Non so cosa mi inquieti di più: il sito web di Raffaele Sollecito, la sua mascherina con il sorriso da Cappellaio Matto o la storia caricata ieri sul suo profilo Instagram. Forse è tutto, tutto insieme, tutto troppo, in un mix di cattivo gusto senza precedenti.
Ma andiamo con ordine. Prima di ieri non sapevo neanche che Sollecito - noto alla cronaca per l’infinito caso giudiziario scaturito dall’assassinio della studentessa inglese Meredith Kercher - avesse un profilo Instagram. E stavo bene così. Poi su Twitter è comparso lo screen di una sua storia e il mio mondo è diventato un posto un po’ più brutto. Non bastava Razzi su TikTok, adesso pure Sollecito che fa lo splendido con una storia fatta di velato razzismo e - non so neanche come chiamarla - gigantesca dose di catastrofica ignoranza?
“Oggi mi ha venduto le scarpe Patrick Lumumba” scrive Raffaele nella storia pubblicata, in compagnia di una ragazza e di un uomo che, tra parentesi, a Lumumba neanche assomiglia particolarmente.
E sì che a me il buonismo va di traverso e mi dà pure fastidio innervosirmi per sta cosa. Ma già il fatto che uno - solo perché nero e con i capelli tagliati in un certo modo - sia uguale a un altro nero, mi fa incazzare. E poi, con tutte le cose su cui puoi scherzare al mondo, proprio su questa? Proprio sulla morte di una ragazza, proprio su un massacro che porta il tuo volto, le tue impronte, le tue risate fuori posto?
Raffaele Sollecito ha un privilegio che Meredith Kercher non ha più: vivere. La libertà di camminare per strada, andare a comprarsi le scarpe e fare il cazzone sui social. È colpevole? Non lo è? Non è affar nostro, la giustizia su di lui, ha fatto il suo corso. Ed è indubbiamente giusto che la sua vita vada avanti, che possa ridere e fare il cazzone su Instagram come qualsiasi altro uomo libero, perché la sua esistenza non si conclude con la morte, e i misteri, di una ragazza inglese uccisa a Perugia. E allora perché non va avanti anche lui? Perché non c’è un Raffaele Sollecito oltre a Meredith? Perché andare a comprarsi le scarpe vuol dire farsi un selfie con un uomo che ricorda a tutti la stessa cosa?
Ma soprattutto: che cosa c’è da ridere?
Evviva il black humor, i meme su Olindo e Rosa, le battute fuori contesto. Ma non quando ti chiami Raffaele Sollecito e su Wikipedia il tuo nome lo si trova sotto la voce “Omicidio di Meredith Kercher”. Non quando hai un sito web in cui sei, completamente, identificato con un l’assassinio di cui non sei più protagonista e carnefice. E sei tu che lo vuoi, sei tu quello del tuo inquietantissimo sito, sei tu che non vai avanti, che scegli di usare così la tua libertà.
E allora vedi un nero e ti fai un selfie perché assomiglia a Patrick Lumumba. L’unica cosa che conosci, e di cui qualcuno parlerà.
Ma almeno una cosa è certa. Con quella faccia da Cappellaio Matto, sotto la mascherina da Cappellaio Matto, nessuno scambierà mai Raffaele Sollecito per qualcun altro. O almeno lo spero.