Te lo chiedi. Quando ti nasce una bambina disabile è naturale. Ti chiedi se potrà mai avere le tue stesse esperienze, se farà mai l'amore, se avrà mai un fidanzato, se uscirà con le sue amiche, se vivrà da sola, se riuscirà a godersi le tappe della propria vita. Oggi Virginia ha superato proprio una di queste tappe, l'esame di terza media.
Per anni ho descritto Virginia come un blues, perché mi ricordava la bellezza di un difetto, di una nota stonata, della malinconia. Ora però ho capito che questi pensieri erano solo nella mia testa. Per Virginia non è così. Ancora una volta ce l'ha dimostrato oggi. Vedete, in questi anni la parola inclusione è spesso abbinata a battaglie e rivendicazioni che qualche volta sfociano nell'assurdo (la censura di una parola, di un pronome, di una lettera). Virginia, invece, in questi anni di medie è la prova che ci può essere inclusione senza comunicati né manifesti, senza titoli di giornali e proclami, un'inclusione fatta di lavoro da praticare ogni giorno. Con perseveranza. Un esempio trasmesso dai suoi e dalle sue insegnanti (e in particolare dalla sua maestra di sostegno Sabrina) a tutti i ragazzi e le ragazze dell'istituto Andreotti di Pescia. Fare è molto più importante che parlare.
E poi c'è quello che ci insegna Virginia: che si può e forse si deve essere punk ogni santo giorno che viviamo su questa terra, che è possibile fottersene degli sguardi indagatori, del fatto di essere disabili, ché i limiti infondo sono solo limiti e che se non riesci a superarli puoi farcela comunque trovando altre soluzioni, che è possibile fregarsene dei giudizi della gente, e ballare, ballare nudi sul precipizio, ridendo fino a sbavare dando amore nonostante difficoltà e incomprensioni, in un mondo che fai tuo e plasmi a tua immagine anche se gli altri ti hanno detto che tu, in questo mondo, alcune cose non avresti mai potuto farle.
Ecco, Virginia è un sonoro vaffanculo, fatto con una rosa rosa in mano, a chiunque ti dica che non riuscirai mai a fare una cosa, che le cose si fanno in un modo solo o a chiunque ti dica che si è sempre fatto così e non c'è motivo di cambiare. E comunicare tutto ciò in modo naturale, senza sovrastrutture, si chiama energia, si chiama potenza. Altro che blues.
L'esame di terza media della Virgi ci ha ricordato tutto questo. E per chiudere prendo in prestito il motto di Vanni Oddera, uno che fa esattamente quello che tutti sconsigliano di fare, e cioè portare sulle moto da cross dei disabili: viva la Virgi, fuck the normal life!