Dichiarava di non fare sesso né con single né con donne sposate. E che, se proprio doveva sposarsi, la preferiva “avanzata”, cioè vecchia. Come riportato da Dagospia, in un articolo di Pierluigi Panza, la biblioteca di Bassano del Grappa (dove è conservato il fondo Canova) ha digitalizzato più di seimila documenti. E, presentandoli, si sono scoperte queste sue preferenze sessuali. Più di 200 anni dopo, l’attore e musicista Nicola Vicidomini, ci ha spiegato per quale ragione, in linea con il genio della scultura, anche lui ha dedicato un’opera al gentil sesso un po’ attempato. La canzone che si intitola “Mi piacciono le viecchie”.
“La Dolce Vita di Fellini credo sia il più grande trattato per visioni sulla differenza che intercorre tra due stadi esistenziali che rispondono a dinamiche molto diverse: vivere, ovvero essere nella e della vita - o in ciò che definiamo tale - o negarsi “la vita” per dedicarsi alla realizzazione di un'opera, affinché questa assenza sia in grado di manifestare la medesima vita nell'arte. Marcello, che ha sempre desiderato scrivere un romanzo, si "sconsacra" ad una condotta dissoluta ed edonistica e, nell'ultima sequenza, non è più in grado di ascoltare l'invito della ragazza, spiraglio quasi divino di purezza, la quale cerca di comunicargli che ha finalmente imparato a scrivere a macchina, così come lui aveva suggerito...
Credo che l'abbandono dell'esercizio sessuale da parte di Antonio Canova possa essere riconducibile a questa dinamica fondamentale, ovvero, "affinché le mie opere siano vive è necessario ch'io mi neghi la vita", con dei risultati straordinari. Sfido tutti a non percepire il fluire di una linfa vitale, proprio come quando si tocca una pianta, nel ritrovarsi al cospetto di una statua del maestro, a non prendere atto di un misterioso movimento invisibile che si manifesta attraverso l'immobilità statuaria. Opere più vive di chiunque possa guardarle.
La predilezione di Canova per le "viecchie" coincide con la deposizione della volontà e l'abbandono dell'eros. Soltanto nell'altro dalla vita e dalle sue dinamiche di natura sarebbe possibile restituire la vita attraverso l'arte. Quando ho scritto "Mi piacciono le viecchie" ragionavo sul fallimento della volontà sempre e comunque, le viecchie, simulacro, quasi, senza più desiderio. Le viecchie simbolo di una civiltà dei consumi al suo stadio terminale, dove paradossalmente si consuma addirittura, meccanicamente e automaticamente, da consumati, ciò che è già stato consumato. Dove qualsivoglia impeto erotico o sogno viene stroncato sul nascere, dissolto nel disincanto inesorabile della contemporaneità. Così ho iniziato a scrivere quando ho realmente capito di essere morto, o finito, senza aver mai iniziato. Attraverso quella canzoncina dalle tessiture armoniche complesse, ho cercato di raccontare nella trasmissione Stracult del 2014 e nello spettacolo Scapezzo il fallimento e la fine di tutto, il collasso del senso".