Quando si è dissolto il vapore che si era appiccicato allo specchio del bagno ho scoperto che quella che vedevo era l'immagine peggiore di me.
Ma l'immagine che stavo osservando era sempre la stessa, offuscata dal vapore e dalla mia presunzione, ed era già lì, da anni. E mi piaceva pure. Invecchiava anche bene, da un certo punto di vista, che però non era il mio.
Bad habits, le chiamano, cattive abitudini, pessime direi. In ogni campo.
Adagiato nella calma piatta o nell'autocommiserazione, che è anche peggio, senza spunti o picchi di gioia o di dolore.
Domani sarà meglio, pensavo, ma non facevo nulla per creare i presupposti perché ciò si verificasse. Meglio di cosa, se non si ha un termine di paragone o di riferimento?
Per ciò che concerne poi i picchi, quali che essi siano, servirebbero tante piccole tappe per ottenerli o non programmabili botte di culo, di certo non un "lieve svenire per sempre persi dentro di noi".
Passi anni ed anni della tua vita così, forse di più, a cercare risposte negli altri o dagli altri, prima di capire che senza la volontà di trovarle dentro di te avresti solamente avuto davanti solo quell' autoritratto sfocato, quello nello specchio post-doccia.
Bastava solo aprire la finestra, fare entrare un po' d'aria per capire tutto ma, a volte, la linearità di uno schema da ruota per i criceti non vogliamo mai romperla nemmeno con un gesto così semplice, per non domandarci se è davvero quella la vita che vogliamo e nella quale S-Ti-Amo Bene.
Viceversa, anneghiamo nelle complicazioni, nella ricerca di soluzioni impossibili tralasciando, troppo spesso, le basi fondanti, quelle che si creano con la fatica e con l'impegno costante.
Anneghiamo immersi in una colonna sonora ipnotica, come la magica e strumentale "I pusinanti" degli Adam Carpet, una sorta di versione italiana dei Massive Attack, per certi versi, musica da scanno che trascende nelle seghe mentali, in questo caso.
Succede così anche nel "mio" biliardo, dove tutti vogliono imparare la "garuffa", il tiro che prende il nome dal suo inventore, Giuseppe Garuffa, che la descrisse nel suo libro "Il biliardo moderno", del 1933, un tiro con riferimenti più o meno semplici ma dall'esecuzione e dal tocco molto, molto complicati da spiegare, dimenticando però che sono le basi quelle che potranno elevarci a buoni giocatori dopo aver appreso le linee guida di tiro ed impostazione.
Sono le basi a creare le fondamenta delle persone e della loro ri-costruzione e ri-modulazione, a tenerle vive ed a farle reinventare.
Spesso le rendono migliori, migliori di ciò che erano un attimo prima, vissute come un vecchio pavimento di legno nel quale rimangono impresse le cicatrici delle nostre esperienze, uniche e tangibili.
Una vecchia borbottante scarburata Shelby GT 500 dal sorriso sincero ha più attrattiva di una algida Tesla, suvvia. Ha qualcosa da dirci e da raccontarci di una vita vissuta.
Rimarranno gli amori solidi e gli amici veri, quelli che ti dicono le cose come stanno, non quello che tu vorresti sentirti dire per rafforzare e confermare la giustezza del tuo oblio.
Perché così come i nostri genitori ci hanno insegnato (o dovrebbero averlo fatto) ad essere educati e rispettosi verso gli altri (a volte con alterne fortune) dovremmo esserlo pure noi, con la giusta dose di autocritica e di autoironia.
Quella che serve ad aprire quella cazzo di finestra.
La crisi mistica di un 50enne
Tutti vogliono la "garuffa", ma bastava aprire la finestra
Luca Marzio Garavaglia
Nella vita, come nel biliardo, anneghiamo nelle complicazioni, nella ricerca di soluzioni impossibili tralasciando, troppo spesso, le basi fondanti, quelle che si creano con la fatica e con l'impegno costante. Perché sono solo i fondamentali che potranno elevarci a buoni giocatori dopo aver appreso le linee guida di tiro ed impostazione
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