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Il Dilemma dei social:
che vita sarebbe senza di loro?

  • di Ester Viola Ester Viola

15 ottobre 2020

Il Dilemma dei social: che vita sarebbe senza di loro?
A dieci anni dalla nascita di Instagram, il documentario che tutti hanno visto spinge a chiedersi come vivremmo senza i social network. Un bilancio che ancora s’ha da fare e che nulla toglie all’unico argomento da opporre agli allarmisti: se siamo sopravvissuti alla televisione, sopravviveremo anche a Mark Zuckerberg

di Ester Viola Ester Viola

Non fatevi abbattere il morale. Ogni tanto come i regali riciclati ci tocca il libro, il documentario e la serie che spiegano il periglio dei tempi moderni per scioccare noi borghesi studiati. Ultimamente ci hanno messi in riga, su piattaforma a pagamento, con codesto “The Social Dilemma”.

Avvalorato nella gravità da soggetti narranti che erano ex impiegati pentiti delle multinazionali cattive (Facebook et alios), ci avvertono e ci consigliano di stare accorti: i social vi plagiano, siete robottini nelle mani di qualcuno, le fake news vi scavano fossi nell’inconscio, i giovani sono rimambiti dai pallini rossi delle notifiche, vi stiamo avvelenando coi like, in fondo a destra c’è la fine del mondo.

Avendoci molto tempo di sera causa riduzione assembramenti e vite solitarie, l’abbiamo visto tutti. Il docu-film-testimonianza è stato accolto con ovvi cori di: «ottimo!», «i miei figli hanno disattivato le notifiche!» e dall’altra curva gli altrettanto prevedibili «proprio Netflix! Che pulpito! la piattaforma che ha il problema di non farci dormire troppo per tenerci incollati!», «diciamo le solite cose da quindici anni», «due palle». 

Insomma, prima di tutto c’è da notare che è tornato in voga il genere vi-sto-avvertendo-prima-che-sia-troppo-tardi. Michael Moore. Ve lo ricordate? Ancora non c’era un autore convincente per il panico informato e ben confezionato prima che arrivasse lui. Il Chiara Ferragni dello psico-terrore.

Ora però ragioniamo. Da quant’è che abbiamo la vita in bilico? Voi ricordate un paio d’anni in cui mancava qualcosa che ci attentasse la salute mentale? Siamo di carne debole e nervi molli. La miseria umana è tutta qui: nell’essere predisposti a certe dipendenze. L’ho letto in un’intervista a uno psichiatra titolato e da allora non mi sono più fatta troppe domande. Passi ore in palestra e hai le crisi se salti un giorno? Il problema è essere predisposti alle dipendenze. Ti trovano a correre pure in tangenziale sotto la neve? Il problema è essere predisposti alle dipendenze. Insisti con uno che non ti vuole da sette anni? Il problema è essere predisposti alle dipendenze. Guardi le notifiche? Ut supra. 

Avete mai visto i bambini di tre anni davanti a quei video YouTube con lo slime? Il sistema nervoso non farà molti progressi, cambierà solo lo slime. La specie umana non è in grado di buttare il cervello oltre l’ostacolo che ci si fissa per certe cose.

Di sensato – a un decennio da Instagram e quasi due da Facebook – c’è solo un bilancio.

La domanda penso sia questa: considerate le tre aree di produzione d’umana felicità - amore, professione, tempo libero/svago - i social mi hanno portato più danno o più utile?

Per l’accusa:

  1. Sei sempre lì. Sai tutto, leggi tutto, ingoi tutto. Inevitabilmente del tempo si perde. Studio e lavoro risentono. Uno con la propensione a distrarsi non ce la fa a restare desto.
  2. La massa è stronza: vedrai utenti innocui mandati al cappio per qualsiasi imbecillità. Spera che non capiti a te.
  3. La massa è scema: oltre alle notizie false, crea mostri di celebrità capaci di circuire spiriti più deboli e vendere pure il sale grosso a trenta euro. È un mestiere che fiorisce per bellezza e accumulo: non conta proprio moltissimo essere brave, conta essere più carine delle altre e aver dato tutto gas con le foto all’alba dei social.
  4. Dismorfia e sistema dei valori: ai genitori del futuro prossimo toccheranno sforzi educativi inauditi per convincere una tredicenne che un esempio di successo non è Giulia de Lellis ma Kamala Harris. I genitori facciano uno sforzo pure loro per sapere chi è Kamala Harris invece di chattare in privato su Instagram.
  5. Il tradimento sentimentale è fluidificato, aiutato, favorito. Fin lì sarebbe niente. Il problema è che fluidificato aiutato e favorito è pure il cornuto nelle indagini. A sapere tutto non ci vuole niente.

Per la difesa:

  1. se scegli il social giusto, incontrerai spiriti affini che difficilmente avresti avuto il tempo di cercare e incontrare fuori nel mondo prendendo treni e aerei.
  2. Se sai fare molto bene qualcosa, qualcuno riuscirà a vederla anche se vivi su un colle uso a pastorizia in provincia di Avellino. La chiamarono globalizzazione e si parlava di multinazionali, quella dei social è globalizzazione privata, ad hoc, a beneficio del singolo. Finché c’è internet, c’è speranza. Internet è il contrario di oscurità.  
  3. Sull’amore, v. punto 1. Basta non finire nella trappola “scriversi sempre vedersi mai”, coi social è difficile non trovare fidanzati.
  4. Sono ottimi anche per le separazioni. C’è il sollievo di una comunità che fa schifo quando c’è da fare schifo, ma poi riesce a essere solidale coi dolori. La massa è sempre prontissima a consolare, pure quelli che pubblicano foto di manganelli verranno a darti una pacca sulla spalla se ne hai bisogno. Bicchiere mezzo vuoto: ma è solidarietà virtuale. Bicchiere mezzo pieno: meglio di niente.
  5. La distrazione. La distrazione è dio che ti benedice togliendoti i pensieri. Sei nervoso, agitato, triste? Cercati qualcosa di fesso on line, ti sentirai meglio. Senza i social, nel lockdown, vi volevo vedere.

Ci siamo salvati dalla televisione e dal telefono cellulare, ci salveremo pure da internet. Quello dei social è un dilemma tascabile, la serva (noi) faccia i suoi conti a casa sua: sono più le volte che m’hanno aiutato o quelle che m’hanno ammazzato? Dove va l’ago della bilancia, andremo pure noi. Senza fare troppe storie.

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