Immanuel Casto non può essere riassunto in poche righe, il Casto Divo, come lo chiamano i suoi fan che a tratti lo vedono quasi come una figura dogmatica, è un artista vero e poliedrico di cui io sono un'assoluta fan da tempi non sospetti. Cantautore, performer, game designer e dal 2019 anche presidente del Mensa Italia. L’ho intervistarlo con un'ansia da prestazione che mi ha fatto barcollare: dire una sciocchezza di fronte al Casto Divo è cosa pericolosamente facile.
Il tuo ultimo singolo è D!ck Pic: raccontami com'è nato.
“D!ck Pic esce dopo una pausa (forzata) di tre anni dall’ultimo disco e volevo innanzitutto riprendere le fila del discorso. Questo brano unisce le mie due anime artistiche: quella giocosa e quella più profonda, sensibile. La canzone è ispirata a una poesia di Viviana Viviani. È stata scritta assieme al mio storico collaboratore Stefano Keen Maggiore, avvalendoci della preziosa consulenza di Romina Falconi”.
"Non mandarmi il tuo cazzo in chat, dei miei sogni lui che ne sa.
Cita Hegel, cita Kant, ma non mandarmi più il tuo cazzo in chat"
Immanuel Casto in "D!ck Pic"
A tuo parere, perché il "cazzo in chat" è stato così sdoganato dagli uomini? Davvero si ottiene qualcosa con questa tecnica? È un problema che vedo emergere da tempo, ma sempre con maggiore prepotenza.
“Non posso fare assurgere la mia esperienza personale a statistica, ma la mia impressione è che sia una pratica particolarmente diffusa tra uomini narcisisti, che pensano persino di fare un dono a chi riceve la foto (ovviamente non richiesta) del loro pene. Come se trovare foto di peni oggi fosse faticoso. E no, non credo che riscuota alcun successo. Da quel che ho avuto modo di capire, anche basandomi sulle risposte al mio brano, la reazione alla dick pic si colloca su di un gradiente che va dal disgusto all’indifferenza. Nel complesso è vissuta come una molestia”.
Torniamo al tuo singolo, D!ck Pic: credi che qualche uomo si farà un esame di coscienza? O l'obiettivo era altro?
“Mi piace pensarlo. D!ck Pic è un brano che parla anche di vulnerabilità, del coraggio di mettersi a nudo, per davvero. Se non altro credo di aver fatto sentire molte persone capite”.
Se la dick pick alle due di notte non ti seduce, cosa per te è eroticamente efficace?
“In questo momento fatico a risponderti. La pandemia ha avuto un impatto catastrofico sulla mia libido. È davvero molto difficile che qualcosa mi ecciti. O forse sto solamente invecchiando! Detto questo, sto migrando sempre di più verso la cosiddetta sapiosessualità, ma come condizione necessaria e non sufficiente. Vale a dire che se non provo attrazione fisica, magari a causa di caratteristiche troppo lontane dal mio gusto, nessuna stima intellettuale riuscirà a farmi superare il rifiuto. Ma quando l’attrazione fisica c’è, può bastare una frase per farmi passare l’interesse. Non so dire se stia diventando troppo selettivo, o se invece sia una sana manifestazione della progressiva conoscenza di me stesso, per cui so ormai con esattezza cosa voglio”.
Da anni sei un "cocktail umano": empatia, intensità, intelligenza, scurrilità, irriverenza, crudezza..."agitato, non shakerato". Non hai il timore di poter essere frainteso, preso poco sul serio o di confondere con questa ecletticità?
“Non è un timore: so per certo che succede. Sono profondamente grato al mio pubblico che apprezza la stratificazione di quello che faccio e il mix che descrivi, ma so anche che un osservatore più superficiale si può fermare unicamente a una delle componenti di quel mix. Permane una sorta di stigma per cui ciò che concerne la sessualità è vile, volgare. E avviene lo stesso per la comicità, che culturalmente giudichiamo più «bassa» rispetto a proposte artistiche che, per quanto vacue e ripetitive, utilizzano un registro più serio. Nel mio caso spesso unisco temi concernenti la sessualità a un registro ironico, quindi devo combattere un doppio pregiudizio. Ma è una lotta artistica che vale assolutamente la pena di condurre. Vedere poi il mio pubblico apprezzare le mie canzoni, farle loro, farne degli inni, è meraviglioso”.
