A Euro2020 (così come nell’Ue) abbiamo visto tutti contro l’Ungheria (la stessa Ungheria che prima, quando Orbán era nel partito popolare con la Merkel, invece andava bene), ma sono rimasti tutti zitti contro la Turchia del “dittatore” (cit. Draghi) Erdogan. Contro l’Ungheria “omofoba” si volevano far diventare gli stadi arcobaleno, arcobaleno come le fasce da capitano e come le bandiere degli invasori di campo. Nessuna iniziativa invece contro la Turchia (che tra l’altro non si capisce perché debba e possa partecipare a una competizione europea), notoriamente attenta alle prerogative più progressiste, come dimostra tra le altre cose il fatto che la presidente della Commissione europea Von der Leyen sia stata costretta a sdivanarsi in visita ufficiale perché avevano pensato bene di non prevedere per lei una sedia (ma evidentemente era solo per farla stare più comoda, giusto?).
Tutti inginocchiati, quasi tutti “spintaneamente” (il capolavoro italico è “per solidarietà al Belgio”, qualsiasi cosa ciò significhi: e, spoiler, non significa nulla, a meno che in Belgio durante la notte non sia avvenuta una pulizia etnica di massa). Per cosa? Non si è capito bene, di certo non l’hanno capito i calciatori (per Chiellini è “contro il nazismo”), ma pare sia contro il razzismo. Un gesto introdotto da atleti neri in America, quindi contro il razzismo negli Stati Uniti. Un Paese dove il razzismo è così conclamato dall’aver portato quel popolo, tra le altre cose, a eleggere un presidente nero. E a far diventare milionari e idolatrati quegli stessi discriminatissimi atleti neri che hanno cominciato a inginocchiarsi.
Tutti contro le bottigliette di Coca Cola, perché la Coca Cola mette a repentaglio la linea, mentre si incassano senza colpo ferire gli introiti e il visibilissimo cappello di sponsor che fanno capo a Cina, Russia e Qatar, dove di certo la linea da tenere non è in discussione e dove manifestamente i diritti umani sono una priorità.
E a proposito di Qatar, ci saranno mobilitazioni analoghe a quelle viste e Euro2020 (una manifestazione di un continente in cui, giustamente, i diritti Lgbt sono già ampiamente garantiti) anche ai mondiali del 2022 (una competizione in un Paese dove l’omosessualità è reato e alla quale potrebbero partecipare nazioni che i gay non solo li discriminano, ma li condannano a morte)? O si continuerà per esempio a permettere che le autorità locali non stringano la mano agli arbitri donne? Si persevererà a farà come adesso, dove i profili social dei grandi marchi destinati al mondo arabo (Serie A compresa) “stranamente” sono privi di colori iridati, al contrario di quelli rivolti al resto della platea mondiale? E la Supercoppa italiana si giocherà ancora in Arabia Saudita, dove tra le altre cose c’è appena stata l’esecuzione di un ragazzo colpevole di presunti reati commessi quando era minorenne e nella cui ambasciata di Istanbul è stato uscito il giornalista Khashoggi?
La sinistra sensazione è che le battaglie sui diritti siano considerate meritevoli solo quando non vanno a intaccare interessi economici superiori. Ma se non si ha il coraggio di andare contro i pezzi grossi, è il caso di chiudere il teatrino dei benpensanti a continenti alternati e pensare solo a giocare.