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Mafia, petrolio e una bionda come boss: una crime story tutta vera

  • di Giorgetta Pipitone Giorgetta Pipitone

10 aprile 2021

Mafia, petrolio e una bionda come boss: una crime story tutta vera
Riciclaggio di denaro per conto di clan mafiosi, frode fiscale per un miliardo di euro, commercio illecito di petrolio e molto altro. Sembra un film e invece è la vera storia di Anna Bettozzi detta Ana Bettz, capo dell’organizzazione al centro della maxinchiesta Petrolmafia Spa.

di Giorgetta Pipitone Giorgetta Pipitone

La bionda tettona, l’eredità milionaria del marito morto, l’attore amante di copertura, gli intrighi con la malavita, il contrabbando di petrolio, le società fittizie, il riciclaggio di soldi e le corse in Rolls Royce verso Cannes con 300 mila euro in contanti infilati negli stivali a coscia alta. Sembra la trama dell’ultimo crime movie di Guy Ritchie o l’ultima serie tv di Netflix e invece è tutto reale. 
La bionda è Anna Bettozzi, in arte Ana Betz, vedova del petroliere Sergio di Cesare e amministratore di fatto dell’azienda di famiglia Maxpetroli (poi Made Petrol), arrestata insieme ad altri familiari dalla procura di Roma nella Maxinchiesta Petrolmafie Spa che ha visto il coordinamento anche della procura di Reggio Calabria, Catanzaro e Napoli. Come in ogni trama che si rispetti il ruolo della  protagonista è fondamentale e in questa storia, che è costata anni di indagini e ha portato all’arresto di 71 persone e ad un miliardo di beni sequestrati, Ana Bettz è la protagonista perfetta.

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È la regina dei salotti romani, vicina di casa di Berlusconi in Sardegna, eclettica ed esuberante aspirante showgirl. Prova più volte a lanciarsi nel mondo dello spettacolo e grazie ad alcuni contatti incide un paio di canzoni e si esibisce sulle terrazze della costa Smeralda, ma il grande successo non arriva mai. Nel frattempo il marito muore e la lascia amministratrice di fatto della ditta di famiglia. la Made Petrol però non naviga in buone acque e l'ereditiera non sa che fare; qui il primo colpo di scena: Ana entra “casualmente” in contatto su facebook con Alberto Coppola, il tramite della camorra.
A questo punto se fossimo in un film ci sarebbe il piano sequenza di presentazione dei co-protagonisti con tanto di fermo immagine, musica da action movie degli anni 70 e soprannome in bold in sovrimpressione. 
La Bettz decide di convogliare nell’azienda i soldi del clan dei Moccia (di Napoli), dei Casalesi di Armando Schiavone, il nipote di Francesco “Sandokan” Schiavone, e del clan dei Micola, grazie a questo “aiutino", il volume d’affari della Made Petrol passa in meno di 3 anni da 90 a 370 milioni di euro, un dettaglio che non sfugge alla Guardia di Finanza. 

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I soldi sono importanti ma non fanno la felicità, lei vuole di più, vuole la fama. Cominciano le apparizioni su Novella 2000 in cui racconta del suo amore con l’attore Gabriel Garko, ecco che compare l’amante di copertura, sì perché sappiamo tutti che il coming out di Garko è sicuramente retroattivo, i due quindi più che un rapporto sentimentale stringono un rapporto di lavoro. Il 28 febbraio del 2019 la Betz chiama Garko e l’attore si lamenta: “si era parlato di un contratto in un certo modo e a me è arrivato un contratto fatto in un altro, il contratto è da duecento”, “e quanto doveva essere?” Incalza Ana, “Il contratto doveva essere da cento”, risponde Garko, “100 in nero e 100 in fatturato. Il cash prima del contratto”. Il contratto in questione aveva ad oggetto una pubblicità per la Made Petrol con Garko vestito da 007 e la Bettozzi come una Bond Girl. Che bellezza! Un film dentro un film che però è tutto vero. 
I contanti erano ovviamente provenienti dal riciclaggio che la Bettz insieme alla sua famiglia operava per conto degli amici camorristi.

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Ana Bettz e Gabriel Garko

A questo punto la storia si fa ingarbugliata: i Moccia fanno pressione per prendere in mano gli affari ma Ana è una donna forte, non si lascia raggirare e continua a detenere il potere assoluto, non a caso il Gip Tamara de Amicis la descrive nell’ordinanza di custodia cautelare come: “il capo indiscusso dell’organizzazione, più di tutti esperta della materia anche grazie a quanto imparato dal marito” e aggiunge: “nulla si muove senza il suo assenso.” 
Di che stiamo parlando? Anni e anni di film sulla mafia in cui le donne non sono mai contemplate se non per qualche blanda apparizione come capi di clan minori e la moglie trofeo Ana Bettz, dal nulla, si inventa capo di una organizzazione multimilionaria e tiene a bada ben 4 clan mafiosi senza battere ciglio; se non altro le femministe dovrebbero esserne fiere.

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E arriviamo al fatidico giorno dei soldi negli stivali. Anna si dà appuntamento con Gabriel Garko a Cannes, per sfilare sul tappeto rosso insieme, mano nella mano. Durante il tragitto la sua Rolls Royce viene fermata a Ventimiglia, al confine tra Italia e Francia, per un controllo causale della Guardia di Finanza e le trovano 300 mila euro infilati dentro gli stivali. Qui voliamo a livelli altissimi: nel mentre i finanzieri finiscono di perquisire i bagagli l’avvocato della Bettz, ovviamente anch’esso coinvolto, le intima di nascondere la chiave (della cassetta di sicurezza n.d.r) nella tasca dell’autista. Anna fa di meglio: gli dice di mettersela nelle mutande, ma i suoi tentativi sono vani e la chiave viene trovata; la cassetta di sicurezza conteneva circa 730 mila euro. 
Siamo all’epilogo della storia: quando i finanzieri sono andati ad arrestarla la Bettz ha avuto un malore e adesso è in clinica. 
Se fosse un film questo sarebbe il finale aperto perfetto per una seconda puntata ma la vita vera è più imprevedibile della fantasia. 

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