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Instagram elimina i post di MOW: ecco come i social hanno ingabbiato internet

  • di Ray Banhoff Ray Banhoff

20 aprile 2021

Instagram elimina i post di MOW: ecco come i social hanno ingabbiato internet
Da strumento di diffusione delle informazioni durante la primavera araba a multinazionali che fanno profitto coi nostri dati. I social sono le nuove scuole di pensiero e gli intellettuali hanno perso la loro occasione per farsi sentire. Il prezzo? La censura cambia la nostra cultura.

di Ray Banhoff Ray Banhoff

Mi cascano veramente le palle. Lo dico come va detto, come ne parlerei con una persona nella realtà, senza preoccuparmi di nessuna responsabilità morale che secondo alcuni dovrei avere perché scrivo su un giornale. Se cercate un maestro di vita andate dal prete, oppure virate su un guru. Anzi no sceglierete un giornalista, oggi è così che chiamano chiunque scriva. Per questo non ho mai voluto esserlo e non mi iscriverò mai all’albo. Un mio pezzo pubblicato su Mow è stato rimosso da Instagram e Facebook senza spiegazioni, come sempre (loro non devono dare spiegazioni, devono solo incassare soldi con i tuoi dati e le tue sponsorizzazioni) quando si toccano certi argomenti.
Si trattava di un racconto ironico in prima persona che conteneva più volte la parola con la F, come la chiama Massimiliano Parente su Il Giornale.
Mi fa ridere scrivere la parola con la F senza scriverla davvero. Il mio cervello sa che se la metto, così come se uso la parola con la N, rischio di essere segnalato, bannato, isolato. Un brand potrebbe non affidarmi un lavoro perché mi considera maschilista (io non posso però contrattaccare dicendo che non hanno il senso dell’umorismo?), un datore di lavoro potrebbe licenziarmi perché sostiene che sono omofobo (io? Omofobo perché ho scritto un pezzo in cui scherzavo in prima persona sull’ambiguità sessuale?). Il cervello incamera, il corpo impara a evitare il concetto. Facebook mi educa, pazzesco.

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L’aspettò più triste è che tutto questo accade perché qualche analfabeta funzionale che si crede un esempio morale mi segnala. Instagram non è che ha il tempo di controllare, di leggere, di chiedersi cosa c’è che non va, Instagram per tener buono il denunciante, nel dubbio, elimina te.
Questa roba è una merda. Una merda ignobile.
La tristezza non sta tanto nel fatto che gli idioti moralisti possano fare cricca ed espellerti ma nella triste verità: i social sono un bluff. Funzioni solo se sei omologato, se sei come l’algoritmo vuole. 
Decine di bagasce con dei profili da bagasce possono mettere foto da bagasce e fare soldi vendendosi su altri social paralleli e spacciandosi per influencer, gente che produce spazzatura vomitevole come la Dark Polo Gang riesce a riciclarsi come fenomeno culturale degno di nota e finisce per avere pure una serie tv su Netflix, mostri sacri del pensiero unico come Scanzi e la Murgia o la Lucarelli vivono blasonando chi non gli obbedisce o scatenandogli addosso shitstorm e questo è tollerato.

Visualizza questo post su Instagram

Un post condiviso da DPG (@darkpologang)

Il paradosso è che Internet doveva liberarci invece è sempre di più una gabbia. Torneremo a fare le fanzine cartacee sottobanco come nei ‘90? 
Esiste un web fuori da Google? Esiste un mondo fuori da Instagram e Facebook? Come è che non lo incontriamo più nella vita di tutti i giorni? Siamo tornati a Lutero che stampava le bibbie clandestine?
La storia della libertà di pensiero è ricca di momenti come questo, solo che ci eravamo illusi di non doverli più affrontare. Il fronte per la libertà intellettuale è questa scissione: internet vs social. Ormai i secondi hanno cannibalizzato il primo ma a differenza del primo sono dei club privè in cui diventiamo soci solo cedendo i nostri dati o pagando le sponsorizzate e ci va pure bene.
Non ho mai sentito in Italia un intellettuale scagliarsi contro Instagram, approfondire, schifarsi. Vedo però i politici che diventano influencer, parlano come loro, agiscono come loro. Lo sfogo di Grillo in difesa del figlio, le sparate di Salvini, sembra IG ma è la realtà. Chi ha influenzato chi?
 

Visualizza questo post su Instagram

Un post condiviso da Beppe Grillo (@beppe_grillo_)

Nel frattempo alle cene o in una discussione con gli amici hai paura a dire una frase sconveniente, ti senti in colpa a fare una battuta. Nell’America iperbigotta e moralizzatrice la giornalista Bari Weiss del New York Times perde il suo posto perché denuncia che le pressioni dei social ormai dettano la linea editoriale alla testata. Da noi ora c’è la grande battaglia del DDL Zan che però delude molte donne e crea malumori anche a sinistra ma se te ne tiri fuori sei un omofobo. Eppure sono questi gli effetti del DDL, dici la parola F anche per scherzo (i veri F però sono esentati? Loro possono dirla? A loro daremo un pass che certifica che solo i veri F possono dire F?).
Pazienza per il mio post rimosso, davvero... chi se ne frega. la tristezza sta nel fatto che è tutto così tollerato, che abbiamo creato solo il dark web che al massimo è una subfogna di inculatori seriali, spacciatori e pedofili come luogo alternativo alla navigazione.
La censura crea mostri e non è mai servita a niente. Tra qualche anno spero potremo ridere di queste boiate, sempre se non saremo tutti lobotomizzati.

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