Vanessa Nakate è stata una delle protagoniste dello Youth4Climate di Milano e a tratti ha oscurato la presenza di Greta Thunberg. E così, in molti la considerato la nuova stella dell’attivismo sul tema del cambiamento climatico. Anche perché lei ha visto con i suoi occhi le conseguenze nefaste dell’innalzamento delle temperature nel suo paese. Nata il 15 novembre 1996 a Kampala, capitale dell’Uganda, è la prima attivista dei Fridays for future ugandese. Nel raccontare la sua esperienza ha commosso e si è commossa. Ha avviato nel gennaio 2019 uno sciopero solitario di protesta contro gli effetti del cambiamento climatico nel suo paese. In seguito ha fondato il Rise up Climate Movement e promosso la campagna per la salvaguardia della foresta pluviale della Repubblica Democratica del Congo. Si è laureata in economia aziendale presso la Makerere University Business School nel gennaio 2019. Nel 2020, dopo aver conosciuto Greta, ha portato in giro per il mondo le istanze del suo continente nel dibattito sul cambiamento climatico. “L’Africa è il continente che emette meno gas serra al mondo, dopo l’Antartide storicamente è responsabile appena del 3% delle emissioni globali, eppure è quella che sta subendo di più la crisi climatica”.
Dopo aver conosciuto l’attivista svedese, ha partecipato a molti eventi: dal Forum Economico Mondiale di Davos, alla Desmond Tutu International Peace Lecture e nel novembre 2020 è stata inclusa nella lista stilata dalla Bbc delle 100 donne più influenti dell’anno. È così diventata la voce del sud del mondo, finora sempre rimasto ai margini della discussione globale sulla transizione ecologica. Nakate allo Youth4Climate non ha intonato slogan per avere l’attenzione del pubblico, ma ha scandito più volte una semplice domanda: “Who is going to pay?” (chi pagherà per tutto questo?). Anche perché, come ha confermato Patricia Espinosa, segretaria esecutiva della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (Unfccc) “le emissioni di carbonio potrebbero aumentare del 16% entro il 2030” e sempre più bambini, sostiene un report Save The Children, ne pagheranno le conseguenze in termini di salute. Per questo, ha arringato la platea dei 400 intervenuti: “Siamo responsabili solo del 3% delle emissioni globali di Co2, ma ne subiamo molto di più le conseguenze”. Domande che non hanno ancora avuto una risposta, ma che risuoneranno a lungo nel dibattito pubblico.