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Maurizio Compagnoni
ricorda Paolo Rossi: “Sento ancora i brividi”

  • di Marco Ciotola Marco Ciotola

10 dicembre 2020

Maurizio Compagnoni ricorda Paolo Rossi: “Sento ancora i brividi”
Il giornalista Sky, che ha lavorato con il campione del mondo ’82, lo ricorda con commozione e stima nella nostra intervista: “Ogni volta che rivedo partire il cross di Gentile e lui avventarsi sul pallone contro la Germania per il gol dell’1-0 io mi emoziono, sento i brividi…”

di Marco Ciotola Marco Ciotola

Ha sconvolto tutti la notizia della morte di Paolo Rossi. Ha sconvolto una nazione che aveva costruito in quel mondiale del 1982 uno dei più grandi e importanti ricordi condivisi. Ricordi edificati in misura massiccia proprio da Rossi, in quel luglio che lo vide segnare tre gol al Brasile di Zico, due alla Polonia e uno nella finale contro la Germania Ovest. Partite di certo storiche, mitologiche, che innalzarono un Paese e i loro eroi, in grado di guadagnarsi uno status stellare.

Eppure, Paolo Rossi, quel giocatore di appena 65 chili, piaceva molto più per gli elementi che lo avvicinavano alle persone comuni: con le sue debolezze e i suoi errori, Rossi attirava per la diffusa sensazione di essere normale eppure di aver fatto tanto, che è in fondo solo una questione di alti e bassi che – perché no – possono raggiungere dei picchi altissimi.

Un binomio non a caso confermato dal girone eliminatorio che vide l’Italia faticare non poco contro Polonia, Perù e Camerun, e qualificarsi a stento con un Rossi fino ad allora sottotono.

A viverlo da poco più che adolescente quel mondiale c’era anche Maurizio Compagnoni, giornalista di Sky e una delle voci più celebri e amate delle telecronache calcistiche. Ha vissuto da giornalista i mondiali del 2006, del 2010 e poi del 2014, ma Paolo Rossi ha potuto raccontarcelo nella doppia veste di giovane tifoso e poi di collega, descrivendo commosso una persona “solare, gentile, umile, allegra”.

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Si sta scrivendo in queste ore che Paolo Rossi era il più umano dei calciatori, sei d’accordo con questa linea di pensiero e di ricordo? Come lo ricordi tu?

Io ho avuto il piacere di lavorare con lui diversi anni a Sky ed è stata un’emozione incredibile, perché è stato uno dei miei miti d’adolescenza. Ha rappresentato per me, tra i mondiali del ’78 e dell’82, delle passioni incredibili: ogni volta che rivedo partire il cross di Gentile e lui avventarsi sul pallone contro la Germania per il gol dell’1-0 io mi emoziono, sento i brividi.

Poi siete stati colleghi…

Quando me lo sono ritrovato davanti come collega ho scoperto in Paolo una persona davvero fantastica, solare, gentile, umile, sempre allegro, scherzava con tutti. Era uno spettacolo passare il tempo con lui. Ricordo in particolare una trasferta a Liverpool, per Liverpool- Juventus; io facevo la telecronaca, lui lo studio. Arrivare ad Anfield insieme a Paolo Rossi mi sembrava quasi un sogno.

Come calciatore molti dicono che Paolo Rossi piacesse perché portava le persone a pensare che fosse come loro – con le sue debolezze, le sue controversie, la sua fallibilità di essere umano in sostanza. Anche se per sua natura aveva delle caratteristiche tecniche e atletiche importantissime...

Sì, peccato solo per gli infortuni che ne hanno abbreviato la carriera. Ma nel ’78 fece un mondiale davvero strepitoso, anche a livello di qualità di gioco. Nell’82 come qualità di gioco non raggiunse i livelli del ’78, però 3 gol al Brasile, due in semifinale e il gol che ha sbloccato il risultato in finale… cosa doveva fare di più?

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Tu hai commentato molti campionati mondiali di calcio, come li paragoni a quel 1982?

Indubbio che il 2006 ha rappresentato una grande gioia, però quel 1982 – almeno per me – è stato quello più bello.

Personalmente mi ha sempre attirato quell’intervista relativa proprio al mondiale dell’82, in cui Rossi racconta che pesava 65 chili e dopo le cene di squadra gli facevano mangiare la torta di mele e bere un bicchiere di latte, per integrare. Era un calcio impensabile rispetto a quello odierno, quello in cui una prima punta può pesare 65 chili?

Mi è difficile fare paragoni, perché guardare le partite dalla televisione è diverso che viverle dal campo, ma lui era talmente agile e furbo come calciatore. All’epoca i difensori menavano di più perché potevano menare di più: non c’era Var, non c’erano telecamere in ogni zona del campo, gli arbitri erano più tolleranti. Paolo era talmente svelto che riusciva a eludere anche marcature durissime.

Dei più moderni può reggere il paragone con Pippo Inzaghi?

Per certi versi sì, però – con tutto il rispetto per Pippo, che è stato un attaccante formidabile – Paolo era più tecnico. Lui era un giocatore molto particolare. Se devo pensare a un paragone direi qualcosina di Sergio Aguero, ma non posso dire fossero davvero simili. Anche Aguero è molto tecnico, molto furbo, ma Paolo svariava di più, anche perché aveva iniziato come ala destra.

 

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