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I nomadi digitali e i travel influencer zaini in spalla hanno rotto il caz*o. Da Gianluca Gotto a Francesca Ruvolo: perché non dovreste imitarli

  • di Federico Giuliani Federico Giuliani

3 agosto 2024

I nomadi digitali e i travel influencer zaini in spalla hanno rotto il caz*o. Da Gianluca Gotto a Francesca Ruvolo: perché non dovreste imitarli
Quante volte avete letto in giro la storia della coppia che decide di mollare il lavoro per iniziare a viaggiare in giro per il mondo? Quante altre volte, invece, sui social vi siete imbattuti nei profili di nomadi digitali/travel blogger/backpacker – non si sa bene come definirli - ben felici di condividere le foto delle loro avventure nei posti più entusiasmanti del pianeta? Bene: guardate pure i post che condividono, perché alcuni sono oggettivamente belli, ma non ascoltate i loro consigli. Vivere allo stato brado soltanto per il gusto di farlo ha infatti un senso solo se si hanno alle spalle le giuste risorse. Da Gianluca Gotto alla coppia Luca Pezzolo e Alessandro Zorzin, chi sono i nuovi guru di questa tendenza sempre più diffusa

di Federico Giuliani Federico Giuliani

Premessa doverosa: ognuno gestisce la propria vita come meglio crede. Se qualcuno intende smettere di lavorare per iniziare a viaggiare senza sosta, e ci tiene così tanto a far sapere al mondo intero dei suoi spostamenti, al punto da dover gestire quotidianamente un profilo Instagram, con tanto di foto, storie e reel, quel qualcuno è liberissimo di farlo. Che il nostro mister X abbia mollato tutto perché stanco della routine in ufficio – per inciso: non è una punizione ma è semplicemente la stessa routine di milioni e milioni di italiani – o perché stressato dai ritmi di Milano o Roma, o perché ancora stanco della vita di provincia, o ancora perché desideroso di scoprire i cinque continenti, non dovrebbe riguardarci più di tanto. I problemi, semmai, iniziano nel momento in cui si moltiplicano articoli nei quali i giornalisti di turno esaltano, a priori, questo particolare modus vivendi, ben sapendo (o sperando) di suscitare nei lettori invidia e alimentare un effetto emulazione. Già, perché magari molti nomadi digitali/travel blogger/backpacker – non si sa bene come definirli – intraprendono una scelta così radicale dopo aver studiato un piano per il futuro ed essersi assicurati di avere a disposizione finanze sufficienti con le quali coprire le spese necessarie. Eppure i media – e molti di questi nuovi guru - amano mostrarci una sola faccia della medaglia: quella del “mollo tutto e parto all'avventura”.

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Il "nomadismo digitale" sta diventando, per dirla in termini brutali, una scusa per fuggire dalle proprie responsabilità
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Non abbiamo alcuna intenzione di sminuire il Gianluca Gotto di turno, semplicemente vogliamo criticare – questo sì – un modo di vivere troppo spesso semplificato e dato in pasto ad una mandria di giovani e giovanissimi confusi. Pronti a consumare, senza riflettere, qualsiasi cosa venga servita nel loro piatto. A proposito di Gotto, lui è uno dei viaggiatori italiani più famosi che ha fatto della libertà il suo way of life. Non è un nullafacente. Al contrario di molti suoi colleghi, ha sempre lavorato da remoto e dunque si definisce un nomade digitale: una persona, in sostanza, che utilizza le tecnologie digitali per lavorare da remoto, guadagnandosi da vivere e conducendo uno stile di vita nomade. Il giovane, classe '90, ha vissuto in Australia, Canada, Thailandia, Bali, Cambogia, Vietnam, Malesia, Hong Kong... Ha scritto un libro per Mondadori che ha riscosso un discreto successo, “Le coordinate della felicità”, al quale poi seguiranno “Come una notte a Bali”, “Succede sempre qualcosa di meraviglioso”, “Pura Vida” e “Quando inizia la felicità”. In sostanza, Gotto ha scoperto di sentirsi vivo al di fuori della comfort-zone. Ne parla nei suoi volumi, che stanno ispirando migliaia di ragazzi a seguire le sue orme. Intento nobile, per carità, ma come detto prima, senza un filtro e a causa dei social, il nomadismo digitale sta diventando qualcosa di molto pericoloso oltre che noioso.

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Gianluca Gotto è uno dei viaggiatori italiani più famosi che ha fatto della libertà il suo way of life

Sta diventando, per dirla in termini brutali, una scusa per fuggire dalle proprie responsabilità. Per scappare da problemi, qualunque essi siano, ma anche per dare l'impressione di essere migliori dei poveri idioti che ogni giorno, per 5 o più giorni a settimana, si alzano presto per timbrare i loro cartellini. Il problema dei nomadi digitali/travel blogger/backpacker è che alimentano sogni e desideri nocivi, perché non tutti si trovano davvero nelle condizioni di inseguirli. Quanti possono veramente permettersi di smettere di lavorare, o hanno la fortuna di trovare un'attività praticabile da remoto, per imitare il Gotto e compagni? Pochissimi, eppure i nuovi guru del viaggio perpetuo sembrano ignorarlo. Chi sono i più famosi in Italia? Impossibile stilare una lista completa. Dando un'occhiata in giro, i profili che tornano più spesso sono quelli di Luca Pezzolo e Alessandro Zorzin (su Instagram: @the_globbers), che si descrivono come “viaggiatori full time dal 2015”, quello di Francesca Ruvolo (@wildflowermood), un' “imprenditrice atipica” che vive “in viaggio da 9 anni” e si sposta con un furgoncino e del citato Gotto. Insomma, ognuno faccia pure ciò che vuole. Voi sappiate però che, quando vi trovate di fronte profili del genere, c'è sempre qualcosa che non sapete. Nessuno ha cambiato vita dall'oggi al domani, e se avete dei problemi sappiate che non scompariranno se iniziate a barboneggiare da un continente all'altro, cercando di imitare (fallendo) i vostri guru preferiti (che almeno ce l'hanno fatta, lavorano e hanno realizzato i loro desideri) e dando l'impressione di essere liberi (quando in realtà diventerete schiavi degli algoritmi dei social e dei vostri follower). Altra cosa: se vi imbattete in un articolo intitolato "perché dovete lasciare tutto e viaggiare", non apritelo nemmeno. Diffidate di chi pensa di aver capito il senso della vita e decide, per qualche strana ragione, di insegnare il suo “segreto” al prossimo.

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