opportunità di crescita. Alleniamoci a rallentare ed accostare, per apprezzare e imparare a sentire. E ci sono almeno un paio di film che spiegano il biliardo, e che fanno comprendere la passione che c’è dietro di esso.
Uno dei racconti che spiegano per l’appunto (anche a livello onomatopeico) cosa sia il biliardo è quello di Francesco Nuti, in “Io Chiara e lo Scuro”. “Toc, stum, stum, stum, tac, frrr…i birilli in terra”. Non è un suono, è musica”. Cesco era un gran bel talento con la stecca, come spiega nella sua biografia “Ero un bravo ragazzo”, assolutamente da leggere, travolto poi dai suoi errori, tipici dei talentuosi in ogni campo. È eloquente come descriva la stecca da biliardo, di legno o di alluminio, una più passionale, sanguigna, ha l’anima e l’altra più fredda "la stecca di legno c’ha il su ‘cuore, la stecca di alluminio vuole che il cuore tu ce lo metta te”. E quando la bellissima Giuliana De Sio gli domanda: "Ma tu giochi sempre a biliardo?", Nuti le risponde: “Sempre, quando non lavoro gioco e quando lavoro ci penso”. Grande verità per i pasionari.
Nel film successivo, “Casablanca Casablanca” gioca la finale del campionato del mondo contro Domenico Acanfora, argentino. Acanfora in realtà era napoletano ed è scomparso pochi giorni fa, uomo di grande classe. Ecco, per me Acanfora rimane un po' argentino. Come Maradona è napoletano, in un certo senso. Anche Diego Armando è scomparso, vittima del suo talento e dei suoi errori, vederlo giocare dal vivo è stato uno spettacolo indimenticabile, come per i grandi talenti del biliardo, Cifalà, Bombardi, Gomez, Maggio, Quarta, Gualemi, Winkler, Biagini… so di dimenticarne tanti (forse troppi), ci vorrebbe troppo tempo, ma YouTube li ha tutti nei suoi meandri in una sorta di onanismo biliardistico che, di tanto in tanto, va “scaricato”, rivendendo colpi da fantascienza e possibili solo a loro, o a pochi eletti.
Gestire il talento è per l’appunto opera di pochi, difficile, forse innaturale, è più un dare che un ricevere per i talentuosi, il fuoco sacro non è mai spento e richiede spesso nuova legna da ardere, stimoli, calore, passione. “Argentina, grinta Y vida” recitava una canzone dei Timoria, “Sudamerica”, nello splendido testo di Omar Pedrini che la cantava spesso dal vivo indossando la maglia del Flamengo. Come si fa a non vivere una passione così grande senza rimanerne bruciati ma, allo stesso tempo, non farlo con distacco, come diceva Neil Young in “My My, Hey Hey”, “It’s better to burn out than fade away”. Kurt Cobain, che usò proprio quella strofa nella sua lettera d’addio, non riuscì purtroppo a venirne fuori. O sentirla un po’ funky, come fece il grandissimo Renato Sellani, jazzista indimenticabile, nella sua “Funky Billiard”, composta in onore alla sua seconda grande passione dopo la musica. Grande Renè. Lo si fa Lentamente, apprezzando ogni momento, ogni movimento, ogni colpo. E così è la vita. Accostate. E ascoltate con il cuore il talento, ma il vostro, per una volta. Anche amare è un talento, e non è per tutti. Francesco Nuti non ci è riuscito fino in fondo, ma noi grazie al suo esempio possiamo provarci.