Nel biliardo a 5 birilli, ma soprattutto a 9, la cosiddetta “goriziana” lo scatolino è un tiro che consente, partendo da una posizione con le bilie in due angoli opposti, di realizzare punti e replicare la stessa posizione, impedendone però lo stesso tiro di replica.
In pratica si complica la vita all’avversario onde evitare di complicarla a sé stessi, approfittando di un cattivo posizionamento dell’avversario.
È una posizione schematica da evitare, una delle regole non scritte del biliardo e della vita.
Infinitamente replicata e subita, è una sequenza potenziale di ceffoni da ko tecnico.
Non è una spiegazione che è necessariamente stata data dei grandi campioni, bastano una basica dose di osservazione ed esperienza.
Altro che i campioni, per queste cose.
Loro no, non hanno fatto tanto per sé stessi quanto molto altro per gli altri, soprattutto quando sono stati zitti di fronte a chi poneva domande scontate che richiedevano solo inutili conferme, sia per giustificare caritatevolmente un proprio errore, che per rimarcare attraverso una citazione autorevole qualche altrui misfatto.
Non volevano dirti che eri stupido perché non era quella la realtà dei fatti, ma che non volevi una riposta a un dubbio, sapevi già la verità, come quelli che non vanno a votare perché non cambierà un cazzo.
Far sì che non cambi un cazzo votando è una fantastica e autolesionistica consapevolezza, quantomai necessaria in questi tempi gretti.
Saper ascoltare oggi è una dote fuori dal comune, saper scrivere e parlare correttamente poi è così fuori tempo che spesso ci si sente strani a essere sobri in una civiltà ubriacata da quotidiane storture linguistiche e comportamentali.
Forse l’aumento sconsiderato del prezzo della luce è la giusta punizione per non tenerla accesa (pur se alla bisogna anche un buon cero di fortuna sarebbe adatto), per leggere un libro o ascoltare della buona musica, che oggi è un po’ come pensare di andare a figa nei cimiteri. Alla regola non dovresti trovare nessuno o forse i Maneskin, in caso contrario sarebbe il caso di porsi delle domande, e anche quello è un moto a noi ormai sconosciuto, ovvero mettersi in gioco e in discussione in questo lento fluire nel nostro Mekong italico.
La notizia di oggi è che non c’è nessuna notizia, ed è la stessa minestra di ieri ma, udite udite, anticipa anche ciò che accadrà domani, anche se sarebbe più corretto dire ciò che ci racconteranno domani… una puntata di una serie senza capo né coda, dateci oggi il nostro Netflix quotidiano.
Abbiamo, avremo il coraggio di scrivere un pezzo di storia o di viverla? O di sentire i racconti e le storie degli anziani?
Ci spero.
Perché altrimenti hanno ragione i vecchi e i maestri a stare zitti, nessuno fa più loro domande, nessuno è curioso di sapere ciò che pensano, certi di aver già letto in un bigino di Wikipedia tutta la verità e nient’altro che la verità, non vi era motivo di raccontare e tramandare nulla se non un decoroso e buio silenzio alle generazioni future.
Serve un racconto colorato che risvegli la nostra fantasia.
Serve un po’ di esperienza raccontata con calore e passione.
Serve un po’ (più) di vita.
Un nostro “Tender Bar”, per citare Moehringer.