Una donna sarebbe perfetta senza le sue imperfezioni? Una canzone degli Smiths sarebbe mai una canzone degli Smith senza la voce trascinata di Morrisey? La vita di un mito sarebbe mai la vita di un mito senza cadute e fallimenti? E quindi: Le Mans potrebbe mai essere Le Mans senza quelle sensazioni di imprevedibilità date dalla pioggia e dal vento che vanno e vengono continuamente? Ieri, dopo le qualifiche, una parte dei piloti ha detto di sperare in un cambiamento di date per questa tappa del Motomondiale. Sarebbe preferibile, sostengono, correre prima della pausa estiva, per avere un asfalto più asciutto, più sicuro, e meno imprevisti.
Ma fermi tutti, Le Mans è diventata Le Mans proprio per la sua pericolosità, per il suo meteo schizofrenico, per la sua imprevedibilità e bizzarria. Siamo o non siamo quelli che ogni volta tirano fuori il discorso che le vere moto erano le 500, che la MotoGP non deve rincorrere la Formula Uno, pianificatrice e omologatrice? Le corse di moto (e quelle di auto) si porteranno sempre dietro una percentuale di imprevisto elevato, nonostante tutta la volontà di pianificare e regolare che contraddistingue gli organizzatori dei campionati. Le Mans di questa percentuale di imprevisti ne è l’emblema, la sua estremizzazione.
Le Mans è uno di quei circuiti dove la capacità di gestire l’imprevedibile è fondamentale. Sia chiaro, qui non stiamo facendo i cantori dell’insicurezza o l’elogio alla nostalgia della serie: “I piloti duri e puri erano quelli che correvano col casco jet”, siamo consapevoli che i passi in avanti fatti per eliminare gli incidenti sono sacrosanti, ma a tutto c’è un limite: se vuoi diventare campione nel mondo di MotoGP devi sopravvivere a Le Mans. E non a una Le Mans assolata, più approcciabile, no: devi cavartela in una Le Mans fradicia, bagnata, nervosa, antipatica. Se no facciamo il Mondiale in una pista unica (qualcosa mi dice in Arabia Saudita...) in un unico periodo dell’anno o al coperto, sempre nelle stesse condizioni meteo, e festa finita.
Tutta sta pappardella per dire che quando Quartararo e Vinales appoggiano la tesi di un cambio di data in realtà stanno proponendo di rendere la MotoGP più prevedibile, scontata, facile da interpretare. Anche Pecco Bagnaia, ha detto: “Preferirei una Le Mans o completamente asciutta o completamente bagnata”. Eh no, altrimenti non sarebbe Le Mans. Sarà un caso ma nel cuore della gente entrano o hanno la capacità di entrarci quelli alla Jack Miller che dicono: “Il bagnato? Sono fiducioso, devo tenere a bada il mio polso destro”. Tradotto: Le Mans è una bestia da gestire ed è la sfida di un pilota saperlo fare. Marquez si è spinto oltre: ”Spero che piova”. Lo spera perché una guida sul bagnato gli consentirebbe un minor sforzo sul braccio infortunato, ma anche perché lui punta alla vittoria in ogni caso (cosa improbabile in condizioni normali) e non ha paura di rischiare, alla faccia di chi diceva che non sarebbe tornato quello di prima: “Fateci caso - ha detto - sono caduto solo nelle curve a sinistra dove potevo spingere di più”. Appena se la sentirà di rischiare di cadere sul destro lo vedremo alla ricerca del punto limite, sempre, esattamente come prima. E sulla inadeguatezza di correre in questo periodo a Le Mans e di spostare le date? Nessuna parola. Vale invece ha risposto così: “Non so se possa essere la soluzione”.
No, lo ripetiamo, non lo è. Perché se ti vuoi guadagnare un campionato del mondo la prova Le Mans va superata. Vale per i piloti, i telemetristi, i meccanici, tutto il team. È anche e soprattutto sulle gare come Le Mans che si misurano l’intelligenza, la capacità di saper leggere una situazione difficile e trarne il possibile (che non per forza può voler dire vincere, ma anche solo limitare i danni), di provare a rischiare più degli altri sapendolo fare, di sfruttare invece di subirla, tutte qualità che chi vince il Mondiale deve dimostrare di avere. Conclusione: chi vince il Mondiale deve passare il test Le Mans. Ma una Le Mans così, imprevedibile, che come ha spiegato Rossi “ha visto il meteo cambiare tre volte in 15 minuti”, non una Le Mans standardizzata, ammaestrata. Le Mans deve restare un cavallo indomabile. Così ci piace.