Chi scende in piazza in questi mesi per contestare, che sia contro il Green Pass, la politica o qualsiasi altro motivo, forse non sa che c’è una persona nel lontano ‘66 che coniò per la prima volta proprio il termine “contestazione”. Si chiama Melchiorre Gerbino, classe 1939 e originario di Calatafimi (Sicilia), all’epoca direttore di Mondo Beat, rivista grazie alla quale nacque, appunto, la contestazione giovanile che sarebbe esplosa di lì a poco. Pittore, viaggiatore instancabile e inventore della protesta dei capelloni, il mega raduno alle porte di Milano che in quel periodo venne ribattezzato dai giornali “Barbonia city”, che nel ’67 soltanto l’'irruzione di venti volanti della polizia riuscì a disperdere. Ma il Sessantotto era ormai alle porte. Una stagione che ha anticipato temi che ancora scaldano le società in ogni continente, come i diritti civili, la libertà sessuale o l’attenzione all’ambiente, il tutto predicando la non violenza, il rifiuto della guerra e le regole imposte dai “matusa”, come venivano chiamati allora gli adulti.
Anche in seguito avrà una vita avventurosa, almeno così la racconta, tanto che nel libro del 2004 “I viaggi di Mel” - scritto insieme a Marco Philopat (Shake edizioni) - è possibile conoscere meglio il suo girovagare senza radici: “Dinamitardo della natura umana. Da leader della contestazione si trasforma in istrione, artista, erotomane paradossale, abile provocatore della comunicazione e campione di audience in molte trasmissioni televisive (come al Maurizio Costanzo Show, ndr). A 82 anni, ancora oggi è un grande affabulatore che mischia la storia con la fantasia fino a rendere indistinguibili i due piani. Ora si trova in Malesia, dove lo abbiamo raggiunto telefonicamente. È rimasto bloccato dopo la pandemia arrivando dall’Indonesia e per ora ha deciso di rimanerci. Intanto, ha accettato di ripercorrere con noi alcune tappe della sua esistenza ribelle. Da quando, ancora ragazzino partì per la Svezia per inseguire la bellezza femminile. Il ritorno in Italia e l’impegno nel movimento che favorì la nascita del termine “contestazione” – oggi ormai abusato - in risposta ai fogli di via che gli “contestava” la Questura. E ancora il suo giudizio impietoso su Greta Thumberg (“un prodotto del potere”), sulla politica (“siamo in una dittatura sanitaria”), fino a un incontro clamoroso nel 1978 con Adolf Hitler: “Fu lui a volermi vedere, per conoscere quel che accadeva in Europa”. Difficile credergli, ma lui sostiene che le prove esistano: “Non è morto nel 1945 ma nel 1986 in Sudamerica e Putin ha confermato che i nazisti hanno portato il suo corpo in Antartide per compiere una clonazione”.
Gerbino, cosa ci fa in Malesia?
Sono rimasto bloccato qui durante la pandemia. Venivo dall’Indonesia due anni fa. Sto lavorando molto alla rivista Mondo Beat in inglese, per ricostruire la storia che potete trovare anche sul mio sito. Lì ho documentato e illustrato tutto giorno per giorno.
È vero che lei ha inventato il termine “contestazione”?
I termini “contestare”, “contestazione”, “contestatario” li ho formulati io. A noi le forze dell’ordine inviavano diffide e fogli di via in cui c’era scritto a caratteri cubitali “si contesta che…”. Era una frase che ci tormentava. E così a me è venuto normale parafrasare questa terminologia delle questure. Così, quando mi hanno chiesto “perché protestate?” ho risposto: “No, noi contestiamo”. Subito dopo ho coniato lo slogan “L'inserito protesta, il beat contesta” che ha avuto un enorme successo. Le persone hanno capito che facevamo qualcosa di più radicale che protestare. È stato poi tradotto in tutte le lingue del mondo.
Cos’era Mondo Beat, oltre a una rivista per giovani degli anni ‘60?
Un movimento di massa non violento per l’affermazione dei diritti civili e la salvaguardia dell’ambiente nell’era nucleare. I movimenti precedenti non erano riusciti a mobilitare le masse, solo gli intellettuali dissidenti. Noi fummo i primi a riuscirci. E per contenerci, il “sistema” ha dovuto ricorrere alle bombe, agli arresti, agli sgomberi e ai fogli di via. Poi hanno dato la colpa al fascista o all’anarchico di turno, ma in fondo era il “sistema” che voleva distruggere il movimento.
