In lingua araba esiste un preciso termine, che è definito dall'espressione “Taharrush Gamea” o “taharrush jama-i” e illustra quella che è una “molestia collettiva” che viene svolta da un gruppo di uomini, spesso nei confronti di una o più donne e in occasione della baldoria conseguente alle celebrazioni delle festività. I primi casi di questa specifica tipologia di molestie pubbliche, nei confronti delle donne, sono documentati in Egitto nel 2005-2006 in occasione della seconda più importante festività religiosa della cultura islamica, la “festa dell'interruzione”, che è successiva al noto periodo del digiuno. Successivamente queste specifiche molestie sono diventate frequenti nella nota piazza Tahrir del Cairo, a partire dalle proteste nel 2011, come strumento per impedire fisicamente alle donne di partecipare agli spazi pubblici durante la rivoluzione egiziana di quel periodo.
In pratica è la medesima molestia di gruppo, con vittime almeno cinque donne, che è avvenuta in piazza del Duomo a Milano pochi giorni fa, così come durante i noti fatti a Colonia e in un'altra quindicina di città in Germania nel 2016, in cui si contarono oltre 1.200 denunce da parte di cittadine tedesche e turiste straniere, aggredite da gruppi di uomini di origine nordafricana. Nonché proprio a Capodanno e proprio a Milano, esattamente 13 anni fa: nel 2008. Infatti questa particolare aggressione sessuale di gruppo ai danni di due donne, madre e figlia, è già avvenuta nel capoluogo lombardo proprio durante le festività di Capodanno, organizzate dal Comune di Milano e a poche centinaia di metri da piazza del Duomo. Come riportano le cronache giudiziarie dell'epoca: una mamma di 48 anni e sua figlia di 21, furono vittime di ciò che anche la Storia e il Cinema nel secolo scorso hanno documentato come "le marocchinate", ma nel pieno centro di Milano e tra migliaia di persone che festeggiavano all'interno del Castello Sforzesco. Le due donne si sono ritrovate infatti accerchiate da un gruppo di numerosi nordafricani sconosciuti, che le hanno circondate, gettate a terra, spogliate di pantaloni e biancheria, per infilare le mani e le dita ovunque nelle loro parti intime
Autori di tale aggressione sessuale furono riconosciuti cinque uomini, tutti egiziani: Ibrahim Mohamed Raafat e Abd El Alim Sobhy, entrambi muratori egiziani. E, secondo quanto riporta Il Corriere della Sera del febbraio 2009, le parole dell'allora dirigente di Polizia, Francesco Messina, furono: "Abbiamo fermato gli altri tre egiziani. Uno, Allaa Abou Radi, 30 anni, regolare, da sei anni in Italia, era appena rientrato dal suo Paese dove era andato a sposarsi dopo la violenza di gruppo. Il novello sposo è stato riconosciuto dalle due vittime ed è finito a San Vittore", che aggiunse anche: "Gli altri due, uno dei quali ha 16 anni, sono stati denunciati a piede libero per gli stessi reati perché le due donne non li avevano visti in faccia. Abbiamo però la certezza che i due erano in piazza del Cannone a quell'ora e in quel giorno". Da notare che, già 13 anni fa a Milano, gli aggressori sessuali erano cittadini regolarmente in Italia o minorenni di seconda generazione e che, i gravi fatti di entrambi i casi milanesi del 2008 e del 2021, sono avvenuti durante la più atea e occidentale delle feste: il Capodanno.
Nonché con la medesima tecnica di accerchiamento e metodologia di molestia per mezzo delle mani, secondo quanto ha dichiarato lo scorso 7 gennaio all'Ansa una delle due turiste tedesche che ha presentato formale denuncia a Mannheim, in Germania: «abbiamo provato a respingerli, la mia amica li ha colpiti e ha dato schiaffi ma loro ridevano e hanno continuato a molestarci, avevo 15 mani addosso», che ha aggiunto: «La polizia ci vedeva e non ha fatto nulla, non so dire perché, è stato scioccante, perché non possono non averci viste». Il video, ha proseguito, «è solo la parte finale di un'aggressione durata 10 minuti».
