Doveva succedere prima o poi. Quando ti senti investit* del compito divino di fare la punta al cazzo a chiunque proferisca verbo, quando te la senti così calda da non poter fare a meno di insegnare agli altri come si vive, quando ti senti un Highlander del giusto pensiero unico (ne resterà soltanto uno, il mio), quando, sui social, tagli teste che manco Christopher Lambert, qualcuno che provi a fare la punta alla tua, prima o poi, lo trovi per forza.
I fatti, arcinoti al popolo di Twitter (quindi a nessuno): Imen Jane è a Palermo con una sua amica, Francesca Mapelli, Director Southern Europe i-D & i-Deas. L’ex volto di Will Italia posta una storia che ritrae la Mapelli, mentre si rivolge a una terza persona dicendole, testualmente: “Domani, anziché prendere 3 euro all’ora, te ne prendi 30 a fare la guida per Palermo a noi milanesi rompicoglioni”. Sopra al video, Imen aggiunge la frase: “Qui @fmapelli mentre racconta al proprietario del lido come ci sia rimasta male oggi quando una commessa non le ha saputo raccontare la storia del negozio. La ragazza ha risposto dicendo di non essere pagata abbastanza per informarsi. A quel punto Mape le ha detto che se si fosse informata avrebbe potuto avere l’occasione di essere pagata tra volte tanto come guida turistica”. A seguito della pubblicazione di questa storia, le due protagoniste del video sono state subissate di critiche, cosa che ha portato, nell’ordine:
- Imen Jane a cancellare la storia;
- Will Italia a postare una montagna di storie sostenendo di non avere più a che fare con Imen Jane, se non per una quota di minoranza che la società non è ancora riuscita a riacquisire, a seguito dello scandalo scoppiato lo scorso anno quando si è scoperto che la stessa Jane non fosse in realtà laureata;
- Imen Jane a pubblicare un video di scuse, perpetrando il meccanismo del senso di colpa cattolico (azione-scuse-pentimento-sottomissione);
- Vice Italia a pubblicare un’altra storia in cui prende le distanze dalla Mapelli (senza mai nominarla) e sostenendo di aver avviato una indagine interna (*foto di Barella con le mani a cucchiaio*);
- l'internet a sostenere che Chiara Ferragni avrebbe chiesto a Trashitaliano di cancellare il video della storia pubblicata da Imen Jane e poi cancellata perché lei e la Mapelli sono amiche;
- Fedez a pubblicare una serie di storie negando la questione.
Ora, che il clima iper competitivo di alcuni settori forgi personalità di questo tipo è una circostanza contro cui migliaia di persone si trovano a dover fare i conti, ogni giorno, nella propria vita lavorativa e non solo. Che si parli di servizi (banche, società di consulenza, studi legali), moda o comunicazione (solo per citare gli esempio più eclatanti), la categoria antropologica incarnata dalle protagoniste di queste vicende e da altri illustri colleghe/influencer è densamente rappresentata.
Ma la cosa più interessante di questa vicenda è, in realtà, rappresentata dal fatto che a sparare ad alzo zero contro questi personaggi sia quella stessa utenza che ne ha fatto la fortuna e quello stesso network da cui le sventurate del giorno provengono.
Lavori con Vice (gente che fino a dieci anni fa metteva foto di culi in copertina e che adesso ha fatto del ditino alzato la propria professione)? Vice prende le distanze da te, perché, indovina un po’, oggi sei tu quella che è uscita dal seminato di ciò che si è deciso si possa dire e non si possa dire.
Hai una fanbase di n mila persone che ti seguono perché come lo spieghi tu alla gente come deve lavorare nessuno mai? Bene, quella stessa gente ora lo sta spiegando a te.
In circostanze normali, qui a MOW, avremmo probabilmente imbastito una campagna contro chi pretende non ci si possa esprimere come meglio si crede. Ti stanno sulle balle le commesse di Palermo? “Ma non rompete fatele dire quello che vuole”, avremmo scritto. Ma in questo caso le cose sono diverse. Qui non c’è nessuna battaglia per la libertà da combattere, perché alla base di quelle frasi, alla base dell’idea di dire una minchiata, filmarla e pubblicarla pure, alla base di quel cinque compiaciuto, alla fine del video, non c’è nessun intento di esprimere la propria opinione, quanto piuttosto l’idea di ergersi a portavoce di una categoria che ritiene impropriamente di essere semplicemente migliore di ciò che la circonda. Una linea per terra, un recinto: i bravi da una parte, quelli che non sanno cosa significhi “identità di genere” dall’altra. Come il matto della barzelletta, chiedono attraverso le sbarre del manicomio “In quanti siete là fuori?”, senza accorgersi che, ad essere relegati da questa parte, a ricevere un calcio nel sedere e finire (in senso metaforico, ma anche no) in mezzo alla strada, basta davvero un attimo. E poi a chi lo racconti come si fa a campare?