Da sempre ti esponi moltissimo in merito alle tematiche legate al mondo Lgbt… Non posso non chiederti un commento sul ddl Zan.
“Ho iniziato a parlarne al mio pubblico prima ancora che divenisse (per fortuna) popolare. Sono assolutamente favorevole al ddl. Una tutela contro ai crimini d’odio che può interessare ogni persona, poiché tutti abbiamo un genere, un’identità di genere, un orientamento sessuale e tutti possiamo sviluppare una disabilità. Questa è la prima legge veramente intersezionale. Inoltre, ampliando la legge già in vigore, si abbatte il doppio standard per cui è più grave discriminare in base al credo religioso che in base, per esempio, all’orientamento sessuale. Devo solo ammettere che il dibattito sull’argomento ormai è profondamente inquinato. Chiaramente il grosso lo hanno fatto i detrattori, delirando di sdoganamento della pedofilia e di bambini costretti a fare sesso con animali (sì, le argomentazioni social sono di questo livello), ma anche le persone a favore hanno fatto ampio uso del populismo, senza nemmeno spiegare (o forse leggere?) il testo del ddl”.
Tu che idea ti sei fatto di un personaggio come Fedez? Premetto che a me piace, ma improvvisamente (e inaspettatamente) è diventato un paladino delle minoranze e del mondo Lgbt in preda a un’apparente crisi di coscienza.
“Gli sono grato per il modo in cui ha deciso di esporsi, usando la sua visibilità a favore di categorie marginalizzate. Poi diciamo che la caratura dei suoi interventi non è magari quella che vorrei trovare nel dibattito politico, anche considerando quante altre voci competenti meriterebbero di venire ascoltate, ma parto dal presupposto che nessuno debba niente a nessun altro e quindi apprezzo e ringrazio”.
Immanuel Casto da un lato è un musicista di successo e dall’altro il presidente del Mensa Italia. Come convivono queste due figure? Si tolgono qualcosa a vicenda o si aiutano?
“Per la precisione, direi che Manuel Cuni è presidente del Mensa Italia. A vicenda, si tolgono tempo, ma credo sia assai maggiore il mutuo aiuto. Da un lato, le mie risorse come personaggio pubblico mi stanno aiutando a dare visibilità ad una realtà che merita di crescere. Il Mensa è una grande occasione di incontro, un gruppo selezionato di persone fra cui trovare quelle con cui ci sentiamo più affini. Dall’altro, mettermi alla prova con tematiche al di fuori della mia confort zone e con un’esperienza di leadership, mi sta dando tantissimo. Sento di essere cresciuto molto nell’ultimo anno e mezzo. E ho voglia di trasporre in musica questo percorso”.
Hai scritto “Spero di aver chiarito che il Casto Divo non fa reggaeton estivi”. Cosa dovrebbe capire la gente?
“Niente. Ma già se mi dici «la gente» a me prende male. Posso riassumere la mia visione così: quando guardo alle masse divento pessimista, quando guardo ai singoli divento ottimista”.
Dove sta andando il Casto Divo?
“Sono sempre più consapevole del mio essere multipotenziale e quindi dell’esigenza di portare avanti più percorsi contemporaneamente, pena patire la frustrazione del sapere che non sto coltivando il mio talento. Continuerò quindi a fare musica, con la speranza (riferito all’impatto della pandemia) di poter pubblicare un disco nel 2022, con un tour dedicato. Per la mia gioia abbiamo appena però annunciato uno show speciale all’Alcatraz di Milano, per il 6 gennaio. Tornare sul palco sarà come tornare a casa. Continuerò a creare giochi; la mia passione per il game design non fa che crescere e anche su questo fronte ci saranno delle belle sorprese. Continuerò il mio percorso come figura pubblica, dal mio lavoro come postacuorista per Gay.it al Mensa. Intendiamoci, in termini di stress è uno strazio. Sono sempre sull’orlo del burnout. Se già una carriera è stressante, immaginiamoci tre. Ma la verità è che non ho scelta”.