“Ho paura che non torneranno più”. Ha risposto così ieri, Valentino, a una domanda di Paolo Scalera in conferenza stampa. Si riferiva ai vecchi tempi quando nel motociclismo potevi avere atteggiamenti “veri, sanguigni, sinceri”. Mentre oggi “bisogna essere o fare finta di essere politicamente corretti”, perché “il mondo va così”. Rossi, in modo consapevole o no, ha descritto una situazione che non ha a che fare solo con il suo mondo, il mondo delle moto, ma anche e soprattutto con la società. La società tutta. Oggi ci sono troppe telecamere, ha aggiunto Rossi. Altra verità. In pista. In strada. Nei pc. Nei cellulari. Siamo controllati, tracciati, coprifuocati, dipiciemmati, vaccinati (ah no, tutti ancora no), dobbiamo stare attenti a quali parole usare, e se se utilizzi un linguaggio diretto o provocatorio oppure se fai vedere una tetta su instagram o se esprimi un pensiero indipendente o fai anche solo una domanda di troppo rischi di essere bannato, cancellato, sospeso.
Ma solo io vedo crescere una dittatura morbida e subdola? Non credo. Solo io ho l’impressione che il nostro pensiero stia entrando - come dice lo psicologo Paolo Crepet - in una sorta di coma farmacologico? Solo io ho paura che a decidere per me sia un algoritmo, un meccanismo robotico, che mi chiude un canale perché ho fatto o detto qualcosa che non va bene a qualche policy scritta da chissà chi? No, sono convinto di no.
40 anni fa, il 9 aprile del 1981, usciva un album e una canzone che si intitola Siamo solo noi. Vasco, sì. Vasco e Valentino. Stesso cognome. In quanti siamo rimasti? Pochi. Nessuno. Quanti? I vecchi tempi non torneranno più? Ma io stimo chi non si rassegna. Chi lotta per incentivare uno spazio di indipendenza, chi la pensa diversamente solo per il gusto di allenarsi a farlo, chi non si omologa, chi resta lucido. Lucido. In culo ai perbenisti, ai moralisti, a chi si scandalizza.
Ma dico io, siamo uomini o cos’altro? Il politically correct, il non disturbare, il non esporsi ha rotto il cazzo. Riabilitiamo lo scontro diretto, la fisicità come energia vitale, la parola come strumento di ribellione. Non nascondiamoci. Torniamo a mandarci affanculo e poi a rispettarci ognuno con le proprie idee. A costo di rimanere davvero solo noi. Quelli che non credono più a niente. Che mettono in dubbio. Che vengono guardati male. Scomodi. Rompicazzo. Imbarazzanti e inattuali. Fuori contesto.
È una preghiera la mia, una speranza e un appello. Restiamo solo noi. Fottiamocene di quelli che ben pensano. E quindi no, caro Vale, freghiamocene se i vecchi tempi non torneranno più e continuiamo a essere veri, sanguigni, sinceri. Tre aggettivi più giusti non potevano esserci. Continuiamo a stare dalla parte dei pirati, di chi fa domande. Ho letto una frase di Indro Montanelli pochi giorni fa: “Quasi tutti i furfanti non sono moralisti, ma tutti i moralisti sono dei furfanti”. Rileggetela una due tre quattro volte sta frase. Fissatevela bene in testa. E poi decidiamo. Decidete da che parte stare.
(a proposito di linguaggio diretto. Valentino a Biaggi: "Evidentemente gli tira il culo...")