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Molise, una regione
e un solo medico per abortire.
Michela Murgia: «Obiezione di coscienza
vera dittatura sanitaria»

  • di Redazione MOW Redazione MOW

26 luglio 2021

Molise, una regione e un solo medico per abortire. Michela Murgia: «Obiezione di coscienza vera dittatura sanitaria»
L’avviso pubblico per reperire altri medici non obiettori è stato una chiamata nel vuoto. Così per il ginecologo Michele Mariano è arrivata la proroga, che lo terrà in servizio all’ospedale Cardarelli di Campobasso fino alla fine dell’anno. Come mai? «Chi fa aborti non fa carriera» ha spiegato. Sul caso è intervenuta anche Michela Murgia

di Redazione MOW Redazione MOW

«Ho rinviato la pensione per garantire la 194 in Molise». È piuttosto incredibile la storia raccontata da Repubblica, attraverso l’intervista al ginecologo Michele Mariano. In pratica l’unico rimasto non obiettore in tutto il Molise. Il medico, che lavora al Cardarelli di Campobasso ha spiegato la situazione delle interruzioni volontarie di gravidanza nella sua regione e che a 69 anni si è sentito in dovere di rimandare la pensione: «Per sostituirlo non si è fatto avanti nessuno - si legge nell’articolo -. L’avviso pubblico per reperire altri medici non obiettori è stato una chiamata nel vuoto. Così per Mariano è arrivata la proroga, che lo terrà in servizio all’ospedale Cardarelli di Campobasso fino alla fine dell’anno. La caccia al sostituto continua, ora è stato bandito un concorso. Intanto, da pochi giorni, l’Azienda sanitaria ha assegnato al Dipartimento Ivg la ginecologa Giovanna Gerardi, che affiancherà Mariano per 18 ore a settimana. Una buona notizia, che però non basta a tranquillizzare i sostenitori della 194».

Ma come mai in Molise nessuno ha risposto al bando? Mariano non ha dubbi: «Perché chi fa aborti non fa carriera: trovatemi un primario che ne faccia. In Italia c’è la Chiesa, e finché ci sarà il Vaticano che detta legge questo problema ci sarà sempre. Ci sarà sempre un vescovo che chiama il politico di turno e si assicura un primario non obiettore per un pugno di voti. E poi perché la maggioranza dell’opinione pubblica — e dei colleghi — considera chi pratica le Ivg come qualcuno da mettere da parte, ginecologi di serie B, che fanno qualcosa di brutto. Io qui sono “il medico degli aborti”: si scordano che faccio anche partorire».

E così, una intera regione è rimasta con un solo medico che si presta a far abortire le donne perché, ha aggiunto, “la legge lo consente, e allora la battaglia va fatta a monte: già all’università, non bisognerebbe permettere a chi vorrà fare il ginecologo di diventare obiettore. Poi bisogna impedire che un ginecologo possa scoprirsi di colpo obiettore dopo essere stato assunto magari con un concorso bandito per garantire l’applicazione della 194. In Svezia, i ginecologi che rifiutano di praticare le Ivg vengono licenziati, perché un aborto è parte del loro lavoro. In Italia no: si fanno assumere, diventano obiettori e arrivederci. La lotta va condotta a livello nazionale, su scala locale si può fare poco. Poi è vero, le amministrazioni territoriali trascurano il problema, ma anche un direttore generale non può mettersi contro una legge che permette ai medici di esercitare un diritto». Ma nonostante tutto, non sente la fretta di dover andare in pensione: «Ne ho di tempo davanti per bighellonare al mattino e la felicità di far nascere bambini mi spinge a continuare. Ma ho la sensazione che, dati i tempi dell’Italia, non si riuscirà a fare questo concorso per quando me ne dovrei andare».

E sul caso è intervenuta anche la scrittrice Michela Murgia sulle pagine di Repubblica: “La vera dittatura sanitaria viaggia sotto il nome di obiezione di coscienza, viene agitata da decenni in tutte le strutture sanitarie e, benché metta a rischio il diritto alla salute psicofisica di oltre la metà della popolazione, non fa alcun rumore”.

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