Sono stato due giorni all'Elba solo con Virginia, prima che cominciasse la scuola. Di una piccola isola mi piace tutto, la distanza che percepisci, il mare che separa, la terra che vedi laggiù, lontana, la gente, soprattutto quando è poca. Abbiamo passeggiato a lungo, siamo andati a rivedere i posti dove lei si può dire sia cresciuta visto che in questa frazione che si chiama Cavo ci viene da sei anni, come Agata e come Orlando. Siamo tornati nelle case dove abbiamo passato le ultime estati, quella con il giardino dove strusciava per fare i suoi esercizi e quella dove io e sua mamma abbiamo vissuto la separazione. E poi abbiamo visto lo scoglio dove mi tuffo con Agata, il molo dove pesco con Orlando. Poi ci siamo fermati davanti a un albero di fichi. Ne parlavo proprio qualche giorno fa, spiegavo a Marta che quando ero ragazzino, in campagna, era bello andare con i miei nonni a prendere i fichi dai rami per mangiarli subito e che era uno di quei gesti che mi manca, che non me la ricordo l'ultima volta che l'ho fatto e soprattutto che l'ho fatto con loro e non me la ricordo semplicemente perché non lo sapevo che sarebbe stata l'ultima, però mi ricordo tante altre volte che è successo, e una di queste è stata sicuramente la prima.
E me la ricordo perché ero lì, ero presente. Ché essere presenti è il primo requisito per farsi amico il tempo. Ché se togli tutto alla fine restano i sapori, gli odori, i sensi, e che tutto quello che facciamo lo facciamo mossi principalmente dalle emozioni e dalla necessità. Mica da altro. La vita è roba per chimici. Ogni primo giorno si porta dietro un sovraccarico di ansia, ansia di non sentirti pronto ma se sei lì è perché pronto, in qualche modo, lo sei, anche se magari sarai l'ultima persona a scoprirlo. Ansia per Virginia, perché con una bambina disabile la lancetta dell'incognita segna sempre qualche chilo in più; per Orlando, che entra alle medie, e per Agata perché comunque i giorni come questi scandiscono una stagione. Poi è tutto nella mia testa, nella testa di un genitore, nella loro magari no.
Passeggiando per l'Elba sono andato in un punto dove andai con Orlando piccolino, un angolo di scogli, quando arrivarono improvvisamente delle onde alte e raccontando quel momento a Virginia ho pensato che la paura può essere anche una sensazione sana. È sana quando ti avverte che c'è qualcosa che non va e capisci che è l'ora di andartene o quando ti avverte che è arrivato il momento di superarla. Poi davanti all'albero di fichi mi sono sporto per prendere i più maturi. Uno per me e uno per Virgy. Non era mai successo prima. Li abbiamo morsi e le ho detto di chiudere gli occhi. La consapevolezza. L'essere presenti perché solo quando si è presenti si riesce a sentire, a provare qualcosa addosso e dentro.
Ho già scritto che il primo giorno è solo il primo giorno. Perché poi si cambia, si cresce, succede ogni giorno qualcosa. E su questo non ho mai mentito: nessuno ha mai detto che sarebbe stato facile. Sei pronto alle medie? ho chiesto a Orlando qualche ora fa. Insomma, ha risposto. Ma le cose arrivano quando è il momento che arrivino. Anche se siamo gli ultimi a scoprirlo. Abbiate cura di voi figli miei. E puntate alle stelle. Qualsiasi cosa significherà per voi. Avere qualcuno che è qui per darvi supporto e conforto, a cui dire un segreto, fare una domanda, è tanto se non tutto. Nessuno ha mai detto che sarà facile, ma è proprio questo il bello. Non è molto, ma fidatevi, forse basta.