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Il Rinascimento è nero: Michelle Obama intervista Amanda Gorman

  • di Giulia Toninelli Giulia Toninelli

6 febbraio 2021

Il Rinascimento è nero: Michelle Obama intervista Amanda Gorman
La consapevolezza, fa grande Amanda Gorman. Perché a ventidue anni sa l'effetto che fa, il messaggio che porta, il segno che ha lasciato, lo scorso 20 gennaio, sul palco dell'Inauguration day di Joe Biden. E sa che non è sola, perché la sua strada è quella di un Rinascimento della cultura afroamericana, in parte reso possibile anche da figure come Michelle Obama che, per la nuova cover del Time, l'ha intervistata

di Giulia Toninelli Giulia Toninelli

Dicono non possa fare la modella, Amanda Gorman. Perché i poeti non posano, gli scrittori non firmano con agenzie di modelli, gli intellettuali non escono dalla scatola in cui sono chiusi. Dicono così, a una ventiduenne che in un capotto giallo, lo scorso 20 gennaio, ha stregato tutti, rubando la scena alla coppia Biden-Harris nel corso dell’Inauguration Day a Washington.

E lo dicono perché fa già paura così, una che a poco più di vent’anni non solo sconfigge un disturbo dell'elaborazione uditiva, ma fa delle parole la sua vita. Una che si laurea ad Harvard, che vince premi su premi, che fa sentire la sua voce, a sempre più persone, fino a trovarsi sul palco più importante del mondo. Vallo dire tu a chi la critica, che un contratto con un’agenzia di modelli non dequalifica il suo lavoro, o prova a spiegarlo che non è stata certo la prima, e non sarà l’ultima intellettuale a uscire dalla scatola. Edoardo Sanguineti per Carrera posò nel 1997, seduto di sbieco su una sedia girevole, in blue jeans. Amanda Gorman non era ancora nata. 

Ma già qualcuno, lontano o vicino che fosse, le apriva una strada. Perché lei lo ripete spesso, nelle interviste o nelle sue poesie, che il suo non è percorso solitario. Parla di comunità, di aggregazione, di porte che vanno aperte per permettere a tutti di passarci attraverso. È un pensiero giovane, come lei, e combattivo, come la sua generazione. Dipinta insipida, da chi non l’ha vissuta, troppo facile, per chi la descrive. La Gorman si fa quindi paladina di una gioventù che prima di poter dimostrare qualcosa, sembra sempre dover chiedere il permesso. Un malessere che negli ultimi anni è diventato quello del suo paese e che le ha permesso di costruire il suo successo.

Amanda rappresenta quello che gli Stati Uniti vogliono ritrovare, per cui credono valga ancora la pena lottare: una gioventù, una forza di rinascita, un patriottismo. 

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Concetti che sembrano più grandi di lei, stretta in un’età che non la definisce, ma che in una lunga intervista per il nuovo numero del Time vengono a galla, dando ancora più valore a parole come razza, rinascimento artistico, comunicazione. Dall’altra parte, a fare le domande, c’è una Michelle Obama pungente, senza strascichi. Una donna che ha provato su di sé il peso del colore della pelle. Ai tempi della corsa alle presidenza di Obama era Michelle, quella che soffriva di più. Lui era un comunicatore, lei no. Lui funzionava, lei no. Lui sapeva parlare ai bianchi, lei no. Ha preso sulle spalle un peso, facendo parte di un cambiamento. Michelle è oggi uno dei motivi per cui al fianco di Joe Biden c’è oggi Kamala Harris, e anche del perché sul palco più importante del mondo - il 20 gennaio - è potuta salire Amanda Gorman. 

È un Rinascimento nero. “Un momento importante della storia dell’arte creata dai neri perché stiamo vivendo un momento importante nella vita delle persone nere”. Musica, cinema, poesia, scrittura. Gli Stati Uniti feriti degli ultimi anni stanno scoprendo se stessi dentro uno slancio artistico, i cui più vivaci protagonisti sono i membri della cultura afroamericana. Un passaggio di consegne continuo, una enorme contaminazione artistica e sociale, che vediamo anche nell’intervista stessa. Figure come quella di Michelle Obama hanno cambiato profondamente le possibilità, e le prospettive, di personalità incontenibili come quella di Amanda Gorman, e ora la contaminazione è inversa: “La tua poesia The Hill We Climb mi ha profondamente commossa, ma era qualcosa che andava oltre. Era la tua presenza sul palco, la fiducia che trasudavi come una giovane donna nera che aiutava a voltare pagina verso un capitolo più pieno di speranza nella leadership americana”. 

Amanda lo sa, sa l’effetto che fa. Sa che i suoi messaggi sono politici, divisivi, criticabili. “Mai sottovalutare il potere dell'arte come linguaggio delle persone” spiega la poetessa, perché “il nostro istinto è di rivolgerci alla poesia quando cerchiamo di comunicare qualcosa che è più grande di noi. Non è un caso che alla base della Statua della Libertà ci siano dei versi”. 

La consapevolezza, fa forte Amanda Gorman. A tratti risponde come farebbe una ragazza della sua età, dice che “Lady Gaga ha spaccato” e Michelle Obama le fa qualche domanda da mamma indagatrice. Ma questo non la ridimensiona, anzi. Saper parlare di razza senza scadere nel vittimismo, di attivismo senza cadere nel buonismo, senza mai però perdere l’inquadramento della conversazione, rende gigantesca Amanda. E ancora più piccoli i suoi detrattori, convinti che il vero problema sia che una poetessa non può fare la modella.

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