E come mai ce l’avevano tanto con voi?
Perché il movimento fu importantissimo per far decadere le ideologie. I ragazzi scappavano di casa per cambiare le democrazie occidentali, non con sistemi maoisti o fascisti, ma per migliorarle con il loro impegno sui diritti civili, la salvaguardia dell’ambiente, per una migliore alimentazione. Non volevamo sostituire il “sistema” con un altro “sistema”, ma migliorarlo dall’interno. Senza dimenticare la parte più importante rappresentata dalla rivoluzione sessuale.
Eravate anarchici?
Certo, infatti noi non abbiamo mai cercato il potere, ma di mettere in crisi il potere costituito affinché fosse più umano e ci siamo riusciti. Le persone hanno recepito il messaggio a livello di massa. È stato incredibile perché da un giorno all’altro, è finita la lotta di classe e tutti insieme, dal figlio dell’operaio a quello dell’industriale, erano presenti alla contestazione.
L’apice di quel movimento fu il mega raduno di via Ripamonti a Milano, ribattezzato dai giornali “Barbonia City”.
Lì confluirono ragazzi di tutte le classi sociali e in particolare le donne, che prima in Italia non avevano il velo come nel mondo arabo, ma quasi. Invece, grazie a quel movimento iniziarono la loro strada di emancipazione. Prima tutto questo non esisteva in Italia. Fu un cambiamento radicale, di cui non vogliono parlare solo perché fa ancora paura.
Sull’attenzione all’ambiente avete anticipato Greta Thumberg di più di 50 anni.
Greta Thumberg è solo un prodotto del potere. Una ragazzotta ignorante e che utilizza degli slogan obsoleti. Dice di scioperare per il clima, ma non quale potrebbe essere la soluzione. La catastrofe a cui andiamo incontro è irreversibile. I ghiacciai si stanno sciogliendo e questo non dipende dagli scioperi di Greta. Non c’è la proposta dietro la protesta. Non possono fare nulla. Il livello dell’acqua aumenterà di alcuni metri con le città che saranno allagate e lei viene a raccontare di scioperare.
Rispetto al passato, la politica le sembra più attenta ai movimenti?
La politica è peggiorata di molto, ormai siamo in una dittatura. Stanno facendo queste iniezioni forzate alle persone e dietro tutto questo c’è il famoso piano del Nuovo ordine mondiale.
È contrario alla vaccinazione anti-Covid?
Ma certo, non capisco questa forzatura a vaccinarci con dei farmaci che non sono stati sperimentati e che non fermano l’epidemia creata in laboratorio. È tutta una macchinazione. Spero di sbagliarmi, solo che sono convinto che prima o poi la catastrofe ecologica coinciderà anche quella umana.
Quindi, se fosse in Italia lei sarebbe nei cortei contro il Green Pass?
Diciamo che non hanno bisogno di me, vedo tanta gente che sta contestando giustamente. Io faccio la mia parte. Io sono un viaggiatore. Ho girato il mondo in lungo e in largo, conosco 150 nazioni. Negli anni ’60 quando ero di ritorno dalla Svezia con la mia fidanzata mi sarei dovuto fermare a Milano quattro ore e ripartire per Parigi in treno. Invece facciamo un giro per la città, ci è piaciuta tanto che ho chiamato uno zio in zona e alla fine mi sono fermato due anni. Ma guardi che Mondo Beat ha fatto anche tanto altro.
Per esempio?
Abbiamo salvato Firenze dopo l’alluvione del novembre del ’66. Siamo stati noi di Mondo Beat ad accorrere e l’espressione “angeli del fango” era nostra. I governi non lo hanno mai riconosciuto, ma lo sapevano tutti che eravamo noi ad aver salvato Firenze richiamando tanti altri giovani da tutto il mondo. È proprio in quel fango che si è creato un movimento di cittadini del mondo, perché i giovani stranieri hanno fraternizzato con i beat di Milano. E così siamo diventati la punta più avanzata della lotta giovanile.
Qualche anno fa ci ha riprovato con un altro movimento, stavolta contro il Vaticano che prese il nome di Vafusex, ma ha avuto molto meno seguito rispetto al passato.
