Nel gergo biliardistico il filotto è il tiro con cui si abbatte la fila di birilli centrale, che di norma ha lo stesso valore del birillo rosso, se abbattuto da solo. L'allegoria è abbastanza evidente, preferiamo un insieme di cose o qualcosa di unico?
Preferiamo andare fuori carreggiata e magari trovare una perla, un posto magico, una persona unica o continuare ad essere soddisfatti di un mix di cose che possono darci le stesse sensazioni?
D'altro canto amare, mangiare e, perchè no, anche morire sono tutte cose che andrebbero fatte con il sorriso sulle labbra, che rappresenta il filotto, la linea, il vero binario del nostro umore. O, viceversa, è più facile anelare ad un birillo rosso? La Bulbarelliana "ciliegia"?
Spesso frequentiamo persone che non sanno dove andare nella loro vita con il serio rischio di confondere la nostra strada, e perdere il senso del nostro percorso. Possiamo non conoscere la strada, ma non la destinazione finale, la strada, la troveremo lungo il percorso.
In tempi come questi, "policromatici", il rischio serio è di dimenticare l'aggregazione per dedicarsi all'emarginazione, alla solitudine emotiva, amorosa, lavorativa. Non permettete che vi accada. Non si può morire dentro cantava Gianni Bella negli anni 70. E non si deve. Mai.
Penso che il birillo rosso possa essere visto come la nostra identità, unica, colorata, facilmente riconoscibile. Il filotto è la nostra capacità di stare con gli altri, mantenendo la nostra connotazione, le nostre caratteristiche peculiari. Ma anche di vivere le nostre emozioni in solitaria, talvolta, viaggiare con la mente senza dover prendere l'autobus delle 4:20 come fanno in troppi, purtroppo. Ritroviamo l'amicizia, che non è presente solo alla bisogna, i nostri veri amici sono i nostri pusher di felicità a piene mani.
E poi spazio alla fantasia: abbiamo il tempo per lasciare libero il cervello, per farlo viaggiare nello spazio e nel tempo, per immaginare, come dicevano i Traffic nella loro "Dear Mr. Fantasy", di cui fu ricreata la versione perfetta, dal vivo, dalla magica accoppiata Jerry Garcia e Brent Mydland, alias Grateful Dead - non che Winwood, Capaldi e soci fossero rubbish, ma il trip di Mydland (e non solo in senso lato, purtroppo) la rese incredibile. D'altro canto quasi tutti i miti della musica anni 60-70-80 sono morti, spesso precocemente, ma ci hanno lasciato il diritto, e il dovere soprattutto, di far vivere i loro sogni cancellando i fantasmi che li avevano purtroppo accompagnati. Tra le cose da non fare nella vita ci sarebbe quello di suonare le tastiere nei Grateful, per l'appunto, li hanno fatto filotto nello scomparire in serie tragicamente....
Ecco... se mi chiedessero dove andare, se potessi tornare indietro nel tempo, direi a fare un bel filotto di concerti di artisti che non ho potuto (o voluto, testa dura e male educata alla musica in giovane età) vedere dal vivo. Penso sarei in ottima compagnia. Frisco anni 60/70. Cazzo che storia, che musica, che ideali, forse (sicuramente) rivenduti anche meglio di quelli che erano, ma tant'è'. Come disse qualcuno, "In un mondo pieno di Kardashian, sii una Stevie Nicks".
I tempi moderni ci concedono il tempo ed il lusso di risentirli oggi, nel tempo che ci è concesso, se lo consideriamo come un dono e non un obbligo. Il Mio, il Vostro "filotto" di note.