Le bambine, che accendono la tv e che lentamente capiscono, e che, col tempo, capiranno meglio. Spillo Altobelli che legge il messaggio, di notte, e non riesce più ad addormentarsi. Gentile, che di solito dorme fino alle 8 ma l’altra notte si è svegliato alle 5, e lo ha letto sulla tv lasciata accesa. Una striscia, di quelle rosse che passano sullo schermo: è morto Paolo Rossi. Ci sono momenti che mi interessano più di altri. Come quelli in cui ti accorgi che tutto è già cambiato, senza rimedio, contro la tua volontà. Come quelli in cui ti accorgi che un capitolo della tua vita è già finito, se ne è andato, che hai vissuto qualcosa di meraviglioso che resterà soltanto un ricordo. Oggi, leggendo le paginate di giornali dedicate a Paolo Rossi, sono andato a ricercare questi momenti. E questi tre ho trovato.
Sua moglie, Federica Cappelletti, che è tornata a casa di notte: «Ho abbracciato Maria Vittoria, che ha 11 anni, e Sofia Elena che ne ha 8, senza svegliarle». Poi la mattina le ha messe davanti alla tv e ai tablet e ha detto loro di guardare con attenzione, spiegando: «Oggi il dolore è grande, ma voglio che vi rimanga il ricordo della grandezza di vostro padre». Loro ascoltavano, osservavano. «Hanno pianto, ma sono bambine forti come il loro padre». Spillo Altobelli ha segnato pure lui, contro la Germania, era il fautore del gruppo whatsapp dei campioni del mondo dell'82. Ha letto il messaggio che Federica ha mandato a quella chat subito, alle 2 di notte, svegliato dal suono del cellulare. Ha poggiato i piedi sul pavimento freddo, da seduto nel letto si è messo le mani in faccia. È finita, ha pensato. Claudio Gentile, quello che si è attaccato alla maglia di Maradona per ‘95 minuti nella partita Italia-Argentina, si è svegliato tre ore prima del solito, ha letto la striscia in sovraimpressione sulla televisione, è andato in bagno, si è lavato la faccia, è tornato davanti alla tv e ha visto le immagini delle partite di Paolo Rossi, in molte c'era anche lui. Come se la telecamera lo inquadrasse dall'alto. Come se non fosse lui quello in tv: «Sono stato male, non volevo crederci». Una di queste azioni era proprio il gol contro la Germania, in finale nell'82. Paolo Rossi protagonista, lui coprotagonista: «Quel gol è nato tra il primo e secondo tempo, negli spogliatoi. Gli ho detto: preparati, se vengo giù non te la crosso alta, con quei bestioni che hanno in difesa non la prendi, ti do una palla bassa nel mucchio, di quelle che si infilano nelle gambe». E Pablito ci è andato a nozze, tra quelle gambe si è infilato e ha fatto quello che gli procurava più godimento, segnare.
Hanno vissuto qualcosa di epico, qualcosa che, davvero, meriterebbe una serie tv. E che ora sembra non esserci più, perché non c'è più Pablito. Paolo Rossi si portava sulle spalle tutto un immaginario, svanito lui, ne svanisce il pezzo principale, anche dentro chi, quel romanzo dell'estate 1982, l'ha vissuto in prima persona. Quanto è infame il tempo. Tutto passa, quasi tutto si dimentica, ma quel che resta è importante farselo bastare, soprattutto quando ciò che resta, in fondo e alla fine, dopo tutte le lacrime e i ricordi, è un sorriso per aver vissuto qualcosa di irripetibile. Anche e ancora oggi, grazie Pablito.