Il colpo t’arriva senza avvisare, mentre pensi ad altro. Il secondo libro di Vanni Oddera, ‘Si cade anche da fermi - storia di amore e mototerapia’ (Ponte Alle Grazie, 13,90€) è un libricino arancione di 120 pagine con la copertina opaca, quasi morbido al tatto, di una bella carta. In copertina, al centro, c’è una moto da cross; a lato il pilota con un ragazzino sulle spalle. Sembra un libro innocuo, che puoi leggere mentre aspetti che si cuocia la pasta o da sfogliare per distrarti dallo smartphone. A tratti è così.
"Se si può, si deve. E a volte si deve anche se non si può"
A scriverlo è un ex freestyler, uno bravo: salti, acrobazie, eccessi, feste, tatuaggi. E amici, tanti, alcuni dei quali morti aver rischiato troppo o magari per il caso. È il caso che porta Vanni Oddera a inventarsi la Mototerapia, un modo per regalare un’emozione a chi non se la può permettere. La sua Epifania l'ha avuta guardando il soffitto di un hotel in Russia, lontano da tutti. E in quel momento ha sentito l'urgenza di cambiare. Vanni non è uno scrittore e la cosa a tratti si nota: quello che ci consegna è quasi un diario, parole sentite che sembrano messe insieme la sera, mentre gli dormono, con una dolce sbornia addosso. D'altronde lui non fa neanche il medico eppure cura i bambini a cui il più delle volte spetta solo la morte. Cadere da fermo, di sicuro, è quello che ti succede a più riprese mentre leggi, quando ti arriva una fucilata nel petto mentre aspettavi di sentire una barzelletta. Un attimo prima sfogli le pagine con leggerezza e quello dopo sei lì a commuoverti, disarmato, chiedendoti come abbia fatto il libro di un ex freestyler a bucare tutti gli strati di indifferenza e distacco di cui sei vestito.
Si cade anche da fermi non è un romanzo, non è un saggio. Assomiglia di più a un quadro appeso in galleria: intenso a colpo d’occhio, profondo se ti fermi a guardarlo. La scrittura è un mezzo come è un mezzo la moto nelle corsie degli ospedali e, a meno che tu sia quello che l'autore chiama un 'analfabeta del cuore' ,ti muove dentro qualcosa di primitivo, tocca corde che nel quotidiano ci si scorda di avere. Riesce a farti ridere, questo libro. Ci riesce quando Vanni racconta delle partite alla PlayStation nelle camere dei bambini (“Non mi fregate ragazzi, le vostre facce palliducce non basteranno a farmi deporre l’ascia di guerra”), o quando lui, il freestyler con scritto fuck the system sul costato, si piscia addosso in un letto d’ospedale. O ancora al San Paolo di Savona, dove (per sbaglio) sfonda col casco un’indicazione luminosa per il Pronto Soccorso. Poi però ti scoppia il petto quando, al Regina Margherita di Torino, Vanni porta in moto un bimbo con il cuore artificiale in un carrello che viene spinto dal personale.
Ha scritto questo libro durante il lockdown, Vanni Oddera. Appena dopo il suo Paura e Delirio in Italia, un esperimento per dare ai ragazzi un po’ di quella trasgressione che tutti noi, chi più e chi meno, ha avuto la fortuna di vivere da adolescente. Feste, eccessi, qualunque cosa venisse loro in mente. Lui non lo dice, ma quei mesi di calma piatta e restrizioni, dopo anni di continuo movimento, sono stati durissimi, da rischiare il ricovero. Ed è forse da lì, da quel problema che è nata l'idea di scrivere. Oggi, mentre gira gli ospedali, Vanni punta ad aprire una fondazione ed espandere il sogno, che non è quello di Sant’Oddera da Pontinvrea, dove è nato nel 1980: è un modo per fare di più per i bambini ma anche per se stesso, perché tutto quello che regala con la mototerapia gli torna in cambio.
Si cade anche da fermi racconta un mondo fatto di muri, linee, barriere: confini che dividono i normali dagli anormali, i sani dai malati e i piccoli dai grandi mettendo ognuno di noi nel proprio labirinto personale. Vanni Oddera, questo mondo, lo guarda dall’alto del cielo, con un salto in moto, dove i muri diventano striscioline di carta e le persone tutte uguali, più vicine. Tra le prime pagine c’è la frase che da sola vale il prezzo del biglietto: “Passiamo una vita a costruire muri, e quando sono belli alti sentiamo di essere grandi. Che orrore. Tanta fatica per diventare stronzi”.
Lui dice tutto è cominciato grazie a un tassista russo senza gambe che si pisciava addosso. Più probabile che ce l’abbia fatta perché lassù, dall’alto di un salto, vedi tutto con una prospettiva diversa. Lì, per un attimo, sai volare e i problemi diventano piccoli, così all'atterraggio puoi affrontare tutto in un altro modo. Questo libro leggero, quando lo finisci, lo puoi usare per arredarci casa, mettendolo bene in vista da qualche partre. Per ricordare ogni tanto che se si può, si deve. E che a volte si deve anche se non si può.