Mario Draghi eroe dei diritti Lbgt e paladino del fronte anticlericale? Non così in fretta. Dopo le parole in Parlamento con le quali ha commentato la notizia della lettera del Vaticano sul ddl Zan, il presidente del Consiglio è stato osannato dal fronte progressista, con più di un giornale che gli ha riservato l’apertura in prima pagina. Ma Draghi ha detto cose così clamorose? No, tant’è che lui stesso ha ammesso che le sue erano “considerazioni ovvie”. E infatti il titolo di apertura sulla prima di Repubblica era, virgolettato (come se non fosse un dato di fatto), “L’Italia è uno Stato laico”. Quasi in fotocopia quello del Corriere, “Il nostro è uno Stato laico”. Ma davvero? La notizia da titolone ci sarebbe stata se il premier avesse detto il contrario.
Scorrendo poi le sue altre dichiarazioni, Draghi ha messo in chiaro che la patata bollente del ddl Zan non riguarda il Governo, ma il Parlamento: come dire, fatevela fuori tra voi. Al riguardo il presidente del Consiglio peraltro ha dichiaratamente sottolineato di non voler “entrare nel merito della questione”, aggiungendo però che “il Parlamento è libero di discutere”, perché “il nostro è uno Stato laico, non è uno Stato confessionale”. E ci mancherebbe altro.
Anche volendo interpretare quelle di Draghi come parole “bastone” il Vaticano (e non parrebbe il caso, per quanto il tono sia stato leggerissimamente enfatico), subito comunque è arrivata la carota nei confronti della Santa Sede: “Il nostro ordinamento contiene tutte le garanzie per assicurare che le leggi rispettino sempre i principi costituzionali e gli impegni internazionali, tra cui il concordato con la Chiesa”. Anche in questo caso la notizia ci sarebbe stata se il premier avesse detto di aver intenzione di non rispettare o perlomeno di rivedere (se non proprio cestinare) il concordato.
Draghi, dunque, non ha detto alcunché di sconvolgente e, anzi, oltre a fare dichiarazioni scontate, sembra essere stato ben attento a non scontentare (tantomeno a irritare) nessuno. Da lui sono arrivate parole che verosimilmente finiranno per non avere alcun impatto, né in un senso né in un altro. Con buona pace dei tifosi.
Meglio ascoltare Renzi (almeno stavolta)
Più ficcante, anche perché ormai conta quel che conta, è stato invece Matteo Renzi: “La legge Zan – ha detto – non viola il concordato e la nota verbale del Vaticano è un errore. Le leggi le scrivono i parlamentari, non i cardinali. Un’entrata a piedi uniti di questo tipo riporta indietro le lancette dell’orologio a 5 anni fa, prima delle unioni civili. Dico che è un autogol da politico, perché riapre uno scontro Stato-Chiesa di cui non si vedeva il bisogno, ma anche da cattolico, perché non possiamo fare l’errore di ridurre il messaggio del Vangelo a mero fatto etico. Come credente sono dispiaciuto per lo scontro tra pezzi di Vaticano e pezzi di Cei, come politico difendo la laicità delle istituzioni”. Dopo aver sottolineato che eventuali modifiche al ddl Zan le deciderà in libertà in Parlamento, e non il Vaticano, il senatore di Italia Viva ha però sottolineato che, entrando nel concreto, alle fine potrebbero mancare i numeri: “Suggerisco prudenza. Se con il voto segreto va sotto su un emendamento, la legge rischia di essere affossata. Una legge serve e va approvata velocemente: i promotori devono decidere se accettare alcune modifiche con una maggioranza ampia o rischiare a scrutinio segreto su questo testo”. E ancora, “se fossi nei promotori cercherei un consenso largo e mi preoccuperei delle critiche fatte da una parte del Pd su scuola e femminismo. […] Se invece usi i diritti solo per definirti e marcare un consenso personale, se lo fai per inseguire i like degli influencer, non fai politica, sei un populista. Mi ha colpito vedere Conte e Letta il primo maggio twittare insieme: la sinistra riparta da Fedez. Ma io me lo ricordo Fedez quando urlava in piazza contro Giorgio Napolitano o usava espressioni omofobe. Avrei parlato più delle tragedie di Saman e Luana e meno dei post di Fedez”.
Dunque, ci sono i numeri?
Con contrari “solo” Fratelli d’Italia, Lega, Forza Italia e un pezzo del gruppo misto, in teoria i numeri ci sarebbero. Dentro il Pd, dentro Italia Viva e dentro il Movimento 5 Stelle, però, ci sono gruppetti che non sarebbero molto convinti della legge e che nel voto segreto potrebbero smarcarsi. I pentastellati, poi, in netta difficoltà, a prescindere dal merito della proposta potrebbero “dare un segnale”. Cioè affossare tutto.
Secondo il Corriere, i voti che “ballano” sono almeno una ventina: “Sulla carta, al netto dei franchi tiratori, ci sono 168 favorevoli e 151 contrari. Cifre che potrebbero invertirsi alla prova dello scrutinio segreto”. Molto dipenderà dalla riunione dei capigruppo di mercoledì 30 giugno: “La preoccupazione della vecchia maggioranza giallorossa è che senza un accordo possano emergere numerosi franchi tiratori. Sui 38 senatori del Pd l’impressione è che 5 potrebbero essere i voti in dissenso dal gruppo, tra questi i cattolici Stefano Collina e Mino Taricco. Pesa però l’incognita dei cosiddetti «dubbiosi», c’è chi dice una quindicina, il cui voto dipende proprio dal tavolo di mercoledì prossimo. Insidiosa la posizione di Italia Viva, che annovera 17 senatori, la maggioranza dei quali tentenna se sostenere o meno il testo, ma in 7 sembrerebbero decisi a votare contro. Non a caso già mercoledì scorso il partito di Matteo Renzi si è sfilato all’ultimo minuto dall’accordo siglato sulla calendarizzazione del testo Zan in Commissione. Il gruppo più inafferrabile è il M5S. La galassia grillina è travolta dal contrasto fra l’ex premier Giuseppe Conte e il fondatore Beppe Grillo. Dunque, quel voto potrebbe far emergere il malessere ben oltre il ddl sul tavolo. Nella migliore delle ipotesi si contano soltanto 10 contrari su 75 senatori. Ma c’è chi si spinge a raddoppiare la cifra”. Quanto al misto, è “un gruppo eterogeneo che in larga parte dovrebbe sostenere il ddl Zan (circa 30 senatori). Eppure al suo interno si levano voci assai contrarie, come quella di Saverio De Bonis («Non abbiamo motivo di andare dietro Fedez») e dell’ex grillino Mario Giarrusso («Un pasticcio fatto di forzature ideologiche») e di Ricardo Merlo («Ho molti dubbi, serve un confronto nei prossimi giorni»). Senza dimenticare Per le Autonomie, 8 voti che sul filo del rasoio potrebbero segnare la differenza”.