Meglio un Checco Zalone che cento Achille Lauro. Meglio fare ridere mettendoci di fronte alle nostre miserie e contraddizioni che cercando a tutti i costi di fare scandalo, fare l’artista, fare cosa? Checco Zalone ieri ha travestito di comicità tre temi seri, serissimi, e li ha portati sul palco davanti a tutti. Il primo: i trans. Molti lo hanno attaccato perché ha fatto ironia su drammi personali. O perché, tipo Luxuria, ha abbinato le parole trans e prostituzione. Ma per favore. Ma vi rendete conto che Zalone ha posto il problema dell’accettazione sociale dei transessuali su Rai Uno? Al Festival di Sanremo?
Ma cosa criticate, dai. Piuttosto parliamo del problema in sé, non di Zalone se ha fatto bene a farlo, se è stato irrispettoso o no. E quando questo succederà ricordiamoci che lo stiamo facendo per merito di un attore comico che per gli intellettualoni artistoidi italiani rappresenta l’italiano medio. Invece no. È molto più italiano medio autobattezzarsi e prendere di mira la religione Cristiana, ed è facile, troppo facile, oltre che da italiano medio. È molto più italiano medio fare il finto ragazzo di strada, come fa Achille Lauro da una vita, che prendere in giro i finti ragazzi di strada rap/trap, come ha fatto Zalone nella seconda scena che ha portato all’Ariston.
E vogliamo parlare della terza, del virologo da Cellino San Marco, il cugino di Al Bano, che deve dire grazie alla pandemia per essere diventato più famoso di Al Bano stesso? Geniale. Geniale perché Zalone è riuscito a mettere dentro una gag, in un colpo solo, tre elementi dell’attualità: il Covid, Sanremo (attraverso uno dei suoi simboli) e la scalata mediatica dei vari Bassetti e Zangrillo e Burioni e Pregliasco che presto si ritroveranno nel pieno di una crisi di visibilità.
È questa la differenza tra Zalone e Achille Lauro: le provocazioni di Achille Lauro sono fini a sé stesse, personaggio costretto a inventarsene sempre una più forte di quella precedente per far parlare di sé e soltanto di sé. Zalone invece, con la sua comicità, va oltre se stesso e dirige l’attenzione sul tema che affronta. Ha fatto bene? Ha fatto male? Ma chi cazzo se ne frega! È stato il suo modo di affrontare un argomento che da oggi ha la possibilità di diventare mainstream come non lo è mai stato. Se non lo diventerà perché più che parlare dei problemi dei trans si parlerà di Checco Zalone sarà un’occasione persa. Prima di tutto per Luxuria e tutti quei benpensanti e buonisti che lo criticano e che hanno a cuore tutte queste tematiche arcobaleno. O è solo una finta? O anche tutti questi non vogliono altro che si parli solo di se stessi come succede ad Achille Lauro? In attesa della risposta avanti così Checco. Ne vogliamo cento, mille, milioni di Zaloni!