A questo serve ricordare: a sapere, conoscere, capire cosa sia successo, chi c’era, chi non c’è più, che storia aveva, quanti e quali gesti di grande coraggio abbiano avuto luogo in una determinata circostanza, quanti e quali errori siano stati commessi, e non per illuderci che tragedie non ne accadano più ma perché quel sapere metta radici, perché germogli nella memoria anche di una sola persona che magari un giorno, oggi, domani o tra dieci anni, si ritroverà a fare delle scelte che avranno un impatto sulle persone che le circondano e forse, così, avrà uno strumento in più per prendere le decisioni giuste.
È a questo che serve ricordare. Lo dice Pablo Trincia nell’ultimo episodio del podcast Il dito di Dio. E ho pensato a queste parole quando questa mattina ho letto di un ragazzino di 12 anni picchiato in un parco di Campiglia Marittima, provincia di Livorno, da due ragazze poco più grande di lui. La sua colpa? Essere ebreo.
Le due ragazze gli hanno sputato addosso, gli hanno detto: ti mettiamo nel forno, devi morire. Il 27 gennaio è la giornata della memoria. Spesso capita di sentire che gli anniversari non servono a granché, che il vero razzismo - come se ce ne fosse uno vero e uno finto - non esiste più, come non esiste più il fascismo o il nazismo.
Magari sì, non esistono più nella forma politica, sono irrisori, ma come atteggiamento sono ovunque. Le minoranze, ricordiamocelo oggi anche in ambito sanitario please (ogni riferimento vax no vax non è casuale), vanno tutelate. Le diversità pure. Questo è qualcosa che abbiamo guadagnato con le guerre, i morti, le condanne, il coraggio, gli sforzi di chi c’era e di chi non c’è più.
Ho pensato anche a Liliana Segre, deportata in un campo di concentramento a soli 13 anni, e a ciò che racconta: della mano che ha lasciato del padre quando è scesa dal treno arrivato ad Auschwitz per mai più ritoccarla, e di quella che non ha dato a una sua conoscente, scelta che le ha salvato la vita perché lei, la conoscente, con tutta la sua fila è finita in un forno, mentre lei, la piccola Liliana, alla fine è sopravvissuta. Per il suo novantesimo compleanno ho scritto una cosa banale, scontata, ma di cui spesso ci dimentichiamo come tutte le cose banali e scontate. Che ogni volta che emarginiamo qualcuno dobbiamo essere consapevoli che il passato ci ha già dato torto. E che il futuro continuerà a darcelo. Sì, a questo serve ricordare.