Quindi sorprende che nessuno a Milano, tra: autorità, istituzioni e media, si sia ricordato il medesimo caso di cronaca avvenuto pochi anni prima e proprio durante il Capodanno nel capoluogo meneghino. Nell'attuale inchiesta della Squadra mobile si indaga con l'ipotesi di "violenza sessuale di gruppo" per modalità che ricordano ciò che avvenne nella tedesca Colonia di 6 anni fa, ma non nell'italiana Milano di pochi anni prima. Secondo quanto riporta l'Ansa è "un fatto gravissimo e senza precedenti" è stato riferito in Procura, ma in realtà quel precedente a Milano c'è già stato.
La memoria corta di Milano, non riguarda solo la cronaca giudiziaria, ma pure quella "bianca": "Un fatto gravissimo non degno della nostra città", ha dichiarato infatti il sindaco di Milano Beppe Sala, senza però ricordarsi anch'egli dei fatti all'interno del cortile di proprietà del Comune di Milano e dei successivi arresti a primavera del 2009. E senza ricordare le dichiarazioni di un politico poco di sinistra come Riccardo De Corato, che era il vicesindaco del Comune di Milano, di cui Beppe Sala era ai tempi il direttore generale, su chiamata dell'allora sindaco e attuale assessore regionale, Letizia Moratti. Ma non è una novità che l'attuale amministrazione di Milano ha una corta memoria e solo a servizio d'interesse: un altro recente e lampante esempio è il caso dell'icona mondiale dello Sport, lo Stadio di San Siro a Milano, che il Comune non intende preservare per le generazioni future, che non vedranno l'edificio citato da Jannacci e pertanto si oppongono, con sobria dignità meneghina, numerose associazioni cittadine.
Anche l'altra faraonica impresa rispecchia l'attuale linea politica del governo di Milano, che intende lasciare la firma personale ad memoriam sulla città: la costruenda passerella in vetro, con cui il Comune di Milano intende modificare la piazza del Duomo a favore del più modaiolo museo della città: il Museo del Novecento, in cui il Comune ha speso parecchie risorse economiche e umane fin dal 2010, a partire dalle mostre ad personam e scambi di favori privati con ruoli pubblici come raccontato in parte anche da MOW, passadno anche per continue finiture alla contigua via Marconi dove ha sede, non a caso, l'adiacente e confinante Banca Intesa, la cui figlia dello storico Presidente è anche la fidanzata e compagna di vita proprio del sindaco di Milano, Beppe Sala. In una parola, in milanese: istess.
Ma oltre al terzo ampliamento e restyling in meno di un decennio, per il museo puramente scenografico di proprietà del Comune di Milano, il caso forse più eclatante della continua omessa memoria del capolouogo è forse la strage del cinema Eros: sei vittime bruciate vive nel 1983 in viale Monza a Milano, dal duo terroristico neonazista Ludwig composto da Marco Furlan e Wolfgang Abel. Sebbene sia la seconda strage cittadina per numero di vittime, dopo la nota bomba di Piazza Fontana, il rogo del cinema Eros non viene mai ricordato dalle istituzioni milanesi e non esiste nemmeno una targa commemorativa al numero civico dove sorgeva. E meno che meno è stato mai durante lo scorso quinquennio dell'attuale sindaco Beppe Sala. Il motivo è presto detto: il cinema Eros era un cinema a luci rosse e i cittadini vittime, anche se il sindaco si mostra sorridente a favire di obiettivo con indosso i calzini arcobaleno alla bisogna, quando egli aveva 25 anni, per le cronache cittadine gli spettatori di tale cinema: "erano degli invertiti", usando il termine con cui si definivano all'epoca le persone con inclinazioni sessuali che discostavano dalla comune morale. Da notare che tra le sei vittime di quella strage di quasi 40 anni fa, una è un passante che si era gettato tra le fiamme per soccorre e salvare alcune tra le trenta persone rimaste all'interno.
Considerata la grande lacuna nella memoria di Milano, MOW sottolinea quindi che i continui casi di questa specifica tipologia di molestie sessuali di gruppo, che ha come autori uomini di origini nordafricane e che ha come vittime donne occidentali, non è affatto senza precedenti a Milano e che anzi occorre ricordarsi la Storia, recente e passata, proprio perché non si ripeta. Come invece è avvenuto e forse proprio a causa dello stile in voga al Comune di Milano: ricordarsi la Storia, ma solo quando serve per conseguire i propri e attuali fini.