Le cose succedono così. Come vanno avanti, poi, dipendono da noi e dalla nostra volontà.
Simone Zignoli è in viaggio e si ferma in un Autogrill zona Vicenza. Quando torna dal bagno davanti alla sua moto vede una donna che piange.
Si presenta così: “Signora ma faccio così cagare?”.
La donna gli chiede se è lui Simone Zignoli. La donna gli dice che per sua figlia lui è una specie di supereroe, lo ha visto a Le Iene e vorrebbe tanto conoscerlo. E che problema c’è, risponde Simone, dove è la ragazza? In macchina. Però, aggiunge la madre, non sta tanto bene.
Marika. Appena la vede Simone capisce ma sdrammatizza anche in questo caso: “Signora, mi aveva detto che non stava bene ma invece è qua e sta ridendo come una matta”. Le cose cominciano così.
Marika ha una tetraparesi spastico distonica dalla nascita. Perfettamente lucida, completamente disabile. Con la sua voce saltellante, senza qualche consonante, è proprio lei a dare il via a questa fantastica storia perché fantastica lo è, questa storia. E tutte le storie fantastiche partono da una visione, da un sogno, da qualche parola, e hanno bisogno di un complice, di un cavaliere azzurro. In quella piazzola dell’autogrill c’erano già tutti gli elementi e Marika e Simone non lo sapevano. Le parole sono quelle di Marika: “Quanto mi piacerebbe fare qualcosa con te”. “Lì per lì non ho risposto niente” racconta Simone. “Ma mentre tornavo a casa in moto ho cominciato a pensare: cazzo, quella ragazza in carrozzina non ha espresso il desiderio di camminare, ma di fare qualcosa con me”. Il complice - cavaliere era lui, e quello che è successo dopo è un’amicizia culminata in un viaggio in Sardegna; un viaggio - con la compagnia di Francesca Gasperi e anche di Matteo Viviani - raccontato in quattro puntate de Le Iene (qui, qui, qui e qui) più uno speciale andato in onda il 23 dicembre. Simone: “La premessa è stata: vieni e ti faccio fare tutto quello che faccio io”.
Non mi convinceranno mai, quelli che mi dicono che una cosa non si può fare. Mai. Chi ha che fare coi disabili questa cosa se la sente ripetere spesso. Simone ha fatto costruire un sedile del passeggero ad hoc per Marika e sono partiti: moto, traghetto, ancora moto per chilometri e chilometri che metterebbero alla prova chiunque, figuriamoci chi non può muovere le gambe, e poi notti in tenda, nel bosco, dimostrando che le barriere esistono solo dentro la nostra testa. Sempre. Il sedile era 13 cm più alto rispetto al resto, faceva da vela alla moto, che era già bella carica di bagagli e carrozzina. Se cadevano erano fottuti, perché Marika sarebbe rimasta incastrata. Per andare dai pastori la moto si incanala in una buca tracciata nello sterrato, si inclina, sono quasi a terra, Simone fa perno con la gamba, dà un colpo di gas, l’anca gli esce, l’anca rientra, la moto si risolleva. “Avevo le lacrime dal dolore. ma tutto dipendeva da me, sono stato costretto a vincere una guerra di nervi con me stesso. Ero il suo angelo custode e non mi sarei mai potuto perdonare se si fosse fatta male”.
Nello speciale de Le Iene Marika dice una cosa potentissima: “In moto mi sento normale, normale e libera”. E a Simone ho chiesto: non dirmi cosa ti ha colpito di lei, dimmi cosa ti ha stravolto. “Che per Marika stare tante ore ferma nella stessa posizione rappresenta un dolore, eppure non ha mai mostrato sofferenza. Sul pavé dalle vibrazioni aveva i crampi e non si è mai lamentata. Ero io, riconoscendo il suo sguardo a capire che non stava bene. Ecco, mi ha insegnato a guardare dentro le persone, mi ha fatto capire una volta di più quali sono le vere difficoltà e che le mie cicatrici non valgono un cazzo”. Quali sono le tue? “Non ho mai avuto un rapporto padre figlio, io. I miei si sono separati che ero adolescente, non ho ricordi belli con mio padre e per anni mi sono portato dietro questo senso di sfiducia verso me stesso. Una cicatrice vuota. Lei l’ha riempita”. Da una mancanza può nascere un pozzo che rifornisce non una ma due anime, è bellissimo. E non si torna più indietro.
Adesso Marika e Simone si vedono due, tre volte a settimana: “Continuo a portarla ovunque, le faccio fare di tutto”. Perché tutto si può fare. Basta rispettare i suoi tempi. “Per me lei è figlia e sorella insieme”. Protezione e complicità. Quell’incontro ha cambiato le vite di entrambi. Si sono trovati. Adesso sul braccio Marika si è tatuata la moto del loro viaggio, la Ténéré XT 1200. Perché quella moto è un simbolo. Il simbolo che una cosa è impossibile fin quando non è possibile. Che i paletti sono solo mentali. Che noi non siamo una condizione fisica ma sentimenti, pensieri, anima. Che tutte le favole partono da una visione, un sogno, qualche parola (“vorrei tanto fare qualcosa con te”) e hanno bisogno di un complice-cavaliere che magari è lì ad aspettarti, mentre ritorna dal bagno, in un posto imrpobabile come il parcheggio di un autogrill. Le cose succedono così, sembrano un caso. E forse lo sono. Ma come vanno avanti poi dipende solo da noi. Da noi e dalla nostra volontà. Tra tutte le persone che ho conosciuto in questo bastardo 2020 per me Simone Zignoli è l’uomo dell’anno.