“Dove eravamo rimasti?” chiese il povero Enzo Tortora al suo pubblico quando riprese la conduzione di Portobello. Altrettanto potrebbe chiedersi Max Allegri, che dopo due anni di vacanza forzata, torna esattamente da dove era partito: la panchina della Juventus. In mezzo non c’è stato nulla, nessun’altra squadra e dunque non è previsto un nuovo processo di gobbizzazione cui sottoporsi. L’allenatore più intrinsecamente juventino della nostra storia recente, al pari di Marcello Lippi e molto più di Antonio Conte, la cui filosofia è “Francia o Spagna purché se magna”, ha infine deciso per il bianconero in un processo di logica sottrazione: Inter mi piacerebbe ma non mi fido della situazione economica, Real Madrid un sogno che tarda troppo a concretizzarsi e ad aspettare c’è il rischio di restare ancora a piedi, Juve certo non è un ritorno romantico ma quello di un normalizzatore come il presidente del consiglio Draghi, chiamato a riportare ordine e a ottimizzare le risorse non strepitose ma comunque sempre di prim ordine, dopo avere dettato precise condizioni: tanti soldi, un contratto lungo alla Ferguson (speriamo resti a vita, a questo punto), la cacciata di Paratici che fu il primo sostenitore del suo allontanamento per prendere Sarri (sarà stato un colpo di sole o la mania di grandezza di chi gestisce il potere), un bel repulisti nello spogliatoio dove vedremo meno senatori, leggendari ma ingombranti e forse neppure Cristiano Ronaldo che se deciderà di restare dovrà sapere che sto giro la star assoluta non sarà più lui, bensì il tecnico livornese con pieni poteri.
Immagino la Juve di Allegri2 come una squadra più giovane, motivata e di nuovo affamata, dal gioco semplice ma efficace che peraltro calza esattamente al dna juventino. Lo stiamo aspettando come il Salvatore della Patria, a differenza dell’altra volta che venne accolto tra ritrosia e diffidenza, reo di avere preso il posto di Conte idolo dei tifosi che poi si è rivelato non bandiera ma banderuola.
Certo restano alcuni nodi da sciogliere, a cominciare da quale mercato sarà, dalla nostra reale posizione in Europa sulla questione Superlega, dagli stipendi da pagare a Sarri e Pirlo finché non troveranno un nuovo posto di lavoro. E a proposito di Pirlo, non rinnego affatto ciò che ho scritto qui su MOW meno di una settimana fa: per me il Maestro avrebbe meritato la conferma avendo raggiunto gli obiettivi minimi e arricchito la bacheca di due trofei. Gli voglio un gran bene e se andrà ad allenare il Sassuolo farò il tifo per lui. Però Max è Max, l’allenatore assoluto, e poi nel suo staff lavora il mio amico Aldo Dolcetti che è anche un bravissimo disegnatore così torneremo di nuovo a vederci più spesso. È andata a finire bene una storia che avrebbe potuto finire malissimo, perché se avessero scelto Inzaghi, Gattuso o Sinisa non credo avrei rinnovato l’abbonamento, ammesso sia possibile tornare presto allo Stadium.