Kimi si ferma con tutti, chiacchiera, scatta fotografie e firma quaderni, magliette, cappellini. Sa come si fa, sembra averlo sempre saputo: ha solo 17 anni ma l'esperienza è quella di un pilota navigato, di uno che sa come trattare avversari, giornalisti e tifosi. A Monza, durante l'Aci weekend che lo ha visto protagonista nei due appuntamenti del campionato Freca, lo ha dimostrato ancora una volta con una pole, una vittoria in gara uno - poi tolta a causa di una penalizzazione - e una vittoria in gara due. La conquista del campionato si vede a vista e, mentre lui resta concentrato sull'obiettivo senza lasciarsi distrarre dal rumore di fondo tutti intorno a lui guardano già al futuro.
Si parla di un passaggio diretto in Formula 2, un salto importante non ancora confermato che potrebbe però segnare il grande passo nella sua carriera, si parla di Formula 1, chissà come e chissà quando, ma l'obiettivo è settato: il sogno del Kimi bambino, cresciuto a pane e motori al fianco di papà, è più vivo che mai.
Lui rimane calmo, sa di dover fare un passo alla volta. Sa di non essere ancora dove vuole. La prima volta che ho intervistato Andrea Kimi Antonelli lui aveva 15 anni, al suo fianco l'ufficio stampa, davanti a sé un foglio con le domande già approvate. Io pensavo di dover parlare con un ragazzino, con uno che sì - già si era fatto notare nel mondo dei motori per il suo talento, tanto da convincere Toto Wolff a prenderlo con sé nell'Academy Mercedes quando ancora correva sui kart - ma che aveva ancora tanta strada fare, anche solo per diventare grande.
Mi sbagliavo. L'ho capito subito, sentendolo rispondere a una delle mie primissime domande con attenzione, gentilezza e grande intelligenza. Avevo già intervistato parecchi piloti, tutti ben più grandi di lui, eppure non aveva niente da invidiare a uomini di vent'anni più grandi di lui. Intitolai quell'intervista "Il Giovane Favoloso" del motorsport italiano, sperando davvero di non sbagliarmi. Sperando che per quel ragazzo acuto, adatto al mondo dei motori per le grandi capacità in pista e per l'enorme talento comunicativo fuori, riuscisse a proseguire nella scalata verso la Formula 1. Perché al motorsport italiano serviva un ragazzo così, uno con le giuste doti e le possibilità di fare bene, uno seguito da un genio delle quattro ruote come Toto Wolff, ben consigliato, dentro e fuori dalle mura di casa.
E a Monza, due anni dopo quella prima intervista, ho sorriso vedendo con i miei occhi che no, non mi ero sbagliata. Kimi è cresciuto, in altezza e talento, ma è ancora quel ragazzo attento, preciso, concentrato sul suo domani. Il paddock, aperto al pubblico durante l'Aci weekend, era pieno di suoi fans, ragazzi di tutte le età arrivati per fare una foto, scambiare due parole. Una folla incredibile, mai vista per un campionato minore, tutta radunata intorno a lui.
Una paura, certo. Per lui, per chi lo segue, per chi spera che questo sia solo l'inizio della sua carriera: il viaggio è ancora lungo e l'attenzione fuori misura nei confronti di questo 17enne preoccupa, ma Antonelli sa dove vuole arrivare, la pressione delle persone, radunate davanti al suo box, non cambierà il suo percorso. E una speranza, un sogno. Per il motorsport italiano, che da tempo non si raduna intorno a un ragazzo così, per lui, che si merita l'amore delle persone, il sostegno in pista. Per quelli che nello sport cercano grandi storie, nell'attesa che questa - già bellissima - lo diventi ancora di più.