Il Vaticano è dietro tante cose che accadono ancora oggi. Il presidente della Repubblica, per esempio, lo eleggono i Gesuiti e non certo la politica. Sono sempre stato contro la Chiesa. Il governo Moro ha distrutto il nostro movimento. La rivista Mondo Beat, che era registrata alla Camera di commercio, all’Ordine dei giornalisti e autorizzata dal Tribunale di Milano, così come la tendopoli che era regolarmente affittata con tanto di contratto e la nostra sede. Tutto regolare, eppure ci hanno distrutto mettendosi anche contro la proprietà privata. Dietro c’era la Chiesa. D’altronde, Aldo Moro era un lugubre sacrestano del Vaticano che ci ha voluto far chiudere tutto per paura della rivoluzione sessuale.
Stavolta però Vafusex non ha preso piede come Mondo Beat.
Il VaFuSex, la cui sigla significa “Vandalica Furia e Sesso, è un movimento telepatico, di cui solo il Manifesto è di scritto. I partecipanti non si conoscono tra di loro, si prefigge dichiaratamente di distruggere le strutture del Vaticano disseminate nel mondo, ritenendole luoghi di pratiche e congiure sataniche contro l’umanità, e di distruggere particolarmente le chiese, facendo però salva la vita degli infelici religiosi che vi sono intrappolati di maniera orwelliana. In un blog della Lega Nord dei tempi di Umberto Bossi, denominato “Fottilitalia”, in cui pubblicavo dei post, io discussi esaustivamente del Vafusex, dopo averlo fondato, e a un giovane che chiedeva esplicitamente cosa fare, fu suggerito di incendiare chiese.
Si rende conto che questa è istigazione a compiere un reato?
Dai tempi della fondazione del Vafusex, migliaia di chiese sono state incendiate nel mondo, fenomeno che prima non si era verificato, tra queste cattedrali famose e famose chiese coloniali, né si è mai saputo da chi, proprio perché il Vafusex è un movimento telepatico che non lascia tracce, e chi può mai andare a scoprire che la tal chiesa è stata discretamente incendiata da un attempato ragioniere che lavora in banca? La stessa Basilica di San Pietro è destinata a essere distrutta. Ciò a me dispiace, perché preferirei che fosse trasformata in discoteca e denominata “Linda”, in omaggio a Linda Lovelace. Ma i maggiorenti satanici del Vaticano non hanno fair play, sono fissati con l’Apocalisse di Giovanni, e finiranno per farla distruggere.
Addirittura, facevate così paura?
La libertà sessuale che abbiamo innescato è stato l’evento più traumatico per la Chiesa dopo la Riforma. Il potere del Vaticano si basa sul controllo sessuale delle persone. Al tempo della contestazione entrò in San Pietro una femminista con il cartello: “L’utero è mio e lo gestisco io”. Questo oggi lo mostrano nelle piazze tutte le donne del mondo, fino all’accavallamento delle gambe di Sharon Stone. Anche grazie a quella rivoluzione il Vaticano si trova in un coma irreversibile. Se non controlla la sessualità perde tutto. Hanno provato a recuperare con il timore dell’Aids negli anni ’90 e ora con il virus creato in laboratorio. Ma stanno raschiando il fondo del barile.
È anche per questo che ha raccontato di essere scampato a diversi attentati?
Eh certo, non so più neppure contarli. Non ricordo le volte che ci hanno provato ad ammazzarmi. Io non ho mai rinnegato il mio passato, anzi, ogni volta mi sono sempre più radicalizzato.
Un attentato che ricorda tra gli altri?
Guardi, non si presentava un gesuita con una pistola in pugno. Le racconto la prima volta hanno cercato di uccidermi. È accaduto in Marocco poco dopo la distruzione di Mondo Beat. Io non ho voluto appoggiarmi a nessuno perché eravamo un movimento anarchico, quindi ho sempre tenuto lontano sia i comunisti che i fascisti o i democristiani. Quando ho previsto che sarebbe esplosa la contestazione studentesca me ne sono andato dall’Italia per far sì che tutto facesse il suo corso. Era il ’67, mi ero trasferito per scrivere un libro e lì mi hanno intrappolato i servizi segreti italiani in combine con quelli americani e marocchini e hanno tentato di uccidermi.
In che modo, scusi?
