Pablito era mio zio. Entrambi secchi, scattosi, occhi chiari e atteggiamento da faina d’area di rigore, sorridenti e inculatori. Mio padre me l’ha sempre raccontato: “Tuo zio è stato fermato dal militare, poi serie C, ma era come Paolo Rossi, stesse caratteristiche, stessi gol”. La sfortuna, un trasferimento andato male, un procuratore di troppo e carriera finita. Non mi ricordo bene la storia e come sia andata, oggi a mio padre forse la chiederò. Ma da ragazzino, d’estate, nella villa al mare dei miei cugini, tutte le volte che vedevo mio zio Salvo, pantaloncini corti, gambe come due stuzzicadenti con qualche muscolo, ingobbito sulla palla con i gomiti larghi, mi veniva in mente Paolo Rossi. Me lo ricordava pure se giocava a Ping pong.
E mi viene in mente anche adesso, e penso alle realtà parallele, ai destini, per uno che arriva in serie A, gli altri che si devono inventare e magari si inventano pure bene, come mio zio. Pure io ho sempre scherzato: “Se fossi stato attaccante invece che difensore, Pippo Inzaghi avrebbe giocato in serie D”. Ma niente se, niente ma, una volta Gabriele Romagnoli, seduto a un bar anonimo di Roma, mi disse: “Alla fine i conti tornano sempre, quello che hai fatto è quello che hai fatto, quello che non hai fatto, non l’hai fatto e non ci sono giustificazioni che tengano, ciò che meriti l’hai ottenuto”. Minchia se ha ragione.
Pablo Rossi ha fatto tre gol contro il Brasile, due contro la Polonia e uno contro la Germania. Le leggende vengono ricordate per gli episodi decisivi, non per gli sfondi, i finali lenti, casomai per gli inizi faticosi o per i momenti difficili prima della gloria, che fanno sempre struttura narrativa. Come è successo proprio a Paolo Rossi.
Paolo Rossi, prima ancora della mia, ha accompagnato la generazione dei nostri padri, di mio zio, appunto, dei Paolo Condò. Paolo Rossi è il 1982. Un uomo, un anno. Tre partite. Sei gol. Il resto, prima e dopo, non conta granché e non serve alla memoria. Alla fine quello che hai fatto hai fatto. Tutti cerchiamo dei picchi. E chi li raggiunge, verrà ricordato soprattutto per quelli. Daje, Pablito
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