Con una overdose di morfina! Così agivano e in seguito avrebbero fatto uscire sui giornali dei titoli tipo: “Avete visto com’è morto il drogato di Mondo Beat?”. Uccidevano con le overdosi. Altri rischi simili mi sono successi a decine, forse centinaia. Un’altra con il taser (la pistola elettrica, ndr). Forse le sembrano racconti esagerati, però è tutto vero.
Tanti suoi aneddoti sono presenti nel libro “I viaggi di Mel”. Ma c’è qualcosa che non ha mai raccontato e ora sente di poter dire?
Se glielo racconto non mi crede.
Provi a dirmelo e poi vediamo.
Nel gennaio del 1978 ho incontrato Adolf Hitler ad Asunción, la capitale del Paraguay.
Non se la prenda se stento a crederle…
Vede? E invece è tutto vero. È morto a 97 anni in Sudamerica. Nel 1945 Stalin, pochi giorni dopo che i russi erano entrati a Berlino, dichiarò che Hitler con certezza si nascondeva in Argentina. Lasciò la Germania con cinque aerei che partirono dall’aeroporto di Berlino, raggiunse la Spagna di Franco e da lì, con un sommergibile, arrivò in Argentina. Non solo, due anni fa l'agenzia di stato russa, quindi sotto il controllo di Putin, ha dichiarato che dopo la sua morte, avvenuta nel 1986 in Sudamerica, i nazisti hanno portato il corpo di Hitler in Antartide per compierne la clonazione.
E lei lo avrebbe incontrato ad Asunción in quale contesto?
Arrivavo da New York, dopo un viaggio nelle Americhe di 21 mesi. Ero ad Asuncion da meno di 24 ore, quando di mattino, intorno alle 11, mentre sedevo a un tavolo all'aperto del bar più centrale della città, al mio tavolo, dove ero da solo, venne a sedersi quello che poi, molti anni dopo, avrei capito essere Adolf Hitler. Dopo Mondo Beat sono abituato a essere "intervistato" da funzionari dei servizi segreti dei vari paesi in cui vado viaggiando, quindi pensai che quel signore fosse un funzionario paraguaiano e alle sue domande in inglese cominciai a rispondere in spagnolo, ma siccome il "funzionario" mostrava di preferire di parlarmi in inglese, per cui finimmo per dialogare in quella lingua. Dato che era evidente mi si stesse sottoponendo a un interrogatorio, anche se con molto garbo, io risposi in maniera non molto loquace, ma dicendo comunque la verità, non avendo nulla da nascondere. Alla domanda: "Lei che mestiere fa?" io risposi: "Sono pittore" e Hitler, con una espressione un po' divertita, disse: "Anch'io".
Non poteva essere una persona che semplicemente gli somigliava?
No no, poi mi accorsi che era lui. Purtroppo, solo dieci anni dopo leggendo della sua fuga in Sudamerica. A un certo punto, siccome il sole s'era fatto molto forte, chiesi a Hitler se non fosse il caso che ci sedessimo a un tavolo all'interno del bar, e lui mi accennò di sì con la testa. Entrammo dunque all'interno del bar, io seduto e lui in piedi. Gli chiesi se potevo offrirgli un caffè o qualcosaltro e lui mi rispose di no con un cenno brusco del capo. Infine Hitler mi disse: "Domani vada a visitare il quartiere tedesco di Asuncion" e io gli risposi: "È interessante?" e lui confermò: "Sì". Dopo di che se ne andò. Il nostro incontro durò poco più di 45 minuti. Non ci fu contatto fisico, come una stretta di mano. Il giorno dopo, andai effettivamente a visitare il quartiere tedesco di Asunción e nella serata sarei partito in autobus in direzione delle Cascate dell'Iguazu.
Fisicamente che aspetto aveva?
L’ho trovato benissimo! Così come lo si vede nei video dell’epoca, con i capelli tinti di nero e solo i baffi leggermente diversi, più folti rispetto a prima. Però era energico e un vero signore.
Insomma, tutto sommato un incontro piacevole…
Io non ho simpatie politiche, però come personaggio umanamente lo ammiro. Ha saputo far uscire la Germania dalla sconfitta della prima Guerra mondiale e nella seconda, nonostante abbia perso, mantenne una certa dignità a differenza di Mussolini, che invece si fece ammazzare come